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Israele lavora per addossare il massacro ai palestinesi

Dopo aver ucciso più di 1800 palestinesi, l’80% dei quali civili – donne, bambini e anziani per lo più – Israele inizia ora a lavorare per evitare di essere portata davanti ai tribunali internazionali e accusata di crimini di guerra in relazione alla cosiddetta operazione ‘Margine protettivo’. 

Allo scopo Tsahal – ‘forze di difesa’ si fanno chiamare i serial killer con la stella di David – ha creato un team di esperti la cui missione è quella di mettere assieme una serie di documenti e informazioni che discolpino i militari di Tel Aviv e per addossare ad Hamas e alle altre organizzazioni della resistenza palestinese la responsabilità delle vittime civili.
L’equipe organizzata dai comandi militari israeliani si dedica quindi a raccogliere video, foto, immagini riprese dai satelliti e dai droni allo scopo di dimostrare che sono stati i movimenti palestinesi a utilizzare la popolazione civile della Striscia di Gaza per farsi scudo provocando così vittime civili che Israele non voleva causare. La tesi dello ‘scudo umano’ non è nuova nella propaganda israeliana, e purtroppo sono molti i giornalisti e i leader politici occidentali che abboccano a questa storiella, per complicità o per ignoranza.

Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, il team di militari in questione è comandato dal capo dell’Ufficio per la pianificazione dell’Esercito di Tel Aviv Nimrod Sheffer, e include membri della Magistratura Militare, del Comando Sud, della Divisione Gaza e dell’Aviazione. Un quotidiano vicino a Netanyahu, Israel Hayom, ha informato venerdì scorso della creazione di questo team ad hoc affermando che ne fanno parte anche funzionari dei ministeri degli Esteri e della Difesa.
Il lavoro dell’equipe cercherà di dimostrare che la maggior parte dei palestinesi caduti sotto il fuoco israeliano in realtà è vittima di ‘fuoco amico’ e che comunque se l’è cercata, rifiutando di abbandonare case ed edifici pubblici nonostante gli avvertimenti dell’esercito di Israele oppure collaborando con i ‘terroristi’, ospitando nelle proprie abitazioni armi e munizioni, coprendo postazioni di lancio dei razzi sui propri terrazzi o nascondendo gli ingressi dei tunnel nel salotto di casa. Negando l’evidenza, l’esercito invasore ha già negato di essere l’autore dei massacri nel campo profughi di Shati o nell’ospedale Shifa di Gaza City. Quando non sarà proprio possibile nascondere le proprie responsabilità nel massacro di civili inermi, la macchina propagandistica israeliana potrà sempre ricorrere alla tesi sempreverde degli ‘effetti collaterali’.
Intanto i militari di Israele continuano ad uccidere civili, in quella che i media nostrani continuano imperterriti – e complici – a chiamare ‘la guerra tra Hamas e Israele’. Proprio ieri alcuni missili hanno raggiunto una scuola di Rafah gestita dall’Agenzia dell’Onu per i rifugiati che ospitava centinaia di rifugiati, scappati da altre aree già rase al suolo da Tsahal, uccidendo almeno dieci persone. Ieri, il ministero della Sanità della Striscia di Gaza ha aggiornato le vittime a 1834 e i feriti a 9500, compresi i 71 morti delle ultime 24 ore. Di fronte a tutto ciò le cosiddette Nazioni Unite balbettano qualche condanna di circostanza, anche se ad essere colpite sono le proprie strutture e i propri funzionari. Durante il massacro iniziato la prima settimana di luglio i missili israeliani hanno distrutto almeno cinque complessi gestiti dall’Onu e adibiti a rifugio per migliaia di palestinesi sfollati dalle proprie case prese di mira dall’aviazione e dai carri armati israeliani. Come lo scorso 30 luglio, quando 15 palestinesi furono falciati da un bombardamento di una scuola dell’UNRWA a Jabalia. Una settimana prima il bombardamento di un’altra scuola, questa volta a Beit Hanun, fece 17 morti. Secondo i gruppi per la difesa dei diritti umani operanti nella Striscia di Gaza, finora almeno 10 mila case sono state completamente distrutte o seriamente danneggiate dagli attacchi indiscriminati delle forze occupanti israeliane che hanno letteralmente riportato il piccolo territorio all’età della pietra, senza elettricità e acqua potabile, senza gas e senza mezzi di trasporto. Finora nel piccolo fazzoletto di terra bersagliato dal mare, dal cielo e da terra da tonnellate di bombe sono quasi 500 mila gli sfollati, impossibilitati ad abbandonare la Striscia visto che i confini sono chiusi e blindati da Israele ma anche dall’Egitto.
Appare incredibile – ma ormai ci abbiamo fatto il callo – che di fronte a questo quadro l’ONU associ alle condanne nei confronti di Israele anche generiche accuse nei confronti delle organizzazioni palestinesi, tacciate di essere corresponsabili nella tragedia del loro popolo.

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