La creatura partorita dalle petromonarchie arabe si è rivoltata contro i propri padrini che negli ultimi mesi hanno deciso di abbandonare parzialmente lo Stato Islamico al proprio destino, approfittando della “lotta contro il terrorismo” lanciata da Washington per aumentare la propria egemonia in tutta l’area.
È di 3 guardie di frontiera, uccise al confine con l’Iraq, il bilancio provvisorio del «primo attacco» dei jiahdisti sunniti dell’Isis in Arabia Saudita.
L’attacco è avvenuto – secondo il ministero dell’Interno di Riad – in risposta proprio all’adesione saudita «alla coalizione a guida Usa contro il cosiddetto Califfato.
Teatro dell’attacco è stata la zona di Suwayf, nella regione di Arar, al confine con l’Iraq, terra parzialmente conquistata dai militanti dell’Isis. Il ministero dell’Interno di Riad ha dichiarato che l’esplosione è stata preceduta da un conflitto a fuoco tra le guardie di frontiera saudite, che sarebbero riuscite ad uccidere uno degli aggressori, poco prima che uno di questi riuscisse comunque a far deflagrare la sua cintura esplosiva.
L’Arabia Saudita condivide 800 chilometri di confine con l’Iraq ed è considerata una minaccia dall’Isis (lo ha specificato lo stesso Abu Bakr al Baghdadi in un messaggio audio) da quando Riad si è unita alla coalizione internazionale a guida Usa che dall’8 agosto, prima in Iraq, e dal 23 settembre in Siria, sta bombardando, anche se senza grande impatto, alcune postazioni dello Stato Islamico indebolendone la forza ma senza mirare alla distruzione delle milizie islamiste la cui presenza in Medio Oriente di fatto giustifica l’ennesimo intervento militare degli Stati Uniti in Medio Oriente.
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