Gli scenari intorno all’intervento militare in Libia vedono ormai in movimento diversi pezzi rilevanti. L’agenzia Askanews riferisce che lunedi prossimo al Cairo, si riuniranno i vertici militari di sette paesi arabi proprio per discutere un eventuale intervento militare in Libia. Lo ha confermato al sito Defense News una fonte della Lega Araba, secondo cui nella missione potrebbero avere un ruolo anche Francia e Italia: “Alla Francia è stato chiesto di fornire sostegno logistico e forze speciali, mentre all’Italia è stata chiesta copertura navale”. A questo vertice militare, oltre all’Egitto, parteciperanno Giordania, Sudan e quattro membri del Consiglio di cooperazione del Golfo, ossia Bahrein, Kuwait, Arabia saudita ed Emirati Arabi Uniti (EAU), in pratica gli Stati arabi che sono intervenuti militarmente in modo coordinato nello Yemen. Per la Libia sarà presente il gen. Haftar, uomo forte del governo libico di Tobruk. Sarà assente invece il Qatar, che, insieme alla Turchia, sostiene il governo libico di Tripoli legato ai Fratelli Musulmani. L’Egitto ha anche annunciato che entro la fine di maggio ci sarà una riunione di alcuni leader tribali libici con l’obiettivo di “sostenere e unire il popolo libico”. La fonte della Lega Araba ha spiegato al sito statunitense Defense News che alla riunione parteciperannooltre 150 esponenti di tribù libiche. L’obiettivo è quello di coordinare le operazioni e garantire un passaggio sicuro alle truppe di intervento dei paesi arabi sul territorio libico.
Oggi intanto il quotidiano La Stampa anticipa quella che sarà la risoluzione che verrà presentata al Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla Libia. La risoluzione, invocando il Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, consentirà tre tipi di operazioni militari: nelle acque internazionali, nelle acque territoriali di Tripoli, e nei porti, con la possibilità quindi di scendere a terra, se fosse necessario per rendere inutilizzabili i barconi. La Russia fino ad ora non sembra volersi mettere di traverso col veto, ma la messa a punto della risoluzione non è completata e il voto all’Onu probabilmente slitterà a giugno, a ridosso del vertice dell’Unione Europea.
Secondo il corrispondente de La Stampa, “Il testo, ancora in via di elaborazione, è molto breve, sulle tre pagine. Dopo i preamboli di rito, dice che esiste un collegamento diretto fra il traffico degli esseri umani, la sicurezza e la stabilità della Libia. Sottinteso che terroristi e fazioni in lotta ne approfittano. Questo è il passaggio chiave per invocare il Capitolo VII, che permette di usare la forza e superare la soglia di una missione umanitaria, ma soprattutto non prevede il consenso del “paese interessato dall’intervento” ossia la Libia. La Risoluzione individua con precisione l’ambito geografico dell’intervento, chiarendo che le unità navali potranno operare nelle acque internazionali, in quelle territoriali libiche, e anche nei porti”. La parola “destroy” (distruggere) in relazione ad eventuali incursioni a terra per distruggere i barconi è stata tolta per l’opposizione di russi e statunitensi. L’Alto rappresentante per la politica estera europea Federica Mogherini, si è affrettata a precisare che quando aveva affermato che lo scopo dell’intervento militare era da ritenersi come “destroy the business model”, cioè distruggere il modello operativo dei trafficanti, e non distruggere con i bombardamenti. La Russia, dopo “lo scherzo” che portò all’aggressione militare contro la Libia di Gheddafi nel 2011 (formalmente per la “protezione dei civili libici”) questa volta sembra essere molto attenta alle parole e ai loro possibili doppi significati.
Secondo le notizie raccolte da La Stampa “Il comando italiano viene dato per scontato” ma sono pronte a partecipare all’operazione anche Gran Bretagna, Francia, Spagna e Malta. Altra questione fondamentale, ma che sta finendo sempre più sullo sfondo e sempre più come pretesto per l’intervento militare, è il trattamento dei migranti che verranno fermati. Secondo le leggi internazionali non potranno essere rimandati indietro.
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