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Guerra o pace, i baschi sono sempre un po’ terroristi

Lo Stato Spagnolo ha uno strano concetto di ‘pace’ e di ‘negoziato’. Proprio in questi giorni tutti i media iberici hanno dovuto notare che l’ETA, pronta ormai al disarmo e allo scioglimento, da ben cinque anni non compie più nessuna azione armata. Ma mentre la lotta armata è sepolta, gli apparati dello Stato continuano la loro repressione orizzontale come se nulla fosse, seguitando a mandare in galera militanti e dirigenti politici, giornalisti, attivisti.

L’altro ieri l’Audiencia Nacional – il tribunale politico franchista che ha cambiato solo il nome, neanche la sua sede – ha emesso condanne tra i 15 mesi e i 3 anni di reclusione per 20 dirigenti della sinistra indipendentista basca e il sequestro di ben 111 ‘herriko taberna’ nelle quattro province basche spagnole. Il filone era quello che accusava la sinistra indipendentista – Herri Batasuna e poi Batasuna – di utilizzare le sue sedi associative, sparse in tutto il territorio, per finanziare le attività terroristiche dell’ETA. E così ora i bar del movimento, da anni sottoposti ad amministrazione controllata da parte dei funzionari dello stato per controllare che i proventi di caffè e tortilla non andassero a finanziare l’acquisto di bombe e mitra (!) potrebbero essere chiuse del tutto, determinando un danno economico enorme non solo a Sortu e all’insieme della sinistra basca ma anche ai territori in cui le Herriko Taberna rappresentano da sempre un importante tessuto di socializzazione e di partecipazione culturale oltre che politica, oltre che una fonte di lavoro per alcune centinaia di giovani attivisti.
In molte città a centinaia sono già scesi in piazza contro l’ennesima sentenza punitiva giunta al termine del processo 35/02, e per domani pomeriggio manifestazioni sono state convocate dalla sinistra basca nei quattro capoluoghi di provincia. La tranche in questione dei procedimenti persecutori nei confronti della sinistra indipendentista fu aperta esattamente 12 anni fa dall’allora onnipotente giudice Baltasar Garzón, teorico del ‘tutto è ETA’ e della distruzione fisica, oltre che politica, della sinistra basca. Garzon nel frattempo è caduto in disgrazia vittima di quella Spagna nazionalista e intollerante che ha sempre servito, ma i giudici della sua ex corte hanno creduto – tranne uno, Clara Bayarri – alle accuse della polizia, stabilendo che non solo le coalizioni elettorali della sinistra indipendentista che negli ultimi 30 anni hanno fatto man bassa di voti erano in realtà strumenti dell’ETA per farsi propaganda, ma che i bar e le sedi associative di Batasuna altro non erano che una macchina per far soldi da destinare alle attività clandestine. Le prove non sono servite, e neanche i dubbi di alcuni periti chiamati a testimoniare dall’accusa sono bastati a smontare il teorema precostituito. Le condanne sono state solo un po’ più tenui di quanto sarebbero state qualche anno fa. Che senso ha, giuridicamente parlando, riconoscere che degli imputati – tra loro i massimi responsabili di Batasuna e prima ancora di Herri Batasuna come Joseba Permach, Joseba Alvarez e tanti altri – sono colpevoli di aver finanziato un’organizzazione terroristica e inventato dei partiti politici per servirne gli obiettivi e poi condannare tutti a pene di massimo 36 mesi, tra l’altro in buona parte già scontate in regime di carcerazione preventiva? E’ come ammettere che il processo è stato una farsa, che le accuse sono campate in aria e non hanno alcun fondamento, che si tratta di un’ennesima punizione collettiva che mira a bollare un’intera esperienza politica e sociale come ‘terroristica’ e quindi di natura criminale. Succedeva in tempo di guerra e continua a succedere ora che teoricamente è scoppiata la pace.

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