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I russi ci odiano

Improvvisamente la stampa europea, e quella italiana con il solito colpevole ritardo, scopre che l’opinione pubblica russa non è mai stata tanto antioccidentale quanto lo è attualmente, almeno dal crollo dell’Unione Sovietica. L’occasione per ribadire ciò che di fronte all’aggressione militare, diplomatica ed economica da parte dell’occidente sembrava quanto mai ovvio è stata fornita dalla pubblicazione di uno studio realizzato dal Centro demoscopico russo indipendente Levada, secondo il quale il risentimento della popolazione russa nei confronti dell’occidente in generale e in particolare degli Stati Uniti non è mai stato tanto elevato da venti anni a questa parte.
Sono sempre di più i russi che accusano apertamente gli Stati Uniti di aver provocato la crisi in Ucraina e di soffiare sul fuoco della guerra, e di immischiarsi negli affari interni dei paesi slavi, tradizionalmente alleati o vicini a Mosca. Nel frattempo, l’economia russa soffre gli effetti cumulativi delle sanzioni e dei prezzi del petrolio e del gas in caduta – conseguenza di aggressive strategie di destabilizzazione introdotte da Washington e poi estremizzate dall’Arabia saudita e dalle altre petromonarchie – che hanno causato il crollo del rublo e l’aumento dell’inflazione e della disoccupazione. E’ ovvio che di fronte a questo quadro quattro russi su cinque (l’81% del campione sondato da Levada) dicono di avere un parere “pessimo” o “abbastanza brutto” degli Stati Uniti, quasi il doppio rispetto a quello di un anno prima. Circa il 42% dei russi intervistati descrive i rapporti tra Mosca e Washington come “ostili”, mentre un anno fa la percentuale era solo del 4%. Ma anche l’atteggiamento dei russi verso i paesi europei, tradizionalmente positivo, è peggiorato bruscamente, con il 71% di pareri negativi, il 200% in più rispetto al gennaio 2014.

Si tratta di un sondaggio, ovviamente, e i sondaggi non vanno presi per oro colato. Ma i dati, per quanto interpretabili, ci parlano di una situazione che spinge verso una condizione di scontro che dal livello diplomatico ed economico potrebbe improvvisamente sfociare su quello militare. Lo ha notato Francois Hollande quando, in una dichiarazione quanto mai inquietante, ha affermato senza peli sulla lingua che se fallisce il tentativo di mediazione europeo in corso in questi giorni sullo scenario ucraino il rischio è quello di un ritorno della guerra in Europa. Non più ai margini dell’Europa, come finora è avvenuto anche con la compiacenza delle classi dirigenti dell’Unione Europea che non hanno esitato a ricorrere agli strumenti classicamente utilizzati dall’imperialismo statunitense – embarghi, regime change, frantumazione di stati, processi di destabilizzazione più o meno violenti – per allargare la propria egemonia ad est e a sud.
E’ chiaro che una popolazione come quella russa (ma accade anche in altri quadranti del globo) spinta dall’aggressiva strategia occidentale a sviluppare odio nei confronti di paesi visti – e non a torto – come aggressori e nemici potrebbe costituire un ostacolo, un condizionamento, un impedimento anche nei confronti di un governo di Mosca che fosse invece orientato, per motivi di varia natura, a una ricomposizione diplomatica del conflitto in atto con il blocco occidentale, e di cui quanto sta accadendo sull’Ucraina e in Ucraina è una conseguenza, e non certo una causa.
Per ora non c’è solo la contrapposizione con la Nato a preoccupare i russi, scontenti di come il proprio governo tratta le questioni sociali. Metà del campione sondato da Levada – il 46% – infatti ritiene che il proprio governo sia “incapace” di far fronte alle sfide. Lo pensano soprattutto le persone anziane e, per motivi opposti, chi ha un alto tenore di vita. 
Se è vero che la crisi economica che sta investendo la Russia – paese economicamente fragile, con un export basato quasi esclusivamente sugli idrocarburi e un tessuto produttivo quanto mai inadeguato – consiglierebbero a Putin e soci di sottrarsi all’escalation con gli Usa, è pure vero esattamente il contrario. La crescente spinta nazionalista dell’opinione pubblica russa avrà effetti inevitabili sul panorama politico di Mosca, con il rafforzamento delle forze che già oggi sono schierate per lo scontro frontale con gli aggressori e l’indebolimento delle realtà e degli esponenti politici che invece continuano a perorare la causa di un compromesso che allo stato sembra sempre più improbabile o comunque al ribasso. 

Sappiano gli apprendisti stregoni dell’imperialismo Usa e Ue che stanno giocando con il fuoco…

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