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Andrey Stenin, un flash dentro la guerra

La cerimonia di omaggio al fotoreporter russo Andréy Stenin, ucciso nell’est dell’Ucraina, si è svolta questa mattina nella sede dell’agenzia Rossiya Segodnya per la quale lavorava il giornalista, il funerale si è invece tenuto oggi pomeriggio. Moltissime le persone, colleghi ma anche normali cittadini, che si sono messi in fila per dare l’ultimo saluto al fotografo di guerra. 

Stenin era scomparso all’inizio di agosto – l’ultimo contatto con l’agenzia c’era stato il 5 agosto – e di lui non si era saputo più nulla. Poi si è scoperto, mercoledì scorso, che il fotoreporter era stato ucciso dall’esercito ucraino nel corso di un bombardamento contro un convoglio di mezzi carichi di rifugiati scortati dalla milizia nella zona di Donetsk, un mese fa. Il mezzo sul quale viaggiava Stenin è stato crivellato di colpi e lui è morto sul colpo. Il corpo del giornalista 33enne è stato ritrovato all’interno del veicolo bruciato.
Stenin è il quarto giornalista russo che muore mentre segue la guerra civile nelle regioni orientali dell’Ucraina – la stessa sorte è toccata al fotografo italiano Andrea Rocchelli – e il governo russo ha chiesto al regime di Kiev di investigare sulle circostanze della sua morte. Ma contro ogni evidenza il governo nazionalista ucraino ha negato che le sue forze di sicurezza siano implicate in alcun modo in quanto è avvenuto.
La scomparsa di Stenin aveva suscitato una forte mobilitazione della comunità della stampa russa, e il suo ritratto, accompagnato dallo slogan “Liberate Andrey” – si pensava fosse stato arrestato dalla Guardia Nazionale di Kiev – è stato esposto da quasi tutti i mezzi d’informazione per molti giorni. “Purtroppo, mentre stavamo facendo tutto il possibile, e anche l’impossibile, per salvarlo, Andrey già non era più vivo” ha commentato con amarezza il direttore della Ria Novosti.

Un ritratto del giornalista e del suo lavoro ve lo proponiamo attraverso un articolo de ‘La Voce della Russia’. 

Un flash dentro la guerra, gli amici ricordano Andrey Stenin

 Colleghi e amici del fotoreporter dell’agenzia internazionale di stampa russa Rossiya Segodnya Andrey Stenin, morto in Ucraina, lo ricordano come un professionista esemplare, che al lavoro noioso dietro la scrivania in ufficio preferiva girare nei luoghi caldi. Lui stesso ha scelto una professione molto pericolosa come quella del fotoreporter di guerra, per immortalare gli eventi storici che si intrecciano di continuo tra i destini della gente comune.

Stenin era partito per far luce sul conflitto in Ucraina lo scorso maggio, passando ogni giorno decine di foto. Ha smesso di comunicare il 5 agosto. Alla fine di agosto tra le auto esplose e bruciate lungo la strada tra Snezhnoye e Dmitrovka è stata ritrovata una “Renault Logan” con i corpi di 3 persone. Dopo approfondite analisi di laboratorio è emerso che uno dei corpi appartiene a Stenin.

“Dopo uno delle sue prime trasferte al Cairo, è tornato pieno di energia e di aspirazioni creative, con gli occhi ardenti ha preso il responsabile del dipartimento fotografico-informativo della redazione Vladimir Baranov e gli ha fatto una proposta. Voglio, disse, niente altro che riprendere i conflitti. Diciamo che non lavorerò su nient’altro, ma le guerre saranno sempre solo mie!”,- ricorda le parole di Andrey il direttore del dipartimento fotografico-informativo dell’agenzia russa di stampa internazionale Rossiya Segodnya, Alexander Shtol.

Non poteva stare fermo

A Slavyansk Stenin viveva in una stanza con Dmitry Steshin, suo amico e corrispondente di guerra della Komsomolskaya Pravda. Lo aveva tirato fuori da una casa bombardata, dove Andrey fotografava l’appartamento e dove non era rimasto nessuno oltre allo stesso fotoreporter.

“Abbiamo vissuto insieme in perfetta armonia, sebbene parlassimo molto raramente: siamo entrambi sociopatici. Insieme andavamo in missione, guardavamo film, ascoltavamo la musica. Poi sono partito, non avevo idea che sarebbe stata l’ultima volta che lo avrei visto. Era ovvio che era dispiaciuto dal fatto che rimanesse solo, – ricorda Steshin. – Poi ho pensato molto: perché non è partito con noi? La guerra lo aveva preso. Si era assuefatto. Era come in overdose. Aveva paura di tornare alla vita comune: lì non c’è questa adrenalina, questa durezza. Ero tornato a Mosca, ogni giorno ci scrivevamo. Raccontava cose terribili, era chiaro che la situazione era molto brutta, c’era una terribile confusione. Per un giornalista era molto difficile lavorare, ma non poteva stare fermo.”

Stenin davvero non poteva rimanere fermo: prima di Slavyansk era stato in Siria, nella Striscia di Gaza, al referendum in Crimea, nelle barricate di Maidan, in Egitto, Libia, Kirghizistan e Turchia.

Migliaia di fotografie e un testo

Stenin aveva iniziato la sua carriera come corrispondente: dal 2003 aveva lavorato nel giornaleRossiyskaya Gazeta, dopodichè al portale Gazeta.ru. Solo nel 2008 aveva iniziato ad occuparsi di fotografia, lasciando bruscamente il giornalismo classico di scrittura, provocando sconcerto e smarrimento tra i colleghi e i suoi capi. Andrey ha lavorato da freelance per ITAR-TASS, RIA Novosti, Kommersant, Reuters, Associated Presse France Press. Dal 2009 collaborava per RIA Novosti in qualità di fotoreporter. Dal 2014 era diventato l’inviato speciale dell’agenzia russa di stampa internazionale Rossiya Segodnya. È stato due volte insignito del premio “Camera d’argento” (2010, 2013).

L’unico testo nella sua carriera da fotoreporter lo ha scritto dopo una trasferta in Libia. Il suo articolo era uscito con il titolo “Come abbiamo lottato per Ras Lanuf e la Libia libera”http://ria.ru/arab_analytics/20110331/359745138.html . Il suo pezzo era anche una sorta di fotografia, vista dagli occhi di un fotoreporter professionista e di un uomo colto nel bel mezzo dei combattimenti.

Dmitry Steshin ha ricordato questo reportage dalla Libia. “Sono rimasto impressionato dalla sua abilità e gli ho chiesto: perchè non scrivi? Rispose che “vuole scrivere per passione e lavorare con la macchina fotografica”,” – racconta Steshin.

Fino all’ultimo c’era speranza

Nella regione di Donetsk Stenin ha passato quasi 3 mesi. Ha ripreso le conseguenze dei bombardamenti su Slavyansk, Semenovka, Nikolaevka, Snezhnoye, Marinovka: case in fiamme e distrutte, ospedali, negozi di alimentari, chiese, abitanti locali e bambini feriti, funerali delle vittime. Sotto l’obiettivo di Stenin era finita la vita dei separatisti. Andrey Stenin fu uno dei primi a trovarsi sul luogo dello schianto del Boeing 777 malese, precipitato nei pressi della città di Shakhtersk; dal luogo dello schianto passò le foto dei rottami dell’aereo e dei corpi. Le ultime foto caricate da Andrey sono state ricevute il 5 agosto. Il 7 agosto l’agenzia russa di stampa internazionale Rossiya Segodnya aveva riferito che Andrey Stenin non era più entrato in contatto.

L’ultima cosa che si sapeva è che lui, con 2 corrispondenti militari delle forze separatiste, si stava recando a bordo di una Renault Logan blu nelle città di Shakhtersk e Snezhnoye, situate ad est di Donetsk.

