La Borsa di Atene ha reagito con euforia a quello che sembra il probabile raggiungimento di un accordo tra l’esecutivo greco e le cosiddette ‘istituzioni’, come è stata ribattezzata la Troika dopo la formazione del governo Tsipras. L’altro ieri Atene ha guadagnato addirittura il 9%, e ieri un altro 6%. A spiccare sono state le banche, con Alpha che ha recuperato addirittura un 20% e la National Bank of Greece i cui titoli sono andati su del 13.
Ma dentro Syriza, il partito della sinistra greca vincitore delle elezioni del 25 gennaio scorso, l’entusiasmo appartiene solo agli ambienti vicini alla segreteria, mentre tutta la sinistra interna e anche pezzi consistenti della maggioranza congressuale sono sul piede di guerra e non nascondono più le proprie critiche all’operato del primo ministro. Critiche di merito, perché la proposta di Tsipras e Varoufakis alla Troika sarebbe qualcosa di molto vicino ad una capitolazione alle richieste dei creditori che il partito si era impegnato, in campagna elettorale e dopo, a rintuzzare. Ma anche di metodo, perché l’ex segretario e attuale leader del governo viene accusato di aver escluso dalle decisioni il suo partito, operando a stretto contatto con un ristretto entourage di collaboratori a lui fedeli ma senza coinvolgere gli organi dirigenti di Syriza e tantomeno i militanti in scelte sempre meno condivise da larghi settori della sinistra.
A scatenare le dure e immediate reazioni di alcuni deputati di Syriza –una cinquantina, per lo più appartenenti alla cosiddetta ‘Piattaforma di Sinistra’ guidata dal ministro per l’Ambiente e per l’Energia Panayotis Lafazanis e alla piccola ‘Tendenza Comunista’, ma anche quelli provenienti dall’Organizzazione Comunista di Grecia (Koe) e da altri settori finora interni alla maggioranza – sono state alcune delle concessioni inserite nel pacchetto sottoscritto dal premier Alexis Tsipras, in particolare quelle che riguardano l’aumento dei prelievi fiscali destinati alla previdenza sociale e l’aumento delle aliquote Iva per quasi tutti i beni di consumo, farmaci e libri esclusi, che si spalmeranno indistintamente su tutta la popolazione colpendo in maniera indiscriminata anche le fasce più deboli.
Per non parlare della parziale capitolazione sull’avanzo primario che sottrae importanti risorse agli investimenti sociali per destinarle al pagamento di un debito che il partito si era impegnato a denunciare. Altre parti dell’accordo che non piacciono alla sinistra del partito sono quelle riguardanti gli interventi sulle pensioni: non un taglio degli assegni come chiesto dalla Troika ma un aumento dei contributi previdenziali del 3.9% e una cancellazione dei pensionamenti anticipati a cui hanno diritto i dipendenti di alcuni comparti. Inoltre la bozza di intesa prevede anche un aumento dei contributi sanitari a carico sia delle imprese che dei lavoratori.
Anche le misure che mirano alla tassazione dei grandi capitale e dei profitti delle imprese – sicuramente apprezzabili e in controtendenza rispetto all’impunità fiscale garantita ai ceti più alti in passato – avranno un’efficacia scarsa o nulla vista la mancanza di meccanismi di controllo e contrasto alla fuga dei capitali e all’evasione fiscale.
Inoltre, come ha dovuto ammettere il ministro dell’Economia di Atene Yorgos Stathakis “non ci sarà alcun accordo con i creditori per ridurre il forte carico del debito greco” anche se forse nel comunicato finale dei capi di Stato e di governo potrebbe esserci un accenno alla necessità di discutere, prima o poi, la questione della riduzione del debito.
E ciò che preoccupa i settori critici è che la controparte – Fmi, Commissione e Banca Centrale Europea – si sono detti ancora non completamente soddisfatti dei ‘passi in avanti’ di Tsipras, il che potrebbe voler dire che la Troika esigerà un ulteriore cedimento di Atene prima di dire il suo ‘si’ definitivo.
Una delle prime bordate “di avvertimento” è arrivata proprio dal vice presidente del Parlamento e deputato di Syriza Alexis Mitropoulos, il quale ha detto senza termini di dubitare che tali misure “estreme e antisociali” possano essere approvate dalla Camera. Kostas Lapavitsas, uno degli esponenti di punta dell’area marxista del partito, ha apertamente minacciato che i parlamentari più radicali non voteranno queste misure.
Un altro parlamentare di Syriza, Yannis Michelogiannakis, ha detto da parte sua che un accordo con i creditori sulla base dell’ultima proposta del governo sarebbe “catastrofico per la Grecia” e ha sostenuto che una tale intesa non farà che aggravare la miseria sociale alla quale il suo partito aveva promesso di porre fine. Michelogiannakis ha quindi fatto appello a Tsipras affinché rifiuti tale accordo, in particolare se non sarà accompagnato da una ristrutturazione del debito e da un piano di investimenti per sostenere la crescita dell’economia. Il portavoce di Syriza alla Camera, Nikos Filis, si è detto fiducioso che la coalizione di governo resterà fedele alle ‘linee rosse’ che ha tracciato all’inizio del mandato. “L’accordo sarà valutato, discusso e approvato dal Parlamento con l’appoggio di Syriza e, credo, di Greci Indipendenti”, ha concluso.
Ma a sparare contro Tsipras è stato pure il ministro della Difesa e leader di Greci Indipendenti (Anel, il partito di destra alleato di governo di Syriza) Panos Kammenos, il quale ha dichiarato che non accetterà mai l’abolizione delle aliquote Iva scontate sulle isole sostenendo che il mantenimento delle agevolazioni per questi territori è stato uno degli impegni presi con gli elettori dal suo partito e dal quale non intende recedere. La destra populista inoltre si oppone anche al progetto di ridurre di circa 200 milioni di euro – non certo una cifra enorme – le spese militari. Qualora l’intesa con i creditori non dovesse passare, ha detto il deputato di Anel Dimitris Papadimoulis, Tsipras “dovrà prendere iniziative politiche”, una chiara allusione alla convocazione di elezioni anticipate.
Nell’emiciclo Tsipras può contare sull’appoggio finora di 162 deputati sui 300 totali, ma se il partito dovesse spaccarsi sull’approvazione del nuovo memorandum – prestiti da parte della Troika in cambio di nuove misure di austerity per un totale di circa 8 miliardi di euro tra 2015 e 2016 – alcune decine di parlamentari critici espressione della sinistra del partito potrebbero far mancare il loro sostegno al governo, che a quel punto perderebbe la maggioranza. Tsipras potrebbe quindi dover ricorrere al sostegno dei deputati di forze esterne alla maggioranza, come i centristi di To Potami e i socialisti del Pasok, ma di fatto sancendo un cambiamento di maggioranza e una frattura con le aree più radicali del suo partito. Uno scenario alternativo, ha affermato ieri il portavoce del governo Gabriel Sakellaridis, potrebbe essere lo scioglimento del Parlamento e l’indizione di elezioni anticipate. Tsipras gode tuttora di un forte sostegno nel paese spesso di tipo personale, che prescinde il sostegno al suo partito, e potrebbe quindi chiedere una riconferma nelle urne una volta liberatosi dei settori critici di Syriza. Ma certo delle eventuali elezioni anticipate interromperebbero le trattative con Bruxelles e l’Fmi e bloccherebbero il prestito in un momento in cui Atene ha le casse vuote.
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