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Romania, il governo taglia l’Iva e la Troika s’infuria

La Commissione europea ha bocciato la riforma del codice fiscale romeno, polemizzando in particolare contro la riduzione dell’Iva dal 24% al 19% fortemente voluto dal premier Victor Ponta, nonostante le critiche mosse dal Fondo Monetario Internazionale e da Bruxelles. Nonostante il no della Troika, il taglio consistente dell’imposta sui consumi è stato approvato mercoledì dalla Camera ed entrerà in vigore da gannaio 2016. Il ministro delle Finanze romeno Eugen Teodorovici ha spiegato che della questione se ne riparlerà all’Ecofin in programma il 14 luglio.

Il ministro, che ha cercato di rassicurare i partner europei sulla tenuta dell’economia romena, ha aggiunto che il Fmi non effettuerà la sua visita periodica di valutazione in Romania il mese prossimo “perché si avvarrà della missione tecnica di esperti della Commissione che sarà a Bucarest la settimana prossima”.

Secondo il ministro il deficit di bilancio potrebbe calare comunque dal 2,9 al 2,5% nel 2016 nonostante il taglio dell’Iva, mentre per Commissione e Fmi c’è il rischio che si avvicini troppo al 3%. L’impatto della manovra decisa dal governo seguendo su altri versanti gli ordini della Troika sarà di 12 miliardi di leu, circa 2,6 miliardi di euro. Il governo ha garantito che il buco sarà coperto grazie alla crescita dei consumi e alla creazione di 145mila posti di lavoro.

La versione iniziale del piano di Bucarest era di ridurre l’Iva al 20% dall’attuale 24%. La Commissione europea, il Fmi e la Banca centrale romena hanno duramente criticato la decisione del governo Ponta che potrebbe portare, secondo la Troika, a un grosso aumento del deficit di bilancio nel Paese uscito dalla recessione grazie a un piano di “salvataggio internazionale” da 20 miliardi firmato nel 2009. Bucarest ha concluso un nuovo accordo nel 2013 per due anni per una linea di credito da 4 miliardi da usare in caso di necessità e si era impegnata a portare a termine le riforme chieste dalle istituzioni internazionali. Ma ora, per non finire come la Grecia, il governo Ponta sta cominciando a dire alcuni no.

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