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L’esercito di Kiev in difficoltà, le milizie popolari avanzano

Non stupisce che la Gran Bretagna stia per annunciare l’invio di 10 mila soldati della Nato a Kiev e che l’Unione Europea sia in procinto di varare nuove sanzioni nei confronti della Russia.

Nonostante tutti gli sforzi, il dispiegamento di ingenti mezzi militari e la netta superiorità numerica il lancio all’inizio della settimana di una controffensiva delle milizie popolari sul Mar d’Azov ha messo le forze di Kiev in difficoltà e quello che era un assedio dell’esercito ucraino a Donetsk e Lugansk è diventato, in alcuni casi, un accerchiamento delle truppe regolari o della Guardia Nazionale da parte dei combattenti delle Repubbliche Popolari. E secondo quanto affermato dal primo ministro del governo insorto di Donetsk, Aleksandr Zakharcenko – sfuggito ieri ad un attentato – le milizie sono in procinto di lanciare una seconda offensiva nell’arco delle prossime 48 ore.

Negli ultimi giorni le milizie popolari hanno conquistato posizioni quasi ovunque, prendendo possesso di numerosi quartieri di Donetsk e Lugansk o cittadine e villaggi abbandonati dall’esercito in ritirata o occupati dopo aspri combattimenti. In molti casi gli insorti sono riusciti a impossessarsi di una gran quantità di armi, carri armati, blindati, lanciamissili, bombe e munizioni abbandonati dai soldati in ritirata o sequestrati a centinaia di militari e miliziani della Guardia Nazionale che si sono arresi dopo giorni di accerchiamento in alcune sacche, in particolare nella zona di Ilovaisk. Il ministro dell’Interno di Kiev Arsen Avakov ha trionfalmente annunciato che un gruppo di alcune decine di paramilitari e soldati regolari è riuscito a rompere l’accerchiamento e a unirsi al resto dell’esercito, ma molti restano circondati dal nemico e Semion Semioncenko, il comandante del battaglione ‘Donbass’, formato da volontari di estrema destra, ha attaccato i comandi militari di Kiev accusandoli di ‘tradimento’ affermando che è stato trovato un accordo con i ribelli affinché le forze governative circondate a Starobesheve, a poche decine di chilometri da Donetsk possano ritirarsi senza conseguenze, a patto però che abbandonino tutte le armi in loro possesso. L’accordo – era esattamente quanto aveva chiesto Putin due giorni fa rivolgendosi alle autorità della ‘Novorossija’ – sarebbe arrivato dopo che i battaglioni Azov e Donbass, nel tentativo di rompere l’accerchiamento nei pressi della località di Osykovo, hanno subito ingenti perdite di uomini e mezzi. Mentre scriviamo aspri combattimenti sono in corso sia alla periferia di Lugansk sia intorno all’aeroporto di Donetsk che, secondo notizie non ancora confermate, sarebbe stato riconquistato dalle milizie popolari.

Alcune ore fa il portavoce del Consiglio di sicurezza ucraino, Andriy Lysenko, ha ammesso di aver dato ai propri uomini l’ordine di ritirarsi da Ilovaisk per evitare altre perdite: “Stiamo lasciando questa città. Ora il nostro compito è di evacuare i nostri soldati con il minimo delle perdite possibili in modo da ricompattarci”, ha spiegato Lysenko aggiungendo che anche alle truppe bloccate a Novosvitlisvsk e Khryashchuvate, sulla strada principale tra il confine russo e la seconda roccaforte ribelle, Luhansk, è stato dato ordine di ritirarsi.

Anche le dichiarazioni dell’estremista Dmitro Yarosh, a capo dei nazisti di ‘Praviy Sektor’, lasciano trasparire il capovolgimento di fronte nell’Ucraina Orientale, quando ammettono notevoli perdite subite dalle ‘forze speciali’ inquadrate nei battaglioni punitivi che operano a fianco dell’esercito regolare di Kiev. Yarosh imputa le ingenti perdite subite al “livello morale e psicologico basso, alla mancanza di disciplina tra i convocati” e al “panico nelle alte cariche di Kiev”. “Durante l’ultima settimana di pesanti combattimenti vicino a Saur-Moghyla, Amvrosievka, Starobeshevo e nella dannata Ilovaisk abbiamo perso circa 30 camerati di “Pravy Sektor”, arruolati nei battaglioni volontari Dnepr e Donbass” ha riferito Yarosh.

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Anche l’uso dell’aviazione per bombardare gli insorti dall’alto e martellare le città ribelli non sembra mettere al riparo il regime di Kiev da quella che si profila come una relativa disfatta militare. Le milizie popolari hanno infatti riferito dell’abbattimento negli ultimi due giorni di ben 4 caccia ucraini centrati dai lanciamissili portatili: “Nella zona di Novokaterinovki, tramite l’uso dei MANPADS sono stati abbattuti due aerei ucraini Su-25. Inoltre, le milizie sono riuscite ad abbattere altri due Su-25 negli insediamenti di Vojkovo e Heirloom” riferiscono i comandi militari della Novorossija che parlano anche di alcuni elicotteri nemici centrati mentre lo stato maggiore ucraino aveva riconosciuto ieri l’abbattimento di un solo Su-25 il cui pilota si sarebbe salvato.

Intanto, all’alba di oggi, al posto di frontiera del valico di Nekhoteyevka, è avvenuto il primo scambio di prigionieri tra Russia e Ucraina da quando è iniziata la guerra civile nel Donbass. 
Dieci paracadutisti russi catturati una settimana fa dai militari di Kiev lungo il confine tra i due paesi sono stati consegnati agli emissari di Mosca che in cambio ha rilasciato 63 soldati ucraini.
I militari di Kiev erano stati arrestati mercoledì scorso quando avevano sconfinato in territorio russo per sfuggire ai combattimenti così come hanno finora fatto circa un migliaia di loro commilitoni.  

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