Dopo le storiche amministrative dello scorso 24 maggio, che hanno prodotto un vero e proprio terremoto politico, sono iniziate nei municipi e nelle regioni dove si è votato le trattative per la formazione dei governi locali, fra cui quelli di Madrid e Barcellona.
Dopo la clamorosa sconfitta del Partido Popular, all’interno della formazione di governo – arrivata comunque in testa con più del 27% dei voti a livello statale – si è aperta la caccia alla leadership con le seconde file che tentano di sfruttare il crollo elettorale per rimpiazzare l’attuale segreteria in nome di un necessario ricambio politico e generazionale. In alcune realtà il PP ha anche offerto il proprio sostegno a governi con i socialisti e la nuova destra liberista di Ciutadanos, anche se nella maggior parte dei casi ha per ora ottenuto un ‘no’ come risposta.
Ma è sull’altro fronte che si concentra l’attenzione dei media, degli analisti e della classe politica. Le liste civiche formate localmente da Podemos, dai partiti di sinistra e centrosinistra e da altre formazioni locali sono spesso arrivate in testa nelle amministrative ma senza conquistare la maggioranza assoluta e dovranno quindi trovare degli alleati se vorranno governare. E quindi rientra in campo quel Partito Socialista attaccato in campagna elettorale come ‘parte della casta’ e accondiscendente nei confronti delle politiche di austerità del PP e della troika ma che ora viene in qualche modo considerato indispensabile per estromettere la destra dal potere. Un problema non da poco per Podemos, la cui leadership in queste ore alterna dichiarazioni contrastanti miranti a sondare il terreno per la formazione di possibili alleanze nelle città e nelle comunità autonome.
Di fatto Podemos si è già detto favorevole ad accordi con il Psoe, ma il problema ora sta nel raggiungimento di un compromesso con i ras locali del partito che fu di Gonzalez e di Zapatero – e che ha mantenuto un 25% dei voti a livello statale nonostante un piccolo ridimensionamento – che non faccia perdere la faccia alla nuova formazione politica di Pablo Iglesias, che insiste su una maggiore trasparenza delle amministrazioni, sullo stop ad alcune politiche di austerità e ai tagli.
Pubblicamente Pablo Iglesias ha escluso la formazione di governi con i socialisti e sembra più incline ad un eventuale appoggio esterno che permetta al Psoe di governare. Ma nella realtà è probabile che in alcuni casi Podemos debba sporcarsi le mani partecipando direttamente alle amministrazioni. E in alcuni casi la partita si fa ancora più difficile, perché il Psoe se vuole governare non dovrà rivolgersi solo a formazioni locali di centrosinistra o ecologiste, ma anche al partito di Albert Rivera – Ciutadanos – che a parte qualche critica formale all’austerity e qualche richiamo al messaggio ‘anticasta’ condivide le politiche liberiste e il sostegno alla linea rigorista della Troika.
Rispetto al passato, comunque, Podemos ha lanciato un primo esplicito segnale di sdoganamento dei socialisti, quando Pablo Iglesias ha affermato ieri che alcuni dirigenti del Psoe si vergognano ormai dell’operato del proprio partito apprezzando il fatto che essi manifestino “interesse per la lotta alla corruzione”. Iglesias ha assicurato che i canali di comunicazione con i socialisti sono migliorati, perché prima “Pedro Sanchez (il segretario del Psoe, ndr) non ci chiamava e ora si”. Ieri Iglesias e Sanchez hanno avuto un colloquio telefonico di un quarto d’ora durante il quale i due segretari hanno valutato la situazione senza escludere eventuali scenari di collaborazione.
Bisognerà aspettare la riunione con la direzione statale di Podemos e i candidati nelle 13 comunità autonome previste oggi e domani per sapere cosa deciderà il partito di Iglesias, ma sta di fatto che la formazione si è detta disponibile ad appoggiare amministrazioni a guida socialista nel caso in cui “rinuncino alle politiche di tagli e implementino la lotta per la trasparenza e contro la corruzione”. Una possibilità più che remota, impossibile, ma un’apertura da parte di Podemos che lascia al partito ampio margine di manovra. A cinque mesi dalle elezioni politiche generali e a 4 da quelle catalane, Podemos non vuole rischiare di trasformarsi in un partito di governo ma al tempo stesso non vuole sprecare l’opportunità di incidere a livello locale sulle amministrazioni che nasceranno dal voto di domenica scorsa. Il sostegno – bisognerà vedere in quale forma – al Psoe potrebbe permettere a quest’ultimo di governare in Castilla-La Mancha, Valencia, Extremadura e Asturie.
Il Psoe, che preferirebbe di gran lunga un coinvolgimento diretto di Podemos nei governi locali potrebbe garantire un sostegno esterno alla lista Ahora Madrid – al cui interno ci sono i candidati di Iglesias – e alla sua candidata a sindaco Manuela Carmena ma non un ingresso nel governo municipale. Il Psoe ha comunque già risposto ‘un categorico no’ ad Esperanza Aguirre, ex presidente della regione e candidata a sindaco della capitale per il Pp – arrivata in testa ma senza la maggioranza sufficiente per governare da sola – che aveva chiesto ai socialisti di sostenerla con l’obiettivo di estromettere Podemos. Stando all’ex giudice, capolista della lista civica tra Podemos e sinistre, nel governo della capitale iberica potrebbero comunque essere coinvolti anche i liberisti di Ciutadanos che, a detta della candidata sindaca, “propongono cose interessanti su molte questioni”. Il segretario di Ciutadanos di Madrid si è detto disponibile, da parte sua, ad una eventuale collaborazione con Podemos e socialisti.
Intanto Iglesias ha già aperto la strada ad una possibile eccezione: in Aragona, dove la lista appoggiata da Podemos è risultata la seconda più votata con un margine ristretto rispetto ai socialisti, potrebbe chiedere la presidenza della regione.
Sono invece ancora in alto mare i negoziati per la formazione di un governo nel municipio di Barcellona: dopo aver affermato all’indomani del voto di voler fare opposizione il sindaco uscente Xavier Trias – espressione dei regionalisti di centrodestra di CiU – ha rilanciato la proposta di un patto fra conservatori e nazionalisti catalani pur di impedire la nomina di Ada Colau, leader di Barcelona en Comù. Ma gli indipendentisti socialdemocratici di Erc hanno tuttavia escluso qualsiasi ipotesi di un accordo “contro natura” con il Pp o Ciudadanos, e in un colloquio con Ada Colau il precedente sindaco Trias avrebbe ammesso che l’idea gli era stata proposta dal Pp su richiesta “dei poteri economici della città”.
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