Dopo i primi raid dell’aviazione russa sulle posizioni delle varie milizie jihadiste in territorio siriano e in un’atmosfera che Iosif Stalin avrebbe definito “vertigine da successi”, il presidente dalla Cecenia – una delle repubbliche federate russe, insieme al Tatarstan, a forte maggioranza islamica – Ramzan Kadyrov, ha dichiarato di esser pronto a inviare a Damasco una brigata in appoggio alle forze di Bashar Assad. Ovviamente, con il consenso del Comandante in capo delle forze armate russe, Vladimir Putin.
“Lo dico non a caso”, ha dichiarato Kadyrov; “come musulmano, come ceceno, come patriota russo, dichiaro che nel 1999, quando la repubblica cadde nelle mani di questi demoni, noi giurammo sul Corano che per tutta la vita avremmo combattuto contro di essi, ovunque fossero. Noi li conosciamo; qui li abbiamo combattuti e distrutti. E loro conoscono noi. I terroristi non sanno ancora cosa sia la vera guerra, perché sinora hanno avuto a che fare solo coi bombardamenti e non hanno pratica di combattimenti”.
Questo, sul fronte musulmano. Su quello meno coinvolto, sia “spiritualmente” che materialmente, delle indagini sociali a campione, mentre alle voci che circolavano nei giorni scorsi a proposito di un possibile allargamento dei voli di guerra russi al territorio irakeno, il Ministro degli esteri russo rispondeva: “Siamo persone educate, non arriviamo se non siamo invitati”, il Centro Levada riporta i risultati di un sondaggio condotto prima dell’inizio dei bombardamenti aerei di Mosca. Allo scorso 21 settembre, appena il 15% di russi dichiarava di seguire attentamente gli avvenimenti siriani, mentre il 54% ne era al corrente solo per sommi capi. In ogni caso, il 36% si dice schierato con Assad, il 10% con l’opposizione e il 39% né con l’uno né con l’altra; ma il 46% afferma che in Siria sia in atto una guerra civile e il 32% che i terroristi, istigati dall’occidente, stiano conducendo una guerra sanguinaria contro il governo legittimo. Per il futuro, il 29% teme che nel conflitto si immischino gli USA, il 22% che la guerra civile continuerà e il 13% pensa che il governo riuscirà a mettere in scacco l’opposizione. Il 39% si dice sostanzialmente d’accordo con la politica russa verso la Siria; l’11% in gran parte contraria e il 33% indifferente. Riguardo gli obiettivi perseguiti da Mosca, il 30% ritiene che si stiano difendendo gli interessi russi in Medio Oriente, il 28% che si tenti di rafforzare le posizioni della Russia nel mondo e la sua indipendenza dall’Occidente; il 22% che si cerchi di ostacolare la diffusione dell’Isis e il 19% che si difenda l’ultimo dei regimi filo russi in Medio Oriente.
Poi, l’aviazione russa è intervenuta fattivamente. Quali sono gli aspetti maggiormente evidenziati dalle agenzie russe di informazione, rispetto alle ripercussioni internazionali della sua azione?
Già il 30 settembre RIA Novosti riportava l’opinione di esperti occidentali, secondo cui il veloce avvio dei bombardamenti sulle posizioni dell’Isis abbia, per un verso, colto di sorpresa il Pentagono e, per un altro, screditato la politica statunitense; in primo luogo perché Mosca, a differenza di Washington, agisce su richiesta ufficiale di Damasco; inoltre, i raid russi hanno evidenziato l’eccessivamente debole posizione USA nei confronti dell’Isis e il suo scarso interessamento alla distruzione delle organizzazioni terroristiche, che anzi si sono espanse. Di fronte alle reazioni occidentali ai primi raid russi ci si chiede come mai non ci sia mai stata alcuna risposta così isterica quando erano gli USA a bombardare l’Isis; ora, dappertutto ci si scopre difensori dei terroristi, chiedendo la fine degli attacchi aerei: “Si potrebbe pensare”, ha scritto qualche lettore su youtube, “che questi lamenti vengano da padri e madri dei combattenti Isis”. Altri, a proposito della reale efficacia dei raid USA, scrivono di diversi video da cui non si comprende se questi fossero stati portati sulle posizioni dell’Isis o su quelle dell’esercito siriano. RT stigmatizzava ieri come le immagini mostrate da alcune tv occidentali, di bambini feriti “in seguito ai bombardamenti russi”, portassero chiaramente l’indicazione di una data precedente all’inizio dei raid e come la “obiettività” di molte reti di informazione si riduca alla precisazione di “non essere in grado di confermare l’autenticità delle fonti”, addossando comunque la responsabilità su Mosca. RT sottolinea da un lato come si siano in larga parte ammorbiditi i toni occidentali nei confronti di Bashar Assad; dall’altro, riproduce le interviste della NBC a vari esponenti del governo USA, intenti a “dimostrare” come Mosca colpisca non l’Isis, ma i terroristi “moderati”, finanziati da Washington e soci. Vzgljad ironizza sul fatto di come alcuni alleati di Washington e anche “media russi proucraini” chiedano alla Russia di non bombardare i terroristi “buoni”, sponsorizzati da Turchia e petromonarchie, dimenticando che lo stesso Pentagono ha nel frattempo smentito le dichiarazioni sulle presunte vittime causate dai bombardamenti russi e ignorando le precise indicazioni fornite dal comando aereo russo su quali campi di addestramento, bunker, depositi di armi e comandi siano stati colpiti dai Su-34 e Su-25. Ma, se si criticano le minacce USA di “isolamento internazionale” di Mosca e i tentativi di spaventarla con possibili “attacchi sunniti” sul suo territorio, ecco che senza mascherare una buona dose del vecchio sano orgoglio sovietico, si riportano proprio dalla stampa USA le valutazioni sulla pericolosità dell’aviazione russa per l’Isis, in particolare del caccia multi funzione Su-30SM, del cacciabombardiere Su-34 e dell’apparecchio blindato d’attacco aria-terra Su-25SM, senza scordare il bombardiere Su-24.
