Se sul fronte interno il governo ellenico ha tradito molte delle aspettative legate alla promessa di opporre un secco ‘no’ alle nuove imposizioni da parte dell’Unione Europea e del Fmi – ma d’altronde la gabbia autoimposta della permanenza nell’Eurozona a qualsiasi costo non rendeva disponibili altre strade se non la capitolazione – anche sul piano delle relazioni internazionali l’alleanza tra Syriza e Anel sta suscitando scontento e polemiche nella sinistra ellenica e all’interno dei movimenti sociali e popolari.
La pietra principale dello scandalo – di cui la stampa italiana si è occupata assai poco, forse per non intaccare ulteriormente l’immagine già assai opaca del quarantenne leader di Syriza – è stata la firma alcuni giorni fa di un patto militare tra Grecia e Israele che ha eguali solo in analoghi trattati firmati dagli Stati Uniti.
Se la sinistra ellenica, comprese le correnti più moderate di Syriza, hanno da sempre criticato le politiche di apartheid e militariste di Israele polemizzando contro i programmi di cooperazione realizzati dai precedenti governi di Atene con Tel Aviv, nelle ultime settimane il ministro della Difesa del governo Tsipras, Panos Kammenos, è volato dall’altra parte del Mediterraneo per firmare con il suo omologo Moshé Yaalon un gravissimo accordo militare. Fino ad ora – in una Grecia scioccata dalle nuove misure di austerity accettate dal governo all’ultimo eurogruppo di Bruxelles – l’”Accordo sullo status delle forze” (Sofa) non ha avuto molta eco, nonostante stabilisca la possibilità per il «personale militare di ciascuno dei due paesi di recarsi e risiedere nell’altro per partecipare a esercitazioni e attività di cooperazione», l’avvio di una “cooperazione nel campo dell’industria militare” e “della sicurezza marittima”, a partire dai consistenti giacimenti di gas scoperti recentemente nel mare di Cipro e che avevano negli anni scorsi già portato il governo della parte ellenica dell’isola ad un repentino avvicinamento a Tel Aviv. Il capo della marina militare greca, il vice-ammiraglio Evangelos Apostolakis, ha già firmato con la controparte israeliana un accordo di cooperazione su non meglio precisati «servizi idrografici» legati sicuramente allo sfruttamento dei giacimenti di cui sopra. Quasi a suggellare il patto, recentemente le forze militari greche – insieme a quelle italiane – hanno realizzato delle esercitazioni militari con l’aviazione israeliana. Nel mese di aprile e maggio infatti alcuni caccia F16 israeliani hanno realizzato delle esercitazioni con l’aviazione militare ellenica utilizzando delle basi situate sul suolo greco. Un episodio senza precedenti e che la stampa locale anche in questo caso – al contrario di quella israeliana – ha ampiamente evitato di menzionare.
La cooperazione tra i due paesi avrà evidentemente dei costi, fanno notare gli analisti, che andranno ad aggiungersi ad una spesa militare greca già eccessiva e stridente con le disastrate condizioni delle casse di uno Stato in cui una parte crescente della popolazione vive in condizioni di penuria.
Come ricorda questa mattina su “Il Manifesto” Manlio Dinucci, “Facendo eco a Ya’alon che ha denunciato l’Iran quale «generatore di terrorismo, la cui ambizione egemonica mina la stabilità di altri Stati», Kammenos ha dichiarato: «Anche la Grecia è nel raggio dei missili iraniani; se uno solo riesce a raggiungere il Mediterraneo, potrebbe essere la fine degli Stati di questa regione»”.
Il viaggio di Kammenos in Israele è stato accompagnato da dichiarazioni e convenevoli che stridono non poco con le aspirazioni ad una politica estera greca in discontinuità con i governi di destra. “Ringraziamo per la cooperazione di sicurezza che si traduce nella formazione dei nostri soldati e ufficiali sul territorio greco. I nostri Stati condividono interessi comuni, dovendo affrontare le conseguenze dell’accordo firmato la scorsa settimana tra le grandi potenze e l’Iran”, ha detto Yaalon. Il fondatore dei Greci Indipendenti ha invece dichiarato: “il popolo greco è molto vicino al popolo israeliano: riguardo alla nostra cooperazione militare le nostre relazioni sono eccellenti, continuiamo a mantenere la formazione congiunta”.
Un allineamento alla propaganda atlantista e sionista che non può essere certo attribuito ad una iniziativa personale del leader dei nazionalisti di destra, pure da sempre assai inclini a una collaborazione ancora più stretta con Israele, oltre che con gli Stati Uniti alla quale l’esecutivo avrebbe promesso – ma non sembra si sia arrivati ancora a niente di certo – una nuova base nel Mediterraneo per le navi e i caccia statunitensi, da aggiungere a quella di Suda che la popolazione di Creta da decenni cerca di espellere dall’isola a sud di Atene.
Se all’allineamento totale di Atene a Tel Aviv e a Washington si aggiunge anche lo scarsissimo impegno profuso dalla diplomazia ellenica contro le sanzioni europee alla Russia e l’ospitalità concessa a decine di neonazisti ucraini della Guardia Nazionale che Atene ha permesso che potessero curarsi gratuitamente negli ospedali greci – quegli stessi sempre più impossibili da frequentare per milioni di greci caduti in povertà – il quadro della politica estera del governo ellenico scaturito dalle elezioni del 25 gennaio sembra assai fosco.
Ci si può stupire che finora né Mosca né Pechino abbiano fornito ad Atene la sponda necessaria a contrastare le imposizioni dell’eurocrazia di Bruxelles?
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