Menu

In Spagna torna la fame, ma Podemos è in crisi nera

Qualche lettore de l’Internazionale, leggendo l’articolo di Martìn Caparròs pubblicato recentemente, sarà rimasto assai sorpreso nell’apprendere che la fame è tornata in Spagna. Nel paese che fino a pochi anni fa contendeva all’Italia le posizioni più alte nella classifica dei paesi più sviluppati, che a lungo è stato preso a simbolo di un esaltante boom economico, ci sono decine di migliaia di persone che soffrono la fame, che non riescono a nutrirsi a sufficienza, e che si ammalano. Le organizzazioni caritatevoli, laiche e religione, non bastano a tamponare un fenomeno in crescita, soprattutto nelle grandi città e nelle regioni del centro sud della penisola. 

Colpa di quei piani lacrime e sangue imposti a Madrid dalla troika che hanno sì riportato alcuni indicatori economici in carreggiata – non il rapporto deficit/Pil, comunque – ma che hanno anche scagliato la società indietro di decenni: disoccupazione alle stelle, decurtazioni salariali, protezioni sociali e sanità tagliate con l’accetta, un’ondata di sfratti. Con il risultato che in pochi anni precarietà e povertà sono dilagate a tal punto che un numero sempre maggiore di persone non ha le risorse economiche sufficienti per nutrirsi adeguatamente, e non trova nelle istituzioni dello Stato alcun aiuto dopo anni di austerity e tagli.
Apparentemente la situazione migliora. Almeno così dicono le statistiche, i discorsi dei leader politici, i commenti degli esperti embedded. Ma milioni di persone, quelle che in questi anni hanno pagato la crisi sulla loro pelle, sanno che non è vero. La sensazione è che la situazione, al di là delle statistiche sulla disoccupazione o sulle esportazioni o sul Pil, non tornerà affatto a come era prima di quello che è stato presentato come “l’inizio della crisi”, solo pochi anni fa. I tagli allo stato sociale, ai salari, ai diritti non sembrano reversibili, perché le classi dominanti del paese ed europee hanno approfittato delle difficoltà economiche e del dogma della riduzione del debito per infliggere un duro colpo ai diritti e alle condizioni dei lavoratori, per marcare una controffensiva ideologica, per accentrare di più nelle loro mani il potere e le ricchezze. “Se la crisi non ci fosse”, avrà pensato più di un banchiere, di un capitalista, “bisognerebbe inventarla”.
Fino a qualche settimana, mese fa, a molti sembrava che i tempi duri stessero per terminare, che una classe politica inetta e corrotta sarebbe presto stata spazzata via e di governare si sarebbero incaricate delle persone nuove, non compromesse, oneste, razionali e preparate. Ma Podemos, dato fino a qualche tempo fa come in testa ai sondaggi, o al massimo come staccato di pochi punti dai primi in classifica, intorno al 25%, crolla ormai inesorabilmente di settimana in settimana nelle intenzioni di voto. Il movimento populista di sinistra (ma guai a identificarsi in una categoria politica considerata obsoleta e inopportuna) non aveva brillato particolarmente già alle amministrative e alle regionali, ma poi è arrivata la batosta catalana: la sezione locale Podem, alleata con ben tre partiti di sinistra all’interno della coalizione Catalunya Si Que Es Pot (Catalogna si che si può) non ha preso neanche quanto conquistato la volta precedente da questi ultimi. E’ stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: dirigenti locali ma di peso statale che si dimettono e ulteriore crollo nei sondaggi.
Gli ultimi relegano Podemos solo al quarto posto e molto staccato dietro la destra – i popolari vengono dati vincenti con il 25-29% circa – i socialisti – accreditati di un 23-25% – e il partito liberale Ciudadanos, che con il 21% metterebbe in discussione lo storico monopolio delle due forze che si sono spartite il potere a Madrid dopo l’autoriforma del regime franchista e l’inizio della cosiddetta ‘era democratica’. Il movimento di Pablo Iglesias prenderebbe allo stato solo il 12-15%. Una percentuale di tutto rispetto, certo, ma almeno dieci punti sotto i sondaggi di pochi mesi fa e soprattutto ben al di sotto della forza necessaria per sparigliare le carte e rompere l’asfissiante bipartitismo (che diventa quadripartitismo proprio per rimanere in sella) che Podemos si era candidato a spazzare via.
Non stupisce che nello stato maggiore di Podemos prevalgano le facce lunghe. Secondo alcuni analisti la crisi vera del movimento l’avrebbe determinata l’ingresso di Podemos nelle alleanze di governo per alcune importanti città e regioni dopo le ultime amministrative. Il partito ‘anticasta’ ormai da mesi governa le maggiori città del paese, in primis Madrid e Barcellona, in coalizione con alcuni partiti e formazioni di sinistra e centrosinistra. Niente di particolarmente compromissorio, finora. Ma l’essere passati da movimento di contestazione un po’ generica ma frontale al sistema a partito di governo ha certamente disorientato se non indispettito parecchi elettori o potenzialmente tali. Soprattutto perché in alcuni casi – anche in regioni importanti del paese – Podemos ha stretto collaborazioni di governo addirittura con gli odiati socialisti, indicati a lungo come parte di un sistema che andava spazzato via nella sua interessa e con il quale oggi si scende a compromesso in nome della realpolitik e della ‘responsabilità’.