Radio Sputnik si chiede retoricamente come mai i media occidentali abbiano abbandonato quasi subito l’iniziale oscillazione sulla giustezza dei raid russi e abbiano immediatamente optato per una nuova ondata di demonizzazione dei media russi, colpevoli, secondo loro, di sostenere il principale cattivo del Cremlino, Vladimir Putin. A proposito delle “vittime civili” delle bombe russe in Siria, scrive ancora Vzgljad, si ripete lo scenario delle cosiddette armi di distruzione di massa di Saddam Hussein oppure di quando, basandosi su “fonti” di Kiev, si accusava Mosca di aver invaso l’Ucraina a partire dalla Crimea, o quando si sosteneva che i morti bruciati vivi dai neonazisti a Odessa avessero compiuto un “suicidio collettivo” o si fossero gettati spontaneamente sulle pallottole di Pravyj sektor.
In relazione al tema ucraino, alcuni esperti di politica internazionale notano come ora gli USA, con l’argomento siriano, lascino in secondo piano il conflitto in Ucraina: basti guardare alla scarsa risonanza data ieri all’incontro parigino del “Quartetto normanno” tra Putin, Merkel, Hollande e Porošenko.
Tra i media di opposizione, non si perde l’occasione per farsi portavoce delle fonti occidentali e si parla di “ritorno di Vladimir Putin – un presagio triste per la Russia e l’Occidente”; oppure di come, con l’azione siriana, Mosca tenti di dimostrare la propria superiorità; o ancora di come l’obiettivo di Putin, sotto la copertura della lotta al terrorismo, sia in realtà la difesa di Bashar Assad contro l’opposizione “moderata” e si invochi la necessità (ma Washington l’ha ripetuto alla noia) di un’azione coordinata con “la coalizione”; e si ammonisce poi il Cremlino sui possibili effetti negativi dell’appoggio ad Assad sui rapporti con Turchia e monarchie arabe.
Su tutt’altro fronte, Sovetskaja Rossija scrive che la Russia sta sfidando “l’egemonia americana, si è sottratta alla sottomissione USA e non si è inchinata né alle sanzioni, né alle pressioni militari e politiche. Inoltre si sta facendo iniziatrice di un nuovo ordine mondiale nelle figure di Unione economica euro-asiatica, Organizzazione di Shanghai per la cooperazione e Brics. Putin e la sua squadra di politica estera sono passati dalla difesa passiva a una decisa controffensiva”. E, nello specifico dei raid aerei, si sottolinea la tempestività, il coordinamento con la Siria, lo studio attento degli obiettivi e la rapida azione: “come ai tempi sovietici. Questo ci allieta, dato che vi assistiamo per la prima volta nell’ultimo quarto di secolo”, scrive il commentatore militare di Sovetskaja Rossija.
Sputniknew riporta le parole del presidente della Commissione esteri della Duma, Alexey Puškov: “Gli Stati Uniti criticano la Russia per la mancanza di accuratezza degli obiettivi in Siria. Per un anno cosa ha intralciato gli USA nello scegliere gli obiettivi desiderati e non bombardare il deserto inutilmente? McCain ci ha accusato di aver attaccato i ribelli addestrati dagli Stati Uniti. Ma, o sono scappati o sono passati dalla parte di Al Qaeda. Pertanto è impossibile colpirli”, ha osservato Puškov.
Mentre non si sono notate per ora reazioni da parte di altre formazioni comuniste, ha fatto invece sentire la propria voce il segretario del PCFR, Gennadyj Zjuganov, dichiarando che è necessario arrivare alla creazione di una più larga alleanza e nelle azioni di guerra la Russia deve limitarsi al sostegno aereo. Nell’intervista concessa a Interfax mercoledì, Zjuganov ha ricordato che il Partito Comunista “più di una volta ha detto che se noi abbandoniamo la Siria, il gruppo terroristico Isis si estenderà dall’Himalaya al Mediterraneo e sarà una tragedia per l’intero pianeta. Fornire aiuto al legittimo presidente siriano e al suo esercito, che sta combattendo da quattro anni, è un dovere sacrosanto”.
Infine, RIA Novosti riporta le parole di un ufficiale statunitense a riposo che, come Quintiliano ammoniva “Perché non frenate questo tono di voce, che è una prova della vostra stoltezza?”, consiglia gli USA di “chiudere il becco” sulla Siria. “L’operazione statunitense contro i terroristi Isis è completamente fallita, perciò Washington dovrebbe tenere a freno la lingua e non criticare l’operazione russa” ha dichiarato il colonnello in congedo Jack Jacobs, che ha definito “scandalosa” la critica di “non professionalità” dell’azione russa fatta dal capo del Pentagono. Tali dichiarazioni indicano che Washington non ha nient’altro da dire, ha dichiarato Jacobs.
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