Ormai è caccia aperta al giornalista, e i militanti del partito islamista e liberista, l’Akp di Erdogan e Davutoglu, non si preoccupano più neanche tanto di celare le proprie responsabilità, in nome del vecchio ma sempre attuale adagio “Colpirne uno per educarne cento”.
Due dei sospetti arrestati per l’aggressione dell’editorialista del quotidiano Hurriyet, Ahmet Hakam, sono infatti membri del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo. Si tratta di Ugur Adiyaman, guardia giurata di 29 anni, con precedenti per droga, minacce e frode ed iscritto all’Akp dal 12 ottobre 2010. Il secondo “presunto” assalitore è Fuat Elmas, anch’egli 29enne, diventato membro del partito islamista e turboliberista il 19 giugno del 2007. I due hanno chiesto una mano, per dare una lezione al giornalista troppo critico nei confronti del regime, anche a Kamuran Ergin e ad Ahmet Güler, sui quali per ora non sono stati diffusi dettagli sull’eventuale affiliazione politica. Tre di loro sono stati arrestati subito dopo l’aggressione, il quarto è stato invece catturato la mattina seguente.
I quattro hanno organizzato un vero e proprio agguato nonostante la presenza di una guardia del corpo (privata, visto che nonostante le minacce il Ministero degli Interni non si è neanche degnato di rispondere alle richieste di protezione del giornalista): la notte tra mercoledì e giovedì hanno aspettato sotto casa Hakan che rincasava dopo aver partecipato ad un programma televisivo di approfondimento su Cnn Turk, e intorno a mezzanotte lo hanno pestato a sangue, causandogli la frattura del naso e di alcune costole, oltre a varie ecchimosi. I quattro picchiatori hanno pure ammesso il pestaggio, ma derubricando il tutto al risultato di una ‘lite’ scoppiata casualmente per ‘problemi di traffico’ (!).
L’editorialista del noto e diffuso quotidiano vicino all’opposizione repubblicana aveva più volte ricevuto minacce dirette, che però non lo avevano intimidito più di tanto, mentre la sede del giornale a Istanbul lo scorso 6 settembre, e poi ancora due giorni dopo, era stata assediata e fatta oggetto di lanci di pietre e atti vandalici da una banda di manifestanti guidati da esponenti di punta del partito del ‘sultano’. Tra questi spiccava il giovane e rampante deputato dell’Akp Abrurrahim Boynukalin, che incitava i facinorosi a colpire duro “i nemici della Turchia e dell’Islam”. Lo stesso Boynukalin appare in un video, ripreso mentre rivolge minacce dirette ad Hakan e al direttore del giornale Ergin, accusati di essere sostenitori della guerriglia curda del Pkk, vista la loro posizione (moderatamente) contraria alla feroce campagna militare che il governo sta conducendo da luglio contro i curdi e che ha causato migliaia di morti.
Nei giorni degli attacchi alla sede di Hurriyet, aveva fatto molto discutere anche un intervento di Cem Kucuk, giornalista di Star, quotidiano vicino all’Akp: “Ahmet Hakan è uno schizofrenico e un ladro filo-PKK” – aveva scritto Kucuk – “Pensa di vivere ancora ai vecchi tempi. Se volessimo, saremmo in grado di schiacciarlo come un moscerino. Se è ancora vivo, è solo perché abbiamo pietà di lui.”
Di fronte a una rivendicazione così plateale le prese di distanza e le condanne da parte del premier Ahmet Davutoglu suonano come una cinica sceneggiata.
“Questi attacchi non ci intimidiranno. Non siamo spaventati. Continueremo a camminare sul percorso che sappiamo essere quello giusto”, ha dichiarato Hakan in un messaggio inviato dall’ospedale in cui è ricoverato e che è stato reso pubblico dal direttore del quotidiano preso di mira, Sedat Ergin. Ma il clima in Turchia si fa sempre più fosco e anche quei pochi spazi di tolleranza finora garantiti dal regime nei confronti delle voci di opposizione sembrano chiudersi in vista delle elezioni anticipate convocate per il prossimo 1° Novembre, nelle quali l’Akp spera di riconquistare la maggioranza assoluta dei seggi persa in quelle del 7 giugno. Nel giugno scorso, Can Dundar, altra influente firma del giornalismo turco, è finito sotto processo e rischia addirittura due ergastoli, richiesti dal Recep Tayyip Erdogan in persona.
L’escalation contro i giornalisti vicini all’opposizione laica o agli ambienti islamisti guidati dal predicatore/imprenditore Fethullah Gulen hanno scatenato qualche moderata e insufficiente reazione da parte delle associazioni internazionali per la tutela della libertà di stampa e di qualche governo occidentale, che naturalmente però si guardano bene dall’operare pressioni concrete nei confronti di Ankara. Gli assalti alle sedi dei media e dei partiti curdi, il linciaggio di decine di militanti politici e semplici cittadini neanche quelle…
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