Stando ai sondaggi, Podemos potrebbe essere determinante per formare anche il governo statale: se il prossimo 20 dicembre i socialisti non arriveranno troppo lontani dal partito dell’attuale premier Mariano Rajoy, infatti, un’alleanza tra Psoe e Podemos e qualche partito regionale ancora più moderato potrebbe avere i numeri per governare. Ma come socio di minoranza, e quindi senza la possibilità di far valere più di tanto il proprio programma e i propri obiettivi.
Ovviamente Podemos potrebbe decidere di rimanere fuori dai giochi, e di lasciare ad una eventuale ‘grande coalizione’ tra PP e Psoe, o ad una alleanza centrista tra socialisti e Ciudadanos, l’onere di governare, rinvigorendo la battaglia d’opposizione. Ma dentro il partito negli ultimi tempi è cresciuta la voglia di governo e i fautori della permanenza all’opposizione dovranno faticare non poco a tenere Podemos lontano dai socialisti.
“Siamo realisti: non credo che ora saremo in grado di guidare un governo nel nostro paese” ha riconosciuto nei giorni scorsi Caterina Bescansa, la numero 3 del partito. Dare per scontata la sconfitta alle prossime imminenti elezioni generali non aiuterà il movimento a risollevarsi, anzi.
E’ che il partito populista inventato da Iglesias e soci – a partire dalle proteste di massa contro l’austerity degli anni scorsi e sulla base delle esperienze di cambiamento latinoamericane – perde consensi da tutte le parti, a causa di una strategia identitaria ambigua – incarnata dallo slogan “né di destra né di sinistra” – che fino ad un certo punto ha attirato vasti settori sociali arrabbiati col sistema ma di natura opposta, e che oggi non funziona più. 
L’abile utilizzo da parte della classe dominante dell’opzione Ciudadanos come ruota di scorta utile ad attirare i consensi moderati e conservatori in fuga dal Pp e dal Psoe e sottrarli quindi all’opzione più ‘radicale’ rappresentata da Podemos ha sicuramente avuto un grosso effetto sulle quotazioni di Iglesias. Agli occhi di moltissimi elettori arrabbiati con i partiti tradizionali per la corruzione e il malaffare dilaganti e per i sacrifici imposti alle classi sociali meno abbienti, Podemos poteva rappresentare una opzione a disposizione ma solo finché non se ne è presentata un’altra ancora più appetibile. 
Paradossalmente negli ultimi tempi, a partire dal boom elettorale delle scorse europee, la direzione di Podemos e molte ramificazioni locali hanno inferto al partito una sterzata moderata assai consistente a proposito di linguaggi, programmi, strategie. Con il risultato che se per gli elettori di destra il movimento rimane “troppo radicale” e troppo connotato a sinistra, per molti elettori che pretendono una rottura da posizioni classiste rispetto all’insopportabile status quo Iglesias e soci sono ora troppo moderati. Una sensazione confermata e aggravata dalla recente rottura tra Izquierda Unida (che ha subito un’ennesima scissione moderata) e Podemos, avvenuta soprattutto per colpa di questi ultimi; e dal sostegno incondizionato accordato dallo stato maggiore del partito populista a Syriza nonostante la capitolazione di Tsipras di fronte ai diktat della troika e la firma del Terzo Memorandum. Una mossa assai poco ben vista all’interno di alcuni spezzoni di quei movimenti sociali e di contestazione all’austerity e al pagamento del debito che pure hanno contribuito fino ad un certo punto alla formazione e alla crescita di Podemos. Se ci si aggiunge poi che il partito ha di fatto accantonato ogni seria critica nei confronti dell’Unione Europea e in particolare le proposte, seppur timide avanzate finora, di rottura con l’Eurozona, si capisce quanto la creatura di Iglesias sia in ribasso in certi ambienti sociali e politici radicali. Un po’ sull’onda di quanto già ha fatto Syriza in Grecia con i socialisti del Pasok, di fatto rimpiazzati da Tsipras all’interno del loro spazio politico, Podemos si sforza di convincere gli elettori di centrosinistra di rappresentare un’alternativa migliore rispetto ai vecchi arnesi del Psoe. I sondaggi e le emorragie di militanti dicono che questa strategia non funziona. In crisi c’è andata, e senza neanche il tempo di metterla a confronto con i fatti come è almeno avvenuto ad Atene, l’idea che il problema non sia il capitalismo in sè, ma una cattiva gestione dello stesso da parte di classi dirigenti dominate da anziani, inetti e corrotti. Secondo tale logica, basterebbe portare al governo una nuova classe dirigente giovane, competente e onesta per rimettere le cose a posto… 
Servirebbe a questo punto uno scatto d’orgoglio e di coraggio, per imprimere al movimento una correzione di rotta rapida e radicale. Ma i dirigenti di Podemos sembrano in questa fase tirare i remi in barca, pronti ad adeguarsi alla trasformazione del partito ‘antisistema’ in un pezzo in più del triste puzzle della compatibilità. Oppure a rinunciare momentaneamente al governo per prendere fiato e ritentare la prossima volta con maggiori chance. 

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *