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Braccio di ferro con Madrid. La Catalogna prepara l’addio

Il movimento indipendentista scozzese avrà pure perso lo storico referendum del 18 settembre scorso, ma il solo fatto di esser riuscito a imporre al governo britannico il voto sul distacco da Londra sta generando in tutta Europa un effetto domino senza precedenti.

Sabato il presidente della Generalitat catalana, Artur Mas, ha firmato a Barcellona il decreto per la convocazione di un referendum indipendentista fissato per il prossimo 9 novembre, aprendo un contenzioso senza precedenti con il governo spagnolo che ha reagito duramente affermando che quel voto – che comunque ha un carattere esclusivamente consultivo – è incostituzionale, illegale e illegittimo, e che quindi farà di tutto per impedirlo.

Per le autorità di Madrid – per il governo di destra di Rajoy, ma anche per l’opposizione socialista – i catalani non hanno il diritto di decidere il proprio futuro; d’altronde secondo la Costituzione frutto dell’autoriforma del regime franchista la sovranità appartiene ‘al popolo spagnolo’ e non alle singole nazionalità che pure teoricamente vengono riconosciute all’interno del quadro statale. Oggi il Consiglio dei Ministri approverà l’impugnazione del decreto di Artur Mas alla Corte Costituzionale, con la conseguente sospensione di una consultazione che sarebbe ‘legale’ solo se ad approvarla fossero il governo e il Senato di Madrid. Ma il Presidente del governo autonomo catalano ha già affermato che il 9 novembre la Catalogna voterà, quali che siano le mosse delle autorità centrali dello stato. 

Il leader di Convergenza Democratica della Catalogna, forza politica di stampo liberale espressione della borghesia catalana tradizionalmente autonomista, sembra aver imboccato la via del muro contro muro con Madrid, sostenuto da un’ampia maggioranza al parlamento regionale che lo scorso 19 settembre ha votato – 106 si contro soli 28 contrari – la legge che convoca lo storico referendum. Una decisione affatto scontata, frutto della mobilitazione senza precedenti della società catalana che negli ultimi anni si è espressa trasversalmente a favore di un processo ‘sovranista’ con enormi manifestazioni, consultazioni locali, dichiarazioni di indipendenza che hanno coinvolto centinaia di comuni piccoli e grandi. A spingere per il muro contro muro con Madrid – che Mas si risparmierebbe volentieri – sono soprattutto le forze della sinistra indipendentista, che i sondaggi danno in forte crescita alle elezioni locali, e un coordinamento trasversale nato pochi anni fa, l’Assemblea Nazionale Catalana, capace di mobilitare pezzi crescenti della società catalana che sull’onda della crisi e dell’inasprimento del centralismo spagnolo improvvisamente hanno adottato una parola d’ordine indipendentista finora appannaggio quasi eslusivo delle frange più radicali del quadro politico catalano.

Artur Mas sa che se rinunciasse a portare fino in fondo la battaglia per l’indipendenza sarebbe punito duramente dall’elettorato che già gli sta voltando in parte le spalle a causa delle politiche liberiste e di austerity che ha imposto alla regione che governa in piena collaborazione con l’esecutivo di Madrid, colpendo duramente il mondo del lavoro, il welfare, la sanità e l’istruzione. Non sono mancati negli ultimi anni momenti di contestazione forte nei suoi confronti da parte di pezzi consistenti del movimento indipendentista che spingono per un processo indipendentista che porti anche ad un cambio netto nelle politiche economiche e sociali e un disconoscimento dei diktat della troika e dell’Unione Europea. In particolare la Candidatura d’Unitat Popular alcune settimane fa ha chiarito che se il fronte indipendentista moderato – il partito di Mas, la Sinistra Repubblicana e gli eco-socialisti – dovesse rinunciare al referendum piegandosi alle imposizioni del governo centrale, la sinistra radicale indipendentista affiancata dai coordinamenti trasversali nati negli ultimi anni porrebbe in atto un capillare atto di ‘disobbedienza’ tenendo comunque la consultazione in forma autogestita.
Per ora Mas sembra però tenere duro, e ieri ha dichiarato che nonostante il ricorso del Governo alla Corte Costituzionale continuerà l’iter per andare al voto del 9 novembre, annunciando che saranno appontati circa 2700 seggi in tutto il ‘Principato’. Potranno votare tutti i catalani che hanno più di 16 anni, compresi i residenti all’estero, ma anche gli stranieri residenti da almeno un anno in territorio catalano se cittadini comunitari oppure da tre se extracomunitari. In tutto circa 5,5 milioni di elettori che dovranno rispondere a due quesiti: «Vuole che la Catalogna sia uno stato?» e in caso di risposta affermativa «Vuole che questo stato sia indipendente?».

I partiti unionisti – il Partito Socialista Catalano, il Partito Popolare e i liberali di Ciutadans – fanno la voce grossa ma i loro consensi sono in ribasso e la sezione catalana del Psoe ha già vissuto una lenta ma consistente scissione di dirigenti e militanti socialisti favorevoli al processo sovranista o comunque non disponibili al muro contro muro contro un sentimento popolare più che maggioritario.

Il governo centrale ha minacciato di sospendere lo Statuto d’Autonomia catalano e di commissariare il Principato, estromettendo così il governo e il parlamento regionale nel caso in cui perseverassero nella preparazione del referendum. E non sono mancati pronunciamenti inquietanti da parte di esponenti delle Forze Armate spagnole che si sono detti pronti a intervenire per impedire la ‘rottura dell’unità della Spagna’, mentre il procuratore generale dello stato Eduardo Torre Dulces ha paventato l’incriminazione di Artur Mas per insubordinazione.

Si tratta però di minacce che potrebbero avere un effetto boomerang sulla società catalana, convincendo una parte degli indecisi del carattere provvisorio e incompleto dell’autonomia attualmente concessa da Madrid.

Ora tutti si chiedono se Mas e la borghesia catalana da lui rappresentata andranno fino in fondo oppure se, di fronte alla ‘impossibilità’ di far votare i catalani, all’ultimo non si dichiareranno costretti a rinunciare alla consultazione e ne approfitteranno per indire elezioni anticipate con l’obiettivo di rafforzare ulteriormente una maggioranza indipendentista già schiacciante per obbligare comunque Madrid a concedere una autonomia maggiore alle istituzioni catalane.

Una prospettiva che la sinistra indipendentista e l’Assemblea Nazionale Catalana hanno già respinto dichiarando che il processo sovranista non prevede la retromarcia.

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