Il dialogo tra sordi continua, ma ogni giorno dimostra che la sordità aumenta. Due giorni fa, dopo l’intervento infuocato di Tsipras al Parlamento di Atene (“le proposte dei creditori sono irricevibili”), i giornali filo-troika riportavano che il presidente della Ue, Jean-Claude Juncker, si negava al telefono se a chiamare erano i greci. Doveva essere il segnale che “la pazienza è finita” e i leade di Syriza possono solo accettare la resa.
Oggi su un importante quotidiano tedesco come Der Spiegel, proprio nel giorno del suo nuovo incontro con Wolfgang Schauble, il ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis, si è fatto precedere da un’intervista altrettanto urticante: “la Grecia non firmerà alcun accordo senza una ristrutturazione del debito”. Ovvero un taglio sostanzioso che lo renda anche pagabile.
Di più: ”Una proposta simile – le condizioni avanzate dalle tre “istituzioni” internazionali, ndr – si fa solo se in realtà non si vuole un accordo”. In pratica un rovesciamento di quanto dicono ai media “i creditori”, a proposito della inaffidabilità del nuovo governo greco. L’accusa alla delegazione della Troika è di aver ”ritirato tutte le proposte di avvicinamento trattate nei mesi scorsi”, con il sostegno della cancelleria tedesca Angela Merkel. E ora sono tornati a chiedere quel che chiedevano all’inizio delle trattative. “E’ tempo che smettiamo di accusarci reciprocamente ed è tempo che facciamo il nostro lavoro per arrivare a un accordo”.
In un’altra intervista al Tagesspiegel, Varoufakis ha lasciato intendere che il suo governo è pronto ad adottare una moneta diversa, se la situazione dovesse degenerare. ”Non vogliamo un altro euro a uso interno per lo Stato greco. Ma proponiamo che i debiti con le tre istituzioni della troika vengano ristrutturati”. Non vogliamo, ma se ci costringete…
Nelle stesse ore il presidente francese, Francois Hollande, ha ammesso che I creditori potrebbero fare “proposte alternative” alla Grecia rispetto a quella discussa la scorsa settimana. Ma il termine ultimo per il negoziato è fine giugno.
In confronti come questo, l’indurimento delle posizioni può anche preludere a un accordo, ma non c’è dubbio che l’inasprimento dei toni renda spesso difficile per ciascuno dei contendenti fare “un passo indietro”.
Intanto un sondaggio di due giorni fa assegna a Syriza, se si dovesse andare al voto oggi, addirittura il 45% dei voti. E il 5,5, ai comunisti del Kke. E meno male che i media italiani ci spiegavano che il popolo greco voleva solo “restare nell’euro”…
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