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Ucraina: i miliziani si vendono le armi al mercato nero…

Giunge oggi a destinazione nel Donbass la 39° colonna di un centinaio di TIR carichi di oltre 1.200 tonnellate di aiuti – essenzialmente prodotti alimentari e medicinali – per le popolazioni del Donbass. Raggiungono così le 46mila tonnellate gli aiuti umanitari forniti dalla Russia, a partire dall’agosto del 2014, alle Repubbliche popolari di Donetsk e di Lugansk, martoriate da un anno e mezzo di attacchi da parte dell’esercito di Kiev e dei battaglioni neonazisti ucraini, oltre che di assedio economico. Che la situazione si sia relativamente stabilizzata, dopo il pericoloso riacutizzarsi della tensione che, ancora in agosto, aveva fatto temere una forte offensiva ucraina, sembra testimoniarlo il rientro negli ultimi mesi, nella Repubblica di Donetsk, di oltre mezzo milione di profughi. La notizia è stata data dal Ministro degli esteri della DNR, Aleksandr Kofman. Intervistato dalle Izvestija, Kofman ha detto che la maggior parte dei profughi che stanno facendo ritorno, provengono dall’Ucraina, dato che là le condizioni di vita degli esuli dal Donbass sono sempre più difficili. Kofman fa però appello anche a quelle centinaia di migliaia di profughi riparati in Russia, affinché “rientrino in patria, nella DNR, per contribuire a risollevare lo stato”. Secondo i dati ufficiali, due anni fa nella DNR vivevano 3 milioni di persone; a fine 2014 la popolazione si era ridotta quasi della metà. Oggi si contano 2,3 milioni di cittadini; i rimanenti sono tuttora in Russia.

 

E dunque, se le prospettive, al momento, sono quelle quantomeno di un “cessate il fuoco armato”, come possono sbarcare il lunario alcune centinaia di “volontari” dei battaglioni neonazisti, che non hanno più da terrorizzare la popolazione, più niente da estorcere ai civili inermi, con abitazioni che pian piano si riempiono di persone e che quindi non possono più essere spogliate dei beni? Cosa rimane in mano a quei reparti dei battaglioni che non sono stati inquadrati nella Guardia nazionale, né hanno la prospettiva, di cui ha parlato il capo di Pravyj sektor, Dmitrij Jaroš, di formare reparti d’élite dell’esercito? Niente; a loro non rimane niente, all’infuori delle armi accumulate in un anno e mezzo di guerra. Dunque, se non rimane altro, si vendano le armi! Pochi hanno ancora il coraggio di vendere elicotteri da combattimento Mi-24P, come seppero fare quei furboni della Guardia nazionale qualche tempo fa. Ma, 500 $ per una pistola; 10 miseri $ per una granata; 300 $ per un Kalašnikov, come dicono a Roma, “se po’ fà”. E, però, bastano appena per qualche cena con i camerati. Si vendano allora i mezzi blindati forniti generosamente da USA, Canada o Polonia: è sufficiente poi denunciarne la perdita in battaglia! Ma se le battaglie, come attualmente accade, scarseggiano? Qualche deputato della Rada può sempre comprare a prezzo di ricettazione la jeep blindata per andare a rafforzare il blocco della Crimea. Poi, qualcuno nota che la targa è quella dello stesso blindato la cui perdita in azione era stata denunciata dal battaglione “Dnepr-1”… Il buffo è che, per lo più, tali commerci tra gentiluomini si fanno nella regione di Odessa, a capo della quale sta quel Mikhail Saakašvili messo lì apposta da Porošenko per lottare contro la corruzione! E se reduci dei battaglioni “Ajdar”, “Azov” o Tornado” si danno alle rapine e ingaggiano scontri con la polizia, ecco che spuntano i mitra trafugati dalle zone di operazioni. Nessuna meraviglia dunque che, secondo i dati ufficiali, il numero di reati gravi sia cresciuto in Ucraina di 7 volte: le armi si vendono a prezzi stracciati.

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