Menu

Droni e blindati Usa a Kiev, Mosca esce dal Trattato sulle Armi Convenzionali

Nuovo passo verso l’escalation con la Russia, mentre nel Mar Nero diverse navi da guerra della Nato compiono provocatorie manovre militari a poche miglia dalla base navale russa di Sebastopoli e nei Paesi Baltici sono arrivati circa 120 tra carri armati e mezzi blindati statunitensi. 
Ieri il vicepresidente degli Stati Uniti Joseph Biden ha annunciato che Washington consegnerà a breve alle forze armate del regime ultranazionalista di Kiev nuovi aiuti militari definiti “non letali” allo scopo di fronteggiare le forze militari dei ribelli del Donbass. Tra le dotazioni donate ai golpisti rientrerebbero anche 30 blindati pesanti multiruolo “Humvee”, 200 blindati leggeri, nonché sistemi radio, radar anti-missile ed equipaggiamenti vari per un valore complessivo di circa 75 milioni di dollari. Inoltre a Kiev saranno inviati anche un certo numero di mini droni RQ-11 “Raven”, realizzati dall’impresa statunitense AeroVironment. 
“L’amministrazione Obama sta inoltre considerando la possibilità di fornire alle autorità di Kiev anche armi difensive letali”, ha riferito al Congresso di Washington il vice segretario della difesa, Brian McKeon. Il New York Times ha scritto nei giorni scorsi che le armi e i sistemi logistici che gli Stati Uniti invieranno in Ucraina nel triennio 2015-2017 avranno un valore superiore ai 3 miliardi di dollari e includeranno missili anti-tank, lanciamissili anti-blindati, radar, velivoli a pilotaggio remoto (UAV), sistemi di contromisure elettroniche anti UAV ed altro ancora. Alle forze armate ucraine potrebbero essere anche fornite armi e munizioni prodotte nell’ex Unione Sovietica, attualmente stoccate in un deposito della CIA in North Carolina.
“Siamo seriamente allarmati per le violazioni dell’accordo di Minsk dell’11 febbraio scorso da parte dei separatisti sostenuti dalla Russia”, si è giustificata la vicesegretaria di Stato per gli affari europei ed euroasiatici, la famigerata Victoria Nuland. “Negli ultimi due giorni – ha aggiunto – alla frontiera orientale dell’Ucraina orientale ci sono stati nuovi trasferimenti di tank, artiglieria pesante ed equipaggiamento missilistico russo ai gruppi separatisti”. Il portavoce delle forze armate ucraine Andriy Lysenko ha denunciato che i ribelli starebbero ammassando delle truppe al fronte e non sarebbero intenzionati a ritirare la propria artiglieria come stabilito dagli accordi di Minsk del 15 febbraio. Ma a smentire Lysenko ci ha pensato lo stesso presidente Petro Poroshenko secondo il quale “i ribelli hanno ritirato dal fronte una parte significativa delle loro armi pesanti, anche se vi sono ancora pezzi di artiglieria nella zona dell’aeroporto di Donetsk”. E addirittura il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha confermato che le milizie del Donbass stanno rispettando il cessate il fuoco. Invece le milizie della Repubblica Popolare di Lugansk accusano le forze governative di smantellare soltanto i pezzi d’artiglieria obsoleti o danneggiati, e di nascondere vicino al fronte quelli operativi.
Ma il meccanismo di guerra realizzato in fretta e furia dall’Alleanza Atlantica contro la Federazione Russa continua a marciare a tappe forzate, e la Nato ha confermato che dal 28 settembre al 6 novembre si terrà in Europa orientale, in Spagna, in Portogallo e in Italia la “più grande esercitazione alleata mai realizzata negli ultimi anni”. Alle manovre militari denominate “Trident Juncture” dovrebbero partecipare più di 25.000 militari della Nato Response Force (NRF), la Forza di intervento rapido decisa all’ultimo vertice dei ministri della Difesa dei paesi aderenti all’Alleanza Atlantica, quello di Newport in Galles. Durante il quale è stato stabilito che all’interno della nuova forza d’intervento rapido fatta salire a circa 30 mila effettivi sia costituita in tempi rapidi una brigata di terra ribattezzata Spearhead (Punta di lancia) forte di 5000 soldati armati fino ai denti e con copertura aerea e navale. Inoltre il vertice di Newport ha stabilito la realizzazione di sei nuove basi militari della Nato in Polonia, Estonia, Lituania, Lettonia, Romania e Bulgaria, di fatto militarizzando la frontiera con la Russia. Come se non bastasse l’Alleanza ha deciso di montare in territorio polacco alcune batteria di missili Patriot, ovviamente puntati verso Mosca.
Non stupisce che la Russia sia obbligata a prendere delle contromisure utilizzate dalla propaganda occidentale per denunciare ‘il riarmo di Mosca’ e giustificare quindi ulteriori step in una pericolosissima e irresponsabile escalation scattata dopo il golpe filoccidentale imposto a Kiev con il sostegno dell’Unione Europea e degli Stati Uniti.
Martedì la Russia ha annunciato la propria decisione di ritirarsi dal gruppo che gestisce il Trattato sulle Forze Armate Convenzionali in Europa, firmato nel 2007, mettendo così fine all’ultimo potenziale meccanismo di concertazione militare tra Mosca e Alleanza Atlantica. Il “trattato sulla riduzione delle forze convenzionali in Europa”, in realtà mai entrato veramente in vigore, avrebbe dovuto regolare il numero massimo di armi convenzionali – carri armati, artiglieria, sistemi antiaerei, caccia da combattimento ed elicotteri d’attacco  – che potevano essere schierati in tutto il territorio europeo dai circa trenta paesi firmatari del documento, tra i quali anche Canada e Usa.
 “La Federazione Russa ha preso la decisione di interrompere la sua partecipazione alle riunioni del gruppo di consulenza a partire dall’11 marzo 2015” ha informato ieri un comunicato diffuso dal Ministero degli Esteri di Mosca. Per sfumare parzialmente una decisione dall’impatto decisamente forte, ieri l’esecutivo russo ha chiarito di essere disponibile ad aprire un dialogo su un nuovo accordo per il controllo delle armi convenzionali in Europa, in sostituzione di quello siglato alla fine della Guerra Fredda. Mikhail Ulyanov, capo della sezione sul controllo delle armi del ministero degli Esteri russo, ha tuttavia anche detto di non ritenere che i paesi membri della Nato siano intenzionati a discutere un nuovo trattato più equilibrato del precedente. “Non ci sono state consultazioni e non ci sono progetti” ha detto il diplomatico. 
Inoltre il governo russo ha anche informato della propria intenzione di installare alcuni impianti nucleari non meglio precisati nella penisola di Crimea, annessa circa un anno fa dopo il golpe che ha destituito il governo ucraino.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *