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Libia, due governi più l’Isis. Soluzione lontana

Brutte notizie per chi all’interno dell’Unione Europea sperava in una almeno parziale ricomposizione del quadro libico che permetta un intervento soft di Bruxelles per ristabilire il controllo della situazione sulla sponda sud del Mediterraneo.

Ieri l’inviato Onu per la Libia, Ber­nar­dino Leon, ha ricevuto un secco no dai due governi che si contendono il controllo su una parte del paese, mentre il resto è terra di conquista per milizie locali, bande jihadiste e tribù. L’atteso incontro tra i parlamenti di Tobruk (appoggiato dall’Occidente, dall’Egitto e dalle petromonarchie) e quello di Tripoli (sostenuto invece da Turchia e Qatar) che avrebbe dovuto tenersi a Berlino per spianare la strada alla formazione di un governo di ‘unità nazionale’ è saltata, chiarendo che la ricomposizione a cui sta lavorando l’Onu non è all’ordine del giorno. Nella bozza inviata lunedì alle diverse fazioni Leon proponeva un esecutivo unitario della durata di un anno, con un Con­si­glio dei Mini­stri gui­dato da un pre­mier e due vice in modo da rappresentare le varie parti attualmente in conflitto, la creazione di una sola Camera dei Rap­pre­santi con potere legi­sla­tivo e la crea­zione di un Alto Con­si­glio di Stato con poteri con­sul­tivi sia sul piano ese­cu­tivo che legislativo. La bozza di intesa prevedeva naturalmente anche un immediato cessate il fuoco, lo scioglimento delle milizie (ce ne sono almeno un migliaio nel paese) e la formazione di un esercito unico.
I Fratelli Musulmani libici – il partito islamista Giustizia e Costruzione (una specie di clone dell’Akp turco) – che sostengono il governo di Tripoli avevano accolto con favore la proposta dell’inviato speciale dell’Onu. Ma il giudizio del governo islamista non è stato altrettanto entusiasta
Poi è arrivato il secco e definitivo no dell’esecutivo di Tobruk che ha teoricamente bloccato la partenza dei propri emissari per Berlino (anche se sembra che alcuni abbiano comunque già raggiunto al capitale tedesca). Per la fazione filoccidentale la bozza di Leon consegnerebbe troppo potere a quelli di Tripoli. La proposta uscita dal quinto round di negoziati realizzati in Marocco sotto la mediazione delle Nazioni unite non piace in Cirenaica perché va contro l’esercito di cui Haftar è comandante generale, perché penalizza la propria Camera dei deputati favorendo il congresso generale nazionale (Gnc) di Tripoli e perché enfatizza troppo il ruolo di un istituendo “Consiglio superiore”. 
Questo mentre le bande dello Stato Islamico continuano ad avanzare ad est. Dopo la conquista di Derna prima e di Sirte poi, i jihadisti hanno occu­pato nel corso del fine settimana anche la città di Harwa, e poi ieri si sono impossessati di una strategica centrale elettrica nei pressi di Sirte che rifor­ni­sce diverse località del cen­tro e dell’ovest del paese. In un messaggio lo “Stato islamico” afferma che “i soldati del califfato hanno preso d’assalto la centrale a vapore che gli atei di Fajr Libya”, come si fanno chiamare le milizie islamiche al potere a Tripoli, “occupano all’ovest di Sirte. Con tutte le nostre armi, la centrale è controllata su tutte le direttrici grazie a Dio e alla sua potenza”.

Ai governi italiano e francese che smaniano per ottenere dall’Ue – e possibilmente dalle Nazioni Unite – l’ok definitivo ad un intervento militare già deciso dalle strutture di comando di Bruxelles (anche se Renzi ha chiesto anche agli Usa di intervenire a Tripoli estendendo l’operazione internazionale già in corso in Medio Oriente), si è aggiunto anche l’esecutivo  di Madrid dopo che sabato il ministro della Difesa spagnolo si è detto disponibile ad azioni che contrastino la presenza dell’Is in Libia. “Siamo andati in Afghanistan per impedire a tutti loro di arrivare qui, siamo in Iraq, Mali o Somalia con lo stesso obiettivo. Ora li abbiamo vicino. Qualcosa potrebbe dover essere fatto”, ha dichiarato al quotidiano El Pais l’esponente del PP, Pedro Morenes, facendo finta che l’occupazione occidentale di Kabul abbia eliminato la guerra per bande in Afghanistan e il radicamento dell’estremismo islamico nel paese asiatico. “Ho chiesto a Federica Mogherini (capo della diplomazia Ue) a Singapore lo scorso fine settimana e lei ha detto: ‘Sembra incredibile che ci siano ancora nazioni che sono contrarie (a un intervento). Pensate alla Siria. Per quattro anni li abbiamo visti massacrarsi mentre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è bloccato dai veti. Questo è il mondo in cui viviamo”, ha aggiunto il responsabile della diplomazia spagnola.

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