“Un anno e mezzo fa ci siamo assunti l’impegno di tornare a far risuonare nelle strade di Bilbao la rivendicazione dell’Amnistia, la manifestazione di oggi è un passo importante. L’Amnistia è l’unica opzione che possa dare una soluzione al conflitto che vive questo popolo. Il nostro obiettivo era tornare ad agitare nelle strade questa rivendicazione e spiegare alla gente ciò che è veramente successo qui, di modo che non abbiano solo la visione distorta che l’apparato istituzionale vuole imporre. La realtà è che i responsabili delle torture e della guerra sporca continuano a girare indisturbati mentre centinaia di militanti politici rimangono in carcere. La manifestazione di oggi rappresenta solo un primo passo per informare su questa vergogna, le mobilitazioni devono continuare in ogni paese e in ogni quartiere”.
Così il portavoce del movimento Amnistia ta Askatasuna, Sendoa Jurado, sabato sera ha commentato la riuscita della marcia convocata dalle componenti più radicali della sinistra patriottica basca e del movimento di sostegno ai prigionieri politici che ha portato nel centro di Bilbao circa 6000 manifestanti, alcuni dei quali arrivati anche da altri territori dello Stato Spagnolo e di quello francese.
Un successo non scontato quello di una mobilitazione che riempie un vuoto politico creato dal parziale abbandono della rivendicazione dell’Amnistia da parte delle organizzazioni ufficiali basche della solidarietà che, negli ultimi tempi, hanno continuato a chiedere con vigore la liberazione dei detenuti gravemente infermi o di quelli che abbiano scontato i due terzi della pena (come da codice penale spagnolo) e il riavvicinamento ai territori baschi di quelli dispersi a centinaia, migliaia di chilometri da casa, ma rinunciando alla storica parola d’ordine a favore di richieste giudicate più a portata di mano. La realtà è che il governo spagnolo di fare qualche passo sul fronte della liberazione dei prigionieri politici baschi – molti dei quali in carcere per reati d’opinione e non di sangue – non ne vuole proprio sapere, nonostante la cessazione definitiva delle azioni armate da parte dell’ETA e anche, in buona parte, delle azioni di sabotaggio realizzate dalla gioventù indipendentista basca. Anzi, nonostante una conflittualità sociale e politica mai così bassa negli ultimi decenni nel Paese Basco, le carceri continuano a riempirsi di militanti, attivisti, addirittura avvocati, accusati di reati gravissimi sulla base di una legislazione speciale e d'eccezione che Madrid non ha alcuna intenzione di abolire.
Ciò nonostante la rinuncia completa e irreversibile all’utilizzo della violenza da parte del movimento basco e l’adozione di parole d’ordine a volte giudicate troppo moderate e ambigue anche da frange crescenti della sinistra patriottica, come ad esempio la coltivazione di una ‘memoria condivisa’ rispetto al conflitto che mette sullo stesso piano, in alcune occasioni, vittime e carnefici, torturatori e militanti rivoluzionari.
Fatto sta che dopo un certo disorientamento tra le file indipendentiste e nonostante polemiche e dolorose fratture, da qualche tempo è sceso in campo un nuovo soggetto – il “Movimento pro Amnistia e contro la repressione” – che sembra riuscire a capitalizzare, per ora sul fronte della solidarietà nei confronti dei prigionieri, il malcontento generato dalla svolta istituzionalista di una parte consistente della sinistra abertzale ufficiale.
E così sabato alla manifestazione che nelle strade di Bilbao ha reclamato il ritorno a casa e la liberazione “senza condizioni e senza contropartite” dei 430 detenuti e detenute politiche basche e di centinaia di rifugiati costretti da anni, se non da decenni, all’esilio all’estero si sono visti numeri consistenti, grazie alla capillare mobilitazione di soggetti e realtà politiche, sociali, sindacali e territoriali – gruppi musicali compresi – che la richiesta di Amnistia ha in molti casi riattivato dopo un periodo più o meno lungo di riflusso.
Già nei mesi scorsi marce di consistenza minore avevano, non solo a Bilbao, riproposto la rivendicazione storica di movimenti e organizzazioni che sono stati in buona parte chiusi e sciolti dalla magistratura e dai governi di Madrid perché considerati estensioni della guerriglia armata.
Gli organizzatori, appoggiati da numerosi messaggi provenienti dai detenuti rinchiusi in decine di carceri e dai loro familiari, hanno ribadito che i prigionieri politici non si considerano e non vanno considerati semplicemente delle ‘vittime del conflitto’, bensì dei militanti politici che hanno assunto coscientemente i rischi che la loro scelta comportava. Per questo lottare per l’Amnistia, ha spiegato Sendoa Jurado, significa lottare anche per la rimozione delle cause – “l’oppressione sociale e nazionale di Euskal Herria” – che hanno portato i militanti della sinistra patriottica a scegliere una strada che li ha portati nelle carceri. La portavoce di ‘Amnistia ta Askatasuna’ ha affermato che nella sinistra abertzale, al di là delle parole d’ordine ufficiali, “non c’è nessuno che non desideri l’amnistia” il che è dimostrato dal fatto che “nel corteo di sabato molti dei partecipanti erano militanti o simpatizzanti di Sortu”.
Dietro uno striscione che recitava semplicemente “Amnistia”, i manifestanti – in prima fila ex prigionieri e parenti dei detenuti politici – hanno gridato slogan tradizionali come «Amnistiarik gabe, bakerik ez» (Senza Amnistia nessuna pace), «Jo ta ke irabazi arte» (Lotta fino alla vittoria) o «Errefuxiatuek Euskadin bizi behar dute» (I rifugiati devono vivere nel Paese Basco. Il canto più gridato, ovviamente, è stato come da sempre «Presoak kalera, amnistía osoa» (Prigionieri liberi, amnistia totale).
Alla vigilia della mobilitazione del 28 novembre una lettera aveva spiegato il senso e le finalità della marcia indetta a Bilbao: “Sfortunatamente e come conseguenza dell’evoluzione politica degli ultimi anni, siamo obbligati a fornire alcune spiegazioni sul senso del termine amnistia. La amnistia non è una utopia. La amnistia non arriva perché tutti i prigionieri hanno scontato le loro condanne e quindi sono liberi. L’amnistia non è un indulto. L’amnistia non è passare per la Junta de Tratamiento del carcere per spiegare quanto bene si sta comportando il prigioniero. L’amnistia non comporta il pentimento o rinnegare la propria lotta. L’amnistia non è una soluzione individuale. L’amnistia non finisce automaticamente con la fine della dispersione. L’amnistia non comporta l’accettazione della legalità imposta. L’amnistia è una decisione politica conseguenza della volontà di persone in carne ed ossa, difficile da ottenere ma non impossibile. L’amnistia comporta il riconoscimento del diritto di lottare dei popoli. L’amnistia toglie legittimità alla repressione. L’amnistia è una soluzione collettiva, non nello stesso giorno e nella stessa ora, ma certamente in un lasso di tempo concreto e certo. L’amnistia comporta che il termine ‘terrorista’ si traduca in ‘militante politico’. (…) L’amnistia è l’unica garanzia per conquistare la vera pace”.
Prima di sciogliere il corteo al canto dell'Eusko Gudariak e dell'Internazionale, all’arrivo della marcia nel ‘casco viejo’, il quartiero antico di Bilbao, i portavoce di Amnistia ta Askatasuna hanno ribadito con determinazione gli obiettivi storici del movimento indipendentista basco: amnistia, indipendenza, socialismo.
Marco Santopadre
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