“Il fatto è che proprio in questo momento la Guardia Nazionale aveva lanciato un’offensiva nella zona. Avevano tagliato fuori Dmitrovka da Snezhnoye e avevano installato una fortificazione,”- ha detto uno degli amici di Stenin, il corrispondente di Lifenews Semen Pegov. Tuttavia a metà agosto l’accerchiamento era stato rotto, la Guardia Nazionale si era allontanata dalla zona. Si è appreso che Stenin con i suoi colleghi non era mai arrivato a Dmitrovka. Ma c’era altra informazione che girava: dopo aver conquistato il colle tra Dmitrovka e Snezhnoye, la Guardia Nazionale sparava a tutte le auto di passaggio, temendo che nei panni di civili i ribelli separatisti li attaccassero o cercassero di uscire dall’accerchiamento.

“In questa zona abbiamo trovato il 20 agosto circa 15 veicoli, tra cui la Renault Logan carbonizzata con 3 corpi. Identificarli senza test del DNA era impossibile: i corpi erano letteralmente una manciata di cenere e ossa,” – ricorda Pegov.

Il fatto che si potesse trattare esattamente di Stenin, lo suggerivano alcuni indizi: il tempo e il luogo della distruzione della macchina, 2 obiettivi professionali bruciati nel bagagliaio. Vicino la macchina giaceva una camicia di marca italiana simile a quella indossata da Stenin. La camicia aveva le maniche arrotolate: gli amici di Stenin ricordavano che aveva l’abitudine di farlo.

Il quadro coincideva con il racconto di un uomo, che si era riuscito a contattare attraverso uno dei telefonini di Stenin a metà agosto. Si era presentato come militare ucraino, rientrato di recente dalla zona di Dmitrovka a Slavyansk. Aveva descritto molto accuratamente il luogo dove aveva ritrovato il telefono ed aveva assicurato che il suo ex proprietario era morto.

Il test del DNA ha confermato i peggiori sospetti

“In attesa di un miracolo … Questa condizione è tipica per tutti noi sin dall’infanzia. In una difficile e poi drammatica situazione riguardo la sorte di Andrey Stenin nel sud-est dell’Ucraina, si voleva credere e sperare in un esito o soluzione positiva”, – racconta il fotoreporter speciale dell’agenzia russa di stampa internazionale Rossiya Segodnya, Vladimir Vyatkin.

“Che tipo era? Tenace e affidabile professionista nella sua rara specializzazione. Silenzioso e discreto nella vita di tutti i giorni. Ci ha lasciato per sempre. Lasciando dietro un’inestimabile raccolta di foto di cronache storiche dell’inizio del XXI secolo, il cui valore verrà apprezzato col tempo”, – ha aggiunto Vyatkin.

Viveva sotto il fuoco

“Sembrava che Andrey davvero vivesse solo lì, sotto il fuoco, sotto il frastuono dell’artiglieria, nella guerra. Qui a Mosca è come se si annoiasse, alla prima occasione partiva per una nuova zona calda, da dove portava le sue foto, – ricorda il redattore del dipartimento di analisi e riprese fotografiche dell’agenzia russa di stampa internazionale Rossiya Segodnya Ekaterina Novikova.- Sapevamo tutti che in caso di necessità Stenin avrebbe mollato tutto per recarsi sul posto, ovunque venisse mandato, di notte o durante il giorno non era importante.”

“L’obiettivo di Andrey immortalava gli eventi, nei quali non tutti avrebbero avuto il coraggio di trovarsi. Nelle sue fotografie la gente vedeva la cruda realtà della guerra. Uccidere un fotoreporter è chiudere gli occhi della società,”- afferma sicuro Vitaly Belousov, fotoreporter speciale dell’agenzia russa di stampa internazionale Rossiya Segodnya.

“I viaggi nelle zone di guerra succhiano sempre molte energie, fisiche e mentali. Negli ultimi anni di Andrey queste esperienze sono state più che sufficienti, – racconta il fotoreporter speciale dell’agenzia russa di stampa internazionale Rossiya Segodnya Valery Melnikov. – Andrey si è avvicinato alla guerra il più vicino possibile. Guardate le sue ultime foto, forse oltre alla guerra vedrete qualcosa che ricorderete per sempre.”

 Guarda le foto scattate da Andrey Stenin. Parte 1

Guarda le foto scattate da Andrey Stenin. Parte 2

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