Tredici soldati ucraini sarebbero morti e altri 18 sarebbero rimasti feriti a causa di un grave incidente stradale che ha coinvolto un bus e alcuni veicoli militari nelle zone orientali dell’Ucraina teatro ormai da mesi delle operazioni belliche del regime contro gli insorti. A dare la notizia è stata la Guardia Nazionale di Kiev – il corpo che ingloba molti dei battaglioni punitivi di estrema destra che combattono a fianco delle truppe regolari governative – in un comunicato.
“Il 5 gennaio, durante un avvicendamento di volontari e soldati della Guardia nazionale, dei veicoli militari si sono scontrati con un bus. La collisione è stata provocata dalle cattive condizioni meteo. Dodici soldati sono rimasti uccisi, 18 feriti” recita il comunicato. I feriti sono stati ricoverati ad Artemivsk, nella parte della regione di Donetsk sotto il controllo governativo, e in seguito un altro militare è morto.
Una brutta notizia per le truppe di Kiev, dopo che una decina di soldati sono già rimasti uccisi nell’ultima settimana di combattimenti con le milizie delle Repubbliche Popolari, in particolare nella zona dell’aeroporto di Donetsk e nei dintorni, nonostante la tregua in vigore dall’inizio di dicembre.
Intanto il cosiddetto club “normanno” – (il primo incontro è avvenuto in occasione del 70esimo anniversario dello sbarco in Normandia) della diplomazia internazionale è ancora al lavoro per trovare una soluzione del conflitto civile che coinvolge anche la Russia e praticamente tutti i paesi dell’Unione Europea e della Nato. Le parti in causa si sono riunite ieri a Berlino per preparare il summit previsto ad Astana il prossimo 15 gennaio, e che dovrebbe portare nella capitale kazaka Vladimir Putin, l’omologo ucraino Petro Poroshenko, il capo dello Stato francese Francois Hollande e la cancelliera tedesca Angela Merkel.
Dalla Germania e dalla Francia nelle ultime ore sono arrivate importanti dichiarazioni sulla possibilità di revocare le sanzioni contro la Russia nel caso di progressi significativi nelle trattive mentre il Cremlino sta spingendo sull’acceleratore della normalizzazione nelle Repubbliche Popolari per mettere in riga, anche con la forza, quei comandanti e quei battaglioni delle milizie poco inclini a rinunciare all’indipendenza e a cessare le ostilità nei confronti della Giunta di Kiev. Sono infatti stati segnalati negli ultimi giorni alcuni scontri a fuoco in alcune località degli oblast di Donetsk e Lugansk tra le forze militari dei rispettivi governi e alcune milizie reputate eccessivamente indipendenti mentre nei giorni scorsi quattro militanti e dirigenti dell’organizzazione marxista ucraina antimajdan Borotba sono stati arrestati dagli uomini del battaglione Vostok e poi rilasciati nelle ultime ore.
La Russia, che ha sostenuto massicciamente gli insorti dell’Ucraina orientale, sa che per ottenere un allentamento delle sanzioni e dell’accerchiamento militare della Nato l’unica dote che può portare in dono al tavolo di Astana è un approfondimento e una stabilizzazione della tregua siglata a Minsk un mese fa e una normalizzazione politica delle Repubbliche Popolari che permetta, se e quando sarà possibile, alle due regioni di rientrare sotto la sovranità di Kiev anche se Mosca per le regioni russofone chiede una statuto speciale che rispetti la lingua e la cultura locali e conceda loro anche alcune prerogative di carattere politico ed economico che rendano possibili rapporti preferenziali tra Donetsk e Lugansk e la Federazione Russa.
Anche il blocco politico che fa riferimento a Petro Poroshenko, così come Germania e Francia, sono fortemente interessati a disinnescare la crisi ucraina. Il partito del presidente perché alle prese con una situazione economica e militare disastrosa e i ricatti del Fondo Monetario Internazionale e della Troika; i paesi dominanti dell’Unione Europea perché la continuazione del muro contro muro con Mosca ha ripercussioni crescenti di carattere politico e strategico sul polo europeo.
A remare contro invece le forze estremiste ucraine, in particolare quelle ultranazionaliste e di estrema destra, che nella guerra contro le Repubbliche Popolari cercano una legittimazione politica che una eventuale normalizzazione sminuirebbe assai. E naturalmente gli Stati Uniti.
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