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Yemen, l’Onu benedice la guerra saudita. La strage continua

Si ingarbuglia ulteriormente la situazione nello Yemen mentre continuano sul terreno i combattimenti tra i due schieramenti e i bombardamenti navali e aerei da parte dell’Arabia Saudita e degli altri paesi della coalizione sunnita nata su iniziativa di Riad allo scopo di riportare al potere l’esecutivo fantoccio rimosso nei mesi scorsi dai ribelli Houthi. 

Ribelli che hanno nettamente condannato la partigiana risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che di fatto spalleggia e benedice l’intervento militare saudita e impone l’embargo sulle armi solo alle milizie sciite. Il Comitato rivoluzionario supremo, che rappresenta i ribelli, ha definito la decisione da parte del Palazzo di Vetro “un’aggressione” e ha esortato “il popolo yemenita a riunirsi e protestare contro la risoluzione”.
Sul fronte opposto, naturalmente, l’Arabia Saudita ha accolto con entusiasmo la risoluzione dell’Onu considerata non a torto “una chiara approvazione” da parte delle Nazioni Unite dei bombardamenti compiuti dalla coalizione guidata da Riad contro i ribelli sciiti e le milizie sunnite fedeli all’ex presidente Abdullah Saleh.
La risoluzione numero 2216, redatta dai paesi aderenti al Consiglio di Cooperazione del Golfo – il blocco delle petromonarchie guidato dai sauditi – e presentata dal rappresentante giordano (Amman è presidente di turno dell’organismo), è stata votata da 14 paesi su 15, con la sola eccezione della Russia secondo la quale “la risoluzione non si adegua alle richieste della comunità internazionale su come trattare la crisi yemenita”. Molto critico l’ambasciatore russo Vitali Churkin il quale ha ricordato che Mosca avrebbe voluto che l’embargo sulle armi riguardasse entrambe le parti in guerra, tanto più che l’Iran, accusato di supportare gli Houthi, è già colpito da una restrizione analoga.
Il testo approvato non solo impone l’embargo delle armi al fronte ribelle, l’obbligo di ispezionare tutte le navi cargo ad essi destinate dichiarando un vero e proprio blocco navale, ma anche sanzioni ai leader del movimento degli Houthi – sia il congelamento dei beni che il divieto di viaggiare – e intima loro di ritirarsi dalle città del centro e del sud occupate negli ultimi mesi, di “porre fine alle violenze e alle provocazioni nei confronti dei Paesi confinanti”, definendo legittimo il regime guidato dall’ex presidente Abd Rabbo Mansour Hadi, fuggito nel frattempo proprio in Arabia Saudita.
La risoluzione chiede sì a tutte le parti in conflitto di negoziare al più presto una rapida cessazione delle ostilità ma incredibilmente non impone alla coalizione sunnita di cessare i raid aerei che durano ormai da tre settimane e che hanno provocato parecchie centinaia di vittime non solo tra i combattenti dell’opposizione ma soprattutto contro i civili. 
Non a caso subito dopo il voto, l’ambasciatore saudita all’Onu Abdallah al-Mouallimi ha rivendicato che il testo votato dal Consiglio di Sicurezza equivale a un sostegno inequivocabile nei confronti dell’operazione militare intrapresa dai paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo, per obiettivi, portata e metodi. L’Arabia Saudita aveva nel frattempo liquidato le richieste da parte dell’Iran di sospendere i bombardamenti aerei e navali sulle città dello Yemen e a dichiarare un cessate il fuoco, invitando anzi Teheran a non interferire nel conflitto.
Il ministro degli Esteri saudita, Saud Al Faisal, ha sottolineato la presunta legittimità dell’intervento militare dei Paesi della coalizione, formata da nove stati arabi e sostenuta dagli Stati Uniti, nel corso di una conferenza realizzata al termine dell’incontro con il suo omologo francese Laurent Fabius.
“Come puo’ l’Iran chiedere a noi di sospendere i combattimenti in Yemen? Siamo intervenuti in Yemen per aiutare l’autorità legittima e l’Iran non è responsabile per lo Yemen,” ha dichiarato Al Faisal, puntualizzando che Riad non é in guerra con Teheran “a meno che l’Iran, improvvisamente, pensi di essere diventato parte dello Yemen”.
Nelle ultime ore i bombardamenti si sono concentrati sulla città di Taiz, nella parte centrale del Paese, contro le postazioni degli Houthi e anche contro le milizie fedeli all’ex presidente dello Yemen, Ali Abdullah Saleh. I morti sarebbero almeno 20, indicano alcune fonti, mentre un testimone, Ahmad Walid, ha riferito che “un numero di missili ha centrato un piccolo villaggio nelle vicinanze del bersaglio”, riferisce il Gulf News. Oltre alle numerose vittime dei bombardamenti che negli ultimi giorni hanno devastato Aden, una trentina di persone sono rimaste uccise nei combattimenti tra le milizie ribelli e le forze lealiste.
Ieri, inoltre, dopo aver messo in fuga l’esercito, alcune milizie tribali hanno conquistato il terminal di gas di Belhaf, sul golfo di Aden, l’unico presente in Yemen, provocando il blocco di tutte le operazioni. La compagnia che lo gestisce, la Yemen LNG, controllata per il 40% dalla multinazionale francese Total, ha annunciato la sospensione di tutte le operazioni di produzione ed esportazione dal terminal.
La situazione umanitaria continua a peggiorare, avvertono fonti della Croce rossa internazionale. Da tempo scarseggiano acqua potabile e il cibo mentre il lavoro degli operatori sanitari e umanitari é diventato molto rischioso: si combatte nelle strade e al porto di Aden e cecchini sono appostati ovunque, mentre le bombe saudite cadono dal cielo.
La settimana scorsa, due paramedici della Cri sono stati uccisi mentre erano su un’ambulanza impegnata nel soccorso di alcuni feriti. 
Nel frattempo alcuni hackers si sono inseriti nelle pagine web del canale televisivo iraniano Al Alam inserendo messaggi di propaganda a favore dei bombardamenti sauditi e diffondendo nomi e recapiti dei corrispondenti dell’emittente in Medio Oriente.

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