Un sondaggio condotto a inizio mese dall’indipendente Centro Levada, indica che il 75% dei russi è abbastanza (37%) o del tutto (38%) contrario alla fornitura di gas all’Ucraina a prezzi di favore. Inoltre, il 72% è piuttosto (39%) o completamente (33%) contrario a soddisfare la richiesta occidentale di interrompere l’appoggio russo alle milizie delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk. Infine, alla domanda “Come reagireste all’idea del ritorno della Crimea all’Ucraina?”, il 58% ha risposto “molto negativamente” e il 25% “piuttosto negativamente”.
Secondo l’agenzia novorossia.su, al momento in Ucraina è a rischio il 60% delle rete di distribuzione del gas: a causa della mancata documentazione su inventario e valutazione dei beni (questa copre appena il 2% del totale) non si escludono incursioni speculative per l’accaparramento, in via giudiziale, della rete statale. Se, già ora per le imposizioni del FMI, le tariffe stanno continuamente salendo, la caduta in mani private – che potrebbero benissimo essere quelle di alcuni magnati-politici – della distribuzione del gas sarebbe mortifera per la popolazione ucraina.
La denuncia viene direttamente dalla Rada; ma anche fuori di essa, i timori non mancano. L’ex premier Nikolaj Azarov ironizza sulle idee che circolano tra la dirigenza ucraina su come affrontare l’inverno. Nell’intervento pubblicato da RT, Azarov, che aveva già commentato “rara selettività” e “approccio europeo” di Porošenko e Jatseniuk per risparmiare sul riscaldamento nelle scuole, ora dice che tale “rara selettività” sfocia, come ogni “genialità”, nella semplice idea di non riscaldare affatto i locali. “Riconosco”, scrive Azarov, “che quando ero primo ministro, un’idea tanto semplice non mi era mai venuta in mente. Probabilmente, non a caso questa compagnia mi aveva definito conservatore e chiese le mie dimissioni. Ma ancora più “geniale” è l’idea partorita dalle teste “ingegnose” di Porošenko e Jatseniuk per l’industria. Raccomandano di ridurre i consumi del 30% e chi non si adeguerà rischia il completo blocco energetico. E Kličko ha fatto una pensata ancora più profonda: anche gli ascensori consumano energia inutilmente. E’ molto più salutare fare le scale a piedi. Anche la luce negli ingressi sta accesa invano: gli inquilini quella non la pagano” conclude Azarov.
In compenso, se gli ucraini dovranno rinunciare al gas per affrontare l’inverno, possono sempre ricorrere all’acqua santa. Un primo approccio in tal senso è venuto ieri da Monaco di Baviera, dove, nel cimitero di Waldfriedhof, si sono riuniti i rappresentanti delle comunità ucraine e dell’OUN provenienti da Germania, Italia, Australia, Romania, USA e Canada, in occasione della benedizione della nuova pietra tombale a Stepan Bandera, che dell’Organizzazione nazionalista ucraina (Oun) al servizio delle SS, fu leader durante la Seconda guerra mondiale. Ne ha dato notizia l’ambasciatore ucraino in Germania, Andrej Melnik, specificando che alla cerimonia hanno partecipato, insieme al vescovo che ha benedetto la tomba di Bandera e “il console generale ucraino, anche i figli degli eroi della Operazione Anti Terrorismo” nel Donbass.
Alla frontiera ucraina con la Crimea, invece, se è mancata l’acqua santa, si sono invocati gli dei “per la liberazione della penisola”. Se ne sono incaricati sabato scorso, nei pressi del punto di frontiera di Čongar, alcuni individui in mimetica appartenenti a un cosiddetto “Battaglione interconfessionale dei cappellani militari”. Hanno pregato “perché tutto questo male nemico se ne torni a casa. La Crimea è Ucraina. Liberate il territorio altrui”. I prelati militari hanno pregato gli dei e le anime degli avi per la pace in Ucraina e la “liberazione dei territori occupati”, unendosi ai reparti di Pravyj sektor che, momentaneamente disoccupati sul fronte del Donbass, un mese fa hanno iniziato un plateale (e redditizio per loro, viste le estorsioni ai danni degli autotrasportatori) “blocco” delle forniture economiche alla Crimea. Blocco che però, come osserva Novorossia.su, non impedisce al grande capitale ucraino di mantenere gli scambi economici con la penisola, in cui lo stesso presidente Porošenko detiene forti interessi.
Molto più terrena la disputa che vede l’oligarca ucraino Sergej Kurčenko, da un lato boicottato da DNR e LNR – cui fornisce gas e benzina – e, dall’altro, accusato da Kiev di intesa con le Repubbliche popolari. La Novorossija, scrive Vzgljad, accusa Kurčenko di interrompere le forniture di gas e anche di finanziare le operazioni militari di Kiev contro il Donbass. A Kiev, dove un tempo era conosciuto come “il portafoglio di Janukovič” e oggi è additato come “agente del Cremlino”, attendono solo una buona occasione per arrestarlo. A Lugansk invece, i deputati del parlamento della LNR chiedono che vengano proibite sul territorio della Repubblica tutte le attività legate direttamente o indirettamente a Kurčenko, che avrebbero causato una crisi energetica nella LNR. Nella DNR, i rapporti con il magnate sono interrotti e le sue attività proibite già da alcuni mesi e pare che anche in Russia, dove è “profugo”, il miliardario presidente della squadra “Metallist” di Kharkov, non goda più dei favori generali, proprio per le sue macchinazioni ai danni della Novorossija, oltre a non avere più legami con l’ex presidente Janukovič. In Austria, infine, Kurčenko è sotto inchiesta per un finanziamento (risalente però al 2013) a favore di un altro oligarca, Boris Ložkin, sospettato di riciclaggio di denaro sporco e attualmente a capo dell’amministrazione di Petro Porošenko. L’arresto nei giorni scorsi a Lugansk del Ministro per l’energia della LNR, Dmitrij Ljamin, pare legato, per l’appunto con la questione Kurčenko, pur se, al momento, non tutto sembra chiaro nemmeno con le circostanze del suo fermo da parte del Ministero per la sicurezza.
In ogni caso, non manca molto per sapere se i cittadini ucraini dovranno pregare gli dei e le anime degli avi oppure invocare altri crediti occidentali per cercare di assicurarsi il gas indispensabile a passare l’inverno.
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