Botta e risposta fra Barcellona e Madrid dopo l’annuncio dei partiti indipendentisti catalani di voler far approvare per l’inizio di novembre una risoluzione parlamentare con la quale si annuncia “l’inizio di un processo di creazione di uno Stato catalano indipendente, sotto forma di una Repubblica”. La mozione è stata presentata nei giorni scorsi da Junts pel Si (sinistra repubblicana e liberal-nazionalisti) e dalla Cup e la sua approvazione appare scontata visto che i due gruppi insieme possiedono la maggioranza assoluta dei seggi del Parlament di Barcellona; anzi, il documento potrebbe ricevere anche i voti di alcuni consiglieri di Catalunya Si Que Es Pot, la coalizione tra Podem e i partiti di sinistra e centrosinistra di orientamento federalista, che hanno già sostenuto l’elezione a presidente dell’assemblea dell’indipendentista Carme Forcadell.
Il documento di fatto darebbe il via all’iter verso la separazione di Barcellona da Madrid, attraverso una via parlamentare e negoziale che prevede però, almeno sulla carta, anche la disobbedienza nei confronti degli organismi legislativi e giudiziari spagnoli.
La risoluzione infatti dichiara la volontà da parte dell’assemblea di non “volersi sottomettere alle decisioni delle istituzioni dello Stato spagnolo, in particolare la Corte Costituzionale”. Proprio questo organismo, dominato da nazionalisti spagnoli e conservatori, è oggetto di una “riforma” da parte del governo del Pp che vorrebbe dotarla delle prerogative per far rispettare le proprie sentenze, a partire dalla sospensione dei funzionari disobbedienti. Lo scopo della controriforma è quello di decapitare le istituzioni catalane nel caso in cui il presidente del governo e quello del parlamento catalani rifiutino di sottostare alle imposizioni di Madrid.
Nei giorni scorsi il premier spagnolo, Mariano Rajoy, ha avvertito che l’esecutivo centrale “non tollererà” alcuna risoluzione sulla secessione della Catalogna. “Questo atto di provocazione non avrà alcun effetto: lo Stato non rinuncerà all’utilizzo di tutti gli strumenti politici e giuridici che gli attribuiscono la legge e la Costituzione per difendere la sovranità della Spagna” ha tuonato il leader della destra nazionalista spagnola. Il quale ha anche minacciato due volte in poche ore di sospendere l’autonomia della Comunità Autonoma Catalana nel caso in cui questa violasse le norme costituzionali che impediscono alla sua popolazione di proclamare l’autodeterminazione. E’ dai tempi della guerra civile spagnola che il governo centrale non applica l’attuale articolo 155 della Carta Costituzionale, ma ormai i toni dello scontro tra Catalogna e Stato sono parossistici. Anche se negli ambienti indipendentisti radicali si sospetta che all’interno del partito dell’ex governatore Artur Mas, Convergenza Democratica, si miri più a trattare con Madrid un aumento – soprattutto in materia fiscale – dell’autonomia di Barcellona che a lavorare concretamente per la proclamazione di una repubblica indipendente (la Spagna, per chi se lo fosse dimenticato, è una monarchia…).
Molto dipenderà dall’esito delle elezioni del 20 dicembre. Teoricamente un governo a guida socialista – con l’eventuale sostegno di Podemos – potrebbe essere più conciliante nei confronti di eventuali richieste di rafforzamento dell’autonomia che la destra dello schieramento indipendentista catalano potrebbe difendere presentandolo come una ulteriore tappa del conseguimento di un’autodeterminazione da rimandare a data da destinrarsi. Ma le quotazioni di Podemos sembrano in ribasso, e neanche i socialisti se la passano particolarmente bene. L’ago della bilancia potrebbe essere Ciudadanos, formazione liberale data nei sondaggi addirittura al 20%, e ferocemente centralista. Un governo PSOE-Ciudadanos difficilmente potrebbe fare da sponda ad Artur Mas, uno formato dal PP e da Ciudadanos ancor meno, e a quel punto gli orientamenti all’interno del composito schieramento sovranista catalano potrebbero pendere nettamente a favore dello scontro frontale e della dichiarazione unilaterale di indipendenza.
A complicare il quadro c’è una maxi-inchiesta per corruzione che negli ultimi mesi ha portato all’arresto o alla denuncia di numerosi esponenti di Convergenza Democratica e che sta facendo calare le possibilità che l’ex governatore Mas possa puntare più di tanto i piedi sulla sua rielezione. Non solo la sinistra anticapitalista e indipendentista della Cup, ma anche molti esponenti interni alla coalizione guidata da Mas, Junts pel Si, chiedono discontinuità e rinnovamento, in nome dell’accordo tra tutte le anime dello schieramento sovranista in un momento giudicato di portata storica.
Da parte sua il numero uno della Cup al parlamento catalano, Antonio Baños, ha assicurato oggi che la sua formazione è disposta a “votare un presidente della Repubblica provvisorio, o un governo di unità repubblicana” chiarendo così che il “prossimo presidente del nuovo governo della Catalogna non dovrà essere il capo della Generalitat autonomica, ma quello di una realtà politica differente”. Di fatto la Cup preme affinché la nuova assemblea catalana smetta di essere un organismo regionale all’interno dell’architettura istituzionale spagnola fondata sulle autonomie, e venga invece investito di un carattere costituente e legislativo appropriato alla formazione di uno stato indipendente. “Dovremo uscire da questa casa passando per il tetto – ha spiegato Baños con una metafora – perché questa casa (lo Stato Spagnolo, ndr) non ha né porte né finestre, è un bunker”.
Anche se la Cup continua ad affermare che non farà fallire il processo di formazione di un governo catalano indipendentista, nelle ultime ore nuove frizioni sono state create con Junts pel Si dall’arresto, operato dalla polizia autonoma catalana, di nove militanti anarchici a Barcellona e Manresa, nel corso della cosiddetta Operazione Pandora condotta contro alcuni presunti membri dei Gruppi Anarchici Coordinati (Gac), accusati di alcuni atti di ‘terrorismo’. In un comunicato, la Cup ha condannato l’operazione “contro i movimenti popolari del paese” ai quali ha ribadito il suo sostegno, ed ha criticato che i Mossos d’Esquadra abbiano obbedito alla Audiencia Nacional, il tribunale speciale spagnolo antiterrorismo. La Cup ha insistito sulla necessità di una radicale trasformazione del corpo repressivo agli ordini del governo regionale catalano affinché i Mossos vengano democratizzati e vengano sradicate le pratiche di sistematica violazione dei diritti fondamentali.
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