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Dal Chiapas ad Ayotzinapa: intervista a una delegazione di attivisti italiani in Messico

In queste settimane in Messico – ed in Chiapas – è presente una delegazione di attivisti napoletani. La redazione di Contropiano ha rivolto loro queste domande:

Quest’anno è presente un gruppo di attivisti napoletani all’appuntamento di mobilitazione e discussione, in Messico, definito Primo Festival Mondiale delle Resistenze e Ribellioni contro il capitalismo. Volete spiegarci il senso politico di questa iniziativa che sta richiamando militanti da ogni parte del mondo?

Il festival si inquadra in primo luogo nella fase particolarmente difficile che stanno attraversando gli zapatisti in Chiapas e tutte le esperienze di lotta e movimento messicane. Gli zapatisti, pur “confinati” sulle montagne del sud est messicano, dal 1994 hanno sempre avuto la capacità di parlare di tutti noi, in ogni angolo del pianeta, delle lotte e degli attacchi del capitalismo internazionale agli ultimi e ai penultimi. E’ evidente che, in questo quadro nazionale, il festival aveva l’aspirazione, ben realizzata, di compattare le esperienze di lotta messicane, un obiettivo sul quale gli zapatisti hanno già lavorato molto in questi anni, ridefinendo e rivitalizzando lo spazio politico che nel festival ha infatti rivestito un ruolo di primo piano: il congresso nazionale indigeno. D’altro canto, sul piano internazionale, le rotte lente dei movimenti mondiali contro la macelleria progressiva del neoliberismo, hanno visto come sempre, negli zapatisti, uno spazio intelligente di indicazioni, narrazioni e confronti, quanto mai necessaria nella fase attuale. A partire da queste esigenze, gli zapatisti hanno ricalibrato con intelligenza alcuni aspetti del festival negli ultimi mesi. La scelta di dare uno spazio enorme ai familiari dei desaparecidos di Ayotzinapa ed alla loro storia, oltre che una necessità umana, ha segnato il festival della carica che le piazze messicane hanno espresso in questi mesi di degna rabbia nei confronti dell’attuale governo Nieto. In questa vicenda si dipanano larga parte delle contraddizioni sociali e politiche del Messico di oggi: sostenerle con decisione non solo è un atto doveroso nei loro confronti, ma una scelta politica intelligente per tutti coloro che nel mondo lottano contro il capitalismo. 

b) Negli ultimi mesi sta facendo scalpore la vicenda degli studenti “scomparsi”. Che novità ci sono e quale è la situazione politica e sociale in questo momento in Messico?

In parte già rispondevamo con la domanda precedente. La storia di Ayotzinapa è assurda se riusciamo a restare un po’ umani, altrimenti si inserisce tranquillamente in una guerra, sporca e silenziosa, che il Messico sta vivendo da anni nel silenzio e nella complicità della comunità internazionale e, per quel che ci riguarda più da vicino, della stessa Unione Europea. I numeri di questa guerra sono incredibili: solo le sparizioni superano le 70 mila persone negli ultimi anni. E sciogliere il filo della matassa di questa storia non è affatto semplice. Abbiamo intervistato da vicino i familiari e abbiamo partecipato con loro a tutte le sessioni del festival, eppure non è facile ricostruire la vicenda. Ci sono stati due assalti ad opera di forze in divisa e paramilitari. In uno sono morti 3 passanti e 2 studenti, nel secondo sono stati sequestrati 57 studenti, di cui uno è morto, 13 riescono a salvarsi, mentre i famosi 43 risultano attualmente scomparsi. Il governo Nieto ha provato a scaricare tutte le responsabilità sul governo e la polizia locale, tanto che anche alcuni giorni fa sono stati arrestati altri 20 poliziotti locali. Ma è evidente, al di la delle testimonianze frammentate, che questa storia coinvolge direttamente il governo, o per essere più corretti, quello che in questi mesi i movimenti hanno chiamato il “Narco-stato” Messicano. In questi 3 mesi le piazze messicane si sono riempite di rabbia, in molti casi, con manifestazioni che si sono tradotte in scontri, anche se i media ignorano con scientificità anche questo aspetto. Il governo messicano è in evidente difficoltà, ma questa difficoltà non sembra modificarne significativamente gli atteggiamenti. Vedremo cosa accadrà nei prossimi mesi, visto che il fermento delle piazze si è fermato per lasciare spazio al Festival. I familiari hanno fatto esplicita richiesta di portare la loro voce nel mondo, si sono chieste anche come sia possibile che dinnanzi a tutto questo l’Onu e l’intera comunità internazionale non prenda parola in maniera significativa. Probabilmente nel mondo oggi possiamo fare la nostra parte per contribuire alla storia contemporanea del Messico

c) Da quel Capodanno del 1994, in cui si palesò il sollevamento del Chiapas, la figura di Marcos e l’elaborazione degli Zapatisti hanno trovato cittadinanza ed apprezzamento ben oltre i confini messicani ed hanno contaminato l’elaborazione e le pratiche di molti settori politici e sociali a scala internazionale. Cosa rimane oggi di quella vicenda e che connessione è ancora possibile con la resistenza globale contro gli effetti antisociali delle politiche imperialistiche?

Dall’1994 ad oggi la storia zapatista ha conosciuto numerosi cambiamenti che non è possibile sintetizzare in una sola breve risposta. L’approccio da guerrilla gevuarista si è trasformato in poco tempo in un esperienza completamente diversa che ha scelto di sedimentare a piccoli passi un esperienza di autonomia e indipendenza con coordinate del tutto eccezionali e confinarla nel territorio del Chiapas. D’altro canto l’ esperienza di autogoverno dei municipi autonomi zapatisti ha costruito un esempio in tutto il pianeta per l’anomalia delle forme con cui veniva praticata, per il fatto in sè di non essere un feticcio da riprodurre in carta bollata e per la capacità che l’Ezln ha avuto di essere sempre una lanterna accesa sul pianeta intero nelle analisi quanto nella prospettiva di trasformazione complessiva dell’esistente. Nell’ultimo anno l’organizzazione zapatista ha vissuto numerose difficoltà. Il massacro di Galeano e la distruzione della scuola della Realidad sono il segno di un processo lento e sporco di sottrazione che il governo messicano ha praticato negli ultimi anni e che abbiamo potuto vedere da vicino in questi giorni. Il festival è in sè già una risposta a tutto questo, proprio come dicevamo prima. La riapertura di uno spazio mondiale di connessione delle lotte che pone al centro l’aggressione dei governi al mondo “de abajo” e la necessità di distruggere il capitalismo come orizzonte politico. Chiaramente sempre a partire dalle piccole esperienze di lotta, “praticando autonomia a passi piccoli ma decisi”, come il subcomandante Moises ha detto nell’intervento durante le celebrazioni di Capodanno nel caracol di Oventic. L’attualità della loro capacità di fare organizzazione e conflitto sembra limpida osservando quali temi sono al centro delle discussioni del festival: non l’autogoverno del Chiapas, ma la storia di Ayotzinapa e l’attacco ai beni comuni ed alle terre collettive in tutte le regioni del Messico ci parlano dei processi mondiali di messa a profitto delle nostre vite, niente più di quello che in Italia stiamo vivendo con lo sblocca Italia, la Val Susa o il No-Muos. La sensazione, dopo queste settimane, è che nel mondo abbiamo ancora bisogno degli zapatisti, e loro ci hanno detto già molto in questo festival e ci hanno lasciati con la promessa di esprimersi ancora e più direttamente nei prossimi tempi. Ci è sembrato che in Messico abbiano fatto un lavoro importante in questi anni, di cui il festival è solo un passaggio. E’ chiaro che mentre aspettiamo da loro un segnale deciso, dobbiamo lavorare a casa nostra. Portare la voce dei familiari dei desaparecidos sembra un punto di partenza.

d) Nell’ultimo decennio in America Latina, tra mille contraddizioni, si manifesta un potente movimento di popoli e di stati che hanno rotto il predominio a stellastrisce sul continente rebelde. Che collocazione teorica e culturale la vicenda del Chiapas può trovare in questo originale contesto ancora oggi in movimento? 

A questa domanda gli zapatisti non risponderebbero. E in effetti, accogliamo il loro punto di vista riprendendo un passaggio dell’intervento durante le celebrazioni ad Oventic, dove in maniera molto chiara ribadivano che con il mondo “de arriba” non hanno nulla da condividere e che continueranno a praticare autonomia con quelli “de abajo”.

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