Francesca Albanese, Relatrice Speciale ONU per i diritti umani nei Territori Palestinesi occupati, è tornata nel mirino del dibattito politico italiano. Ancora una volta, non per ciò che ha detto davvero, ma per ciò che le si vuole far dire.
Durante un incontro pubblico a Roma, Albanese ha condannato senza esitazioni l’irruzione nella redazione de La Stampa a Torino, definendola un atto inaccettabile. Subito dopo, ha aggiunto una riflessione generale sulla qualità dell’informazione italiana, invitando i media a tornare a un giornalismo basato su fatti, contesto e analisi. Una richiesta legittima e condivisibile per chiunque tenga alla responsabilità della stampa.
Eppure, da quel momento, si è scatenata una campagna politica e mediatica costruita ad arte. Alcuni giornali hanno accusato Albanese di “giustificare” l’assalto, ignorando la sua condanna esplicita. Nel giro di poche ore, diversi esponenti politici hanno rilanciato la polemica, con dichiarazioni indignate che non tenevano conto di ciò che Albanese aveva effettivamente detto.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha definito le sue parole “gravissime”, mentre ministri ed esponenti di varie forze politiche hanno accusato Albanese di attaccare la stampa, arrivando perfino a chiederne la rimozione dal suo incarico ONU.
Ma le dichiarazioni autentiche di Albanese sono pubbliche e inequivocabili. Ha condannato il gesto. Ha difeso la libertà di stampa. Ha chiesto più rigore, più contesto, più verità. Nessuna ambiguità, nessuna giustificazione. Solo una critica legittima e necessaria sul ruolo dell’informazione.
Gli attacchi contro di lei non riguardano ciò che ha detto, ma ciò che rappresenta. Albanese è oggi una delle voci internazionali più incisive nel denunciare violazioni dei diritti umani nei Territori Palestinesi occupati. E come già accaduto con altri giornalisti, ONG e ricercatori, la strategia ricorrente è sempre la stessa: spostare il fuoco dalla denuncia dei crimini alle parole di chi li documenta, trasformando il messaggio in un pretesto per colpire il messaggero.
Questa campagna non difende la libertà di stampa. La indebolisce, perché scoraggia chi pretende che l’informazione sia accurata, contestualizzata e non appiattita sulla propaganda.
Invece di discutere dei contenuti del suo mandato ONU e delle violazioni che documenta, parte della politica italiana preferisce delegittimare Albanese sul piano personale. Ma i fatti restano: condanna chiara dell’irruzione, nessuna giustificazione, e una critica legittima alla qualità dell’informazione in Italia.
Una tempesta costruita, che rivela più su chi la alimenta che su chi ne è bersaglio.
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Petrillo Angelina
Tutta l’ informazione è ioocriticamente coinvolta per spostare l’ attenzione dai crimini connessi da uno stato coloniale e da chi li subisce tragicamente. Gli interventi della relatrice dell’ ONU per i diritti umani spesso vengono strumentalizzati per questo scopo, Bisogna resistere a ogni forma di manipolazione e inganno al fianco della giustizia e della relatrice. Forza, dott ssa Albanese. C’ è tanto bisogno di chi denuncia le violazioni dei diritti umani e cerca di fare valere la legge sulla forza bruta.
Francesco Lombardo
Senza ricerca della verità e pretesa di giustizia, la nostra rimane una democrazia parolaia.
Anna M.
Totale solidarietà alla dott.ssa Albanese, e profondo disprezzo per la qualità della maggior parte dell’informazione italiana e gli ipocriti servi che la sostengono