Potrà sembrare assurdo a molti lettori, ma il Sudafrica è scosso nelle ultime settimana da una violentissima ondata di attacchi e veri pogrom razzisti che prendono di mira gli immigrati arrivati da vari paesi dell’Africa Australe per cercare un lavoro e condizioni di vita dignitose in quella che, nonostante la diffusa povertà e le contraddizioni sociali mai sanate, è pur sempre una delle principali potenze economiche e politiche del continente.
Il bilancio delle violenze xenofobe delle ultime ore nella regione di Durban, nel Sudafrica orientale, è gravissimo: negozi e case dati alle fiamme, scontri con la polizia anti-sommossa che ha cercato di disperdere la folla impegnata nella caccia ai migranti, decine di feriti e almeno quattro morti.
Secondo l’edizione online del quotidiano Mail & Guardian, gli scontri si sono concentrati a Umlazi e KwaMashu, rispettivamente a sud e a nord della città di Durban. Secondo i media, centinaia di agenti non sono riusciti a contenere la violenza di migliaia di persone che hanno saccheggiato negozi e dato alle fiamme abitazioni di migranti giunti in Sudafrica dal Congo e altri paesi sub-sahariani.
Già la settimana scorsa il Comune di Durban aveva dovuto trasferire circa 3000 persone in una tendopoli e un altro migliaio di lavoratori stranieri avevano dovuto rifugiarsi nei commissariati ed in altri edifici pubblici per scampare alle aggressioni a seguito di episodi di violenza nei sobborghi a sud della città. Una ventina di persone erano state fermate dalla polizia sudafricana dopo una analoga ondata di pogrom razzisti. Secondo i media la scorsa settimana tre migranti sarebbero stati uccisi nei sobborghi della località mentre un negoziante somalo sarebbe stato gravemente ferito dopo che un gruppo di giovani aveva saccheggiato il suo negozio a KwaMakhutha, a sud di Durban. Ma il bilancio potrebbe essere anche più grave visto che per stessa ammissione del portavoce della polizia Maj Thulani Zwanela sarebbero numerosi i corpi senza vita ritrovati dopo l’esplosione di violenza ripetutasi ieri, e forse tra le vittime potrebbero esserci anche alcuni cittadini sudafricani.
Non è la prima volta che il Sudafrica uscito da pochi anni dal regime dell’apartheid e della discriminazione razziale assiste a ondate di attacchi omicidi contro i lavoratori stranieri. Già nel 2008 una terribile ondata di attacchi e saccheggi provocò la morte di decine di migranti, almeno 62 secondo le stime ufficiali. A prendersela con i lavoratori arrivati dall’Africa Subsahariana nei giorni scorsi era stato il re degli Zulu Goodwill Zwelithini, che in un intervento aveva tuonato contro i migranti invitandoli a tornarsene a casa loro anche se poi, dopo i primi attacchi razzisti, il Salvini locale si era giustificato affermando che si riferiva esclusivamente a quelli non in regola con i documenti di soggiorno.
A parte alcuni ambienti – non necessariamente quelli della destra razzista bianca orfana del potere politico, ma non di quello economico – che soffiano sul fuoco, è chiaro che se il governo non risolverà le gravi diseguaglianze sociali e non ridurrà il tasso di povertà adottando riforme coraggiose e strutturali promesse a lungo durante la lotta contro l’apartheid, poi rimandate negli anni successivi alla fine del regime e poi del tutto accantonate – riforma agraria, nazionalizzazioni ecc – questo tipo di esplosioni di violenza e rabbia sociale contro i migranti considerati un capro espiatorio a portata di mano non potranno che continuare ed aumentare di intensità.
Paradossalmente le ondate di attacchi xenofobi riprendono proprio in concomitanza con il montare di una campagna antirazzista che chiede la rimozione dalle piazze e dalle strade del paese dei monumenti edificati in onore di dirigenti del Sudafrica razzista e dei toponimi che richiamano personaggi dell’amministrazione segregazionista. La campagna ha avuto inizio qualche settimana fa grazie alla protesto di uno studente universitario che ha lanciato secchiate di sterco contro la statua di Cecil Rhodes. Imprenditore britannico e poi leader politico tanto influente nella storia del Sudafrica coloniale tanto da dedicargli la Rhodesia (poi ribattezzato Zimbabwe). Il gesto eclatante ha dato il via ad una campagna contro la statua che a detta dei contestatori rappresenta “il passato coloniale e il dominio della minoranza bianca”. La protesta ha avuto un successo relativo, visto che il consiglio d’amministrazione dell’Università dove sorge il contestato monumento ha deciso di venire incontro alle richieste degli studenti. E così la mobilitazione si è allargata a gruppi di giovani dell’African National Congress – il partito di governo – che ora premono affinché venga rimossa la statua dedicata a Paul Kruger (presidente della Repubblica del Transvaal e leader dei boeri nelle due guere contro la Gran Bretagna, al quale il paese ha intitolato la moneta nazionale) situata nella piazza principale della cittadina di Tshwane.
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