Che il governo liberal-islamista sostenesse i ribelli siriani, compresi quelli più estremisti, per indebolire il governo di Damasco e per controllare indirettamente – in nome della comune fede sunnita – una vasta porzione del paese confinante era noto. Molti i documenti e le testimonianze, anche provenienti dall’interno degli apparati di sicurezza turchi, avevano più volte rivelato il ruolo dell’Akp e dei servizi di intelligence di Ankara nella crescita e nel radicamento delle frange jihadiste della ribellione contro Assad. Naturalmente tutti gli alti papaveri del Partito Giustizia e Sviluppo di Recep Tayyip Erdogan hanno sempre smentito, sdegnati, ogni sostegno ai fondamentalisti sunniti siriani e iracheni, parlando di accuse infondate.
Ma ora è un comandante dello ‘Stato Islamico’ che ringrazia – e inguaia ulteriormente – Ankara e il suo governo per l’appoggio ricevuto.
In alcune dichiarazioni rese nei giorni scorsi al Washington Post riprese dai media turchi il comandante Abu Yusaf, 27 anni, un miliziano jihadista con passaporto europeo, ha spiegato che fino a tempi recenti il gruppo armato in Siria riceveva rifornimenti e assistenza attraverso il confine turco. “I nostri combattenti, anche membri di alto livello dello Stato Islamico, erano curati negli ospedali turchi. E molti dei combattenti che ci raggiungevano all’inizio della guerra arrivavano dalla Turchia, come pure la nostra attrezzatura e i nostri rifornimenti”. Negli ultimi mesi però la Turchia, ha precisato, ha reso più difficile il passaggio della frontiera.
Le dichiarazioni del giovane comandante dell’ex Isis hanno naturalmente scatenato numerose polemiche in Turchia dove le opposizioni nazionaliste laiche, le comunità alevite e i partiti di sinistra accusano da tempo il governo del premier liberal islamista di aver messo in pericolo le frontiere del paese sostenendo irresponsabilmente le milizie fondamentaliste. Le quali, avrebbero compiuto anche alcuni attentati in territorio turco, nei mesi e negli anni scorsi, provocando la morte di decine di persone.
Negli ultimi mesi l’atteggiamento benevolo dell’esecutivo turco nei confronti dello Stato Islamico sarebbe cambiato vista la crescita incontrollata delle milizie sunnite composte da migliaia di combattenti provenienti da decine di paesi e non solo dal Vicino Oriente. Nei giorni scorsi i portavoce dello ‘Stato Islamico’ hanno anche minacciato direttamente la Turchia promettendo attentati ad Istanbul, città in cui i jihadisti hanno organizzato efficienti centri di reclutamento che ora preoccupano le autorità di Ankara.
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