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12 ottobre: una “marcia dei popoli liberi” per Askapena

Il 12 otto­bre, pro­prio nella ricor­renza dello sbarco in Ame­rica di Colombo, in Spa­gna è festa nazio­nale. Come ricorda l’intellettuale San­tiago Alba Rico, il dodici otto­bre non rappre­senta sola­mente l’inizio della Con­qui­sta. Fino al 1958, la ricor­renza fu occa­sione per cele­brare il «Giorno della Razza», più tardi diven­tato «Giorno della Ispa­nità», sola­mente dal 1987, invece, il nome uffi­ciale della gior­nata è «Festa nazio­nale di Spa­gna». Oltre ad essere una pro­vo­ca­zione nei con­fronti degli indi­geni ame­ri­cani, infatti, la data sim­bo­leg­gia la cac­ciata dalla peni­sola ibe­rica degli ebrei e dei mori­scos (gruppo reli­gioso musul­mano) e, in gene­rale, la costru­zione della Spa­gna come nazione e come Impero.
Un pro­getto che si fonda sull’espansione ter­ri­to­riale, ma anche sulla sop­pres­sione della dis­si­denza interna, e sup­pone l’inevitabile repres­sione delle comu­nità nazio­nali, come la basca e la cata­lana, che abi­tano all’interno dello stesso Stato. La pro­ble­ma­tica nazio­nale, o meglio della sovra­nità popo­lare delle comu­nità nazio­nali è tut­tora deter­mi­nante nel vivace pano­rama poli­tico che si muove nello Stato spa­gnolo. In una recente inter­vi­sta, Arnaldo Otegi (il lea­der della sini­stra indi­pen­den­ti­sta basca ancora in car­cere) ha giustamente notato come, a dif­fe­renza dell’indipendenza scoz­zese che non pro­vo­che­rebbe grandi scosse sull’idea di nazione inglese, per lo Stato spa­gnolo, il rico­no­sci­mento del suo carat­tere plu­ri­na­zio­nale signi­fi­che­rebbe una forte crisi d’identità.

Per que­sti motivi, e per la potenza seman­tica del 12 otto­bre, l’organizzazione internazionali­sta basca Aska­pena ha deciso di chiu­dere la cam­pa­gna con­tro la richie­sta d’illegalizzazione pre­sen­tata dall’Audiencia Nacio­nal. Il tri­bu­nale poli­tico spe­ciale di Madrid accusa la piat­ta­forma inter­na­zio­na­li­sta di aver agito come brac­cio inter­na­zio­nale di Eta. Il ten­ta­tivo di ren­dere ille­gale Aska­pena e di met­tere in car­cere cin­que suoi mili­tanti –denunciano invece dall’organizzazione– rap­pre­senta l’ennesimo attacco poli­tico, strumental­mente por­tato avanti con un pro­cesso giu­di­zia­rio. Un’azione repres­siva che, sotto la maschera della lega­lità, nasconde la volontà di negare al movi­mento popo­lare basco i diritti civili e poli­tici che gli cor­ri­spon­dono.
Allora, in quest’ultimo mese, una kefiah aran­cione –il sim­bolo delle riven­di­ca­zioni dei popoli oppressi e il colore che rap­pre­senta la disob­be­dienza nell’attuale imma­gi­na­rio politico basco– ha por­tato la voce di Aska­pena in diversi paesi dell’Europa e dell’America Latina.

Lo sto­rico movi­mento, nato quasi trent’anni fa, ha infatti deciso di rispon­dere all’attacco giu­di­zia­rio con l’iniziativa inter­na­zio­nale «Her­riak Libre» (in ita­liano, «popoli liberi»). Una cam­pa­gna che ha rac­colto più di qua­ranta pro­cessi popo­lari: sen­tenze di asso­lu­zione per Aska­pena e di con­danna dello Stato spa­gnolo, «per la sua com­pli­cità con il colo­nia­li­smo e con l’attuale sistema impe­ria­li­sta», per le pesanti respon­sa­bi­lità della dram­ma­tica situazione che vive oggi il Sahara. Il sim­bo­lico lan­cio di una scarpa — che ricorda quella volata con­tro il pre­si­dente G. W. Bush– ha sigil­lato i nume­rosi pro­cesso popo­lari rea­liz­zati da orga­niz­za­zioni, asso­cia­zioni e movi­menti soli­dali in diverse loca­lità fuori e den­tro i Paesi Baschi: tra le altre, Cara­cas, Bue­nos Aires, Bogotá, fino alla Val Susa in Italia.

La «mar­cia dei popoli liberi», con la par­te­ci­pa­zione del movi­mento per i diritti del Sahara, dei popoli indi­geni ame­ri­cani, della sini­stra cata­lana, rac­co­glierà tutte que­ste sen­tenze, per farne una sola voce di con­danna. Un solo grido di libertà dall’altra fac­cia dell’impero.

* Il Manifesto, 10 ottobre 2015

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