Dmitrij Peskov, scriveva pochi giorni fa Interfax, non è d’accordo con quanti affermano che i redditi dei cittadini russi si sarebbero abbassati di parecchio a causa della crisi economica. “Il governo sta adottando misure contro la crisi, rispondenti al proprio programma e al proprio piano d’azione. Putin riserva abbastanza molto tempo alle questioni dell’economia e alle azioni contro la crisi”. Così, il portavoce presidenziale. Secondo i dati resi noti dal Comitato federale di statistica e riportati sempre da Interfax, i redditi reali dei cittadini russi, allo scorso ottobre, si erano ridotti del 5,6% rispetto allo stesso mese del 2014 e, da gennaio a ottobre, del 3,5%, a fronte di una riduzione dello 0,7% dell’anno precedente. Mentre i salari nominali hanno registrato un +3% rispetto al 2014, i salari reali si sono ridotti del 10,9%, attestandosi su una media ufficiale di 33mila rubli. Da notare che, secondo dati riportati da Sovetskaja Rossija, gli stipendi dei funzionari governativi si aggirano sui 224mila rubli, quelli dei funzionari di alcuni ministeri sui 115mila, mentre il salario medio di un insegnante è di 8mila, quello di un medico di 8-10mila, di un ricercatore di circa 12mila.
Per quanto riguarda i prezzi, in ottobre è salita dal 39 al 43% la percentuale di coloro che giudicano “molto forte” il loro aumento, in particolare per prodotti quali carne, pesce, insaccati e prodotti caseari, uova, frutta e verdura: in pratica, l’intera spesa alimentare. Detto questo, va certamente considerata l’incidenza sull’economia russa del continuo calo di prezzo (questa mattina il Brent è sceso a 39,49 $ al barile; il WTI a 36,52 $) dei prodotti energetici, principale fonte di entrate del bilancio. In ogni caso, secondo le indagini della Banca centrale, i russi, negli ultimi tre mesi, hanno cominciato con maggior frequenza a fare economie su diversi prodotti alimentari e anche su capi di vestiario. Per quanto riguarda spese più consistenti, la tendenza è quella di maggiori economie per ristrutturazioni edilizie, vacanze e viaggi. Secondo i sondaggi, a novembre scorso è sensibilmente aumentato il timore di inflazione, unito a quelli di un ulteriore indebolimento del rublo (1 euro è cambiato oggi a circa 76 rubli; un anno fa a 67), di una riduzione del livello di vita e di aumento della disoccupazione: i famosi “diritti umani” per la cui assenza, a detta delle democrazie occidentali, tanto avevano a soffrire i cittadini sovietici trenta o quaranta anni fa!
E’ ancora Interfax che scrive che il numero delle persone considerate ufficialmente “povere”, tra gennaio e settembre, ha raggiunto i 20,3 milioni, crescendo di 2,3 milioni rispetto allo stesso periodo del 2014; il livello di povertà nel paese, da gennaio a settembre, riguardava il 14,1% (era il 12,6% un anno fa) della popolazione. Nel terzo trimestre 2015, 17,9 milioni di persone (16,6 nel 2014) erano al livello di povertà, mentre erano 22,9 milioni nel primo trimestre: l’apparente “miglioramento” si spiegherebbe con i premi e gli incentivi che vengono pagati sul finire dell’anno. Secondo i dati del Comitato di statistica, il reddito minimo considerato vitale è salito a 9.673 rubli, dai 8.086 del 2014.
In questo quadro, l’organo ufficioso dei cosiddetti “circoli imprenditoriali”, Kommersant, basandosi su dati dell’Istituto di analisi sociale, osserva che la classe media russa sta scomparendo a passi da gigante e si ridurrà presto di un quarto. Se oggi rappresenta il 20% della popolazione, a causa della crisi dei settori bancario e finanziario, assicurativo e creditizio, già a inizio 2016 potrebbe essere ridotta al 15%. Secondo Kommersant, il basso aumento dei redditi costituisce il principale ostacolo alla crescita della classe media. Secondo gli analisti, possono essere qualificati come “classe media” coloro che hanno un reddito non inferiore al salario medio (diversificato in base ai territori), sufficienti risparmi, istruzione superiore, devono far parte della categoria degli specialisti o degli imprenditori: la totalità di queste caratteristiche è stata rilevata in appena l’8,1% della popolazione.
E quale è la “autovalutazione” sociale dei russi, in base alle indagini dell’ufficiale VTsIOM? A novembre scorso, tutti gli indicatori portavano un segno negativo rispetto alle valutazioni di mesi precedenti. L’indice di soddisfazione della vita, dopo la caduta, l’agosto scorso, da 69 a 56, si è attestato su 56-58 punti. In generale, scrivono gli analisti del VTsIOM, il 50% dei russi sembra soddisfatto del proprio livello di vita; completamente insoddisfatto il 22%; oscilla tra soddisfazione e insoddisfazione il 27%. L’indice relativo si fermava a novembre a 56 punti (71 un anno fa). “Stagnante” (62 punti) l’indicatore di valutazione della propria situazione materiale: il 67% degli intervistati considera “medio” il benessere della propria famiglia; il 14% lo considera buono e il 19% cattivo. Continua a perdere punti l’indice di “ottimismo sociale”, che segnava a novembre 49 punti, contro i 67 del giugno scorso (ma era a 59 anche nel novembre del 2009): il 28% pensa che la propria situazione migliorerà tra un anno, ma il 20% crede che peggiorerà e il 40% che rimarrà tale e quale. Il 53% degli intervistati pensa comunque che la situazione economica generale del paese sia “nella media”. Di contro, oscilla di mese in mese la valutazione della situazione politica: da 66 a 61 punti tra agosto e settembre; 64 in ottobre e ancora 61 a novembre, quando il 29% la giudicava buona, il 48% media e il 16% cattiva. Il 46% ritiene che gli affari dello stato, nel complesso, si muovano nella giusta direzione; il 13% nella direzione sbagliata e il 36% li giudica ora giusti ora no.
Così che ieri, il leader del PC, Ghennadij Zjuganov, nel corso di una conferenza stampa, enumerando i tre maggiori pericoli che, a parere dei comunisti, minacciano l’economia russa, ha messo al primo posto le manovre USA sui mercati internazionali, ma ha anche citato le diseguaglianze sociali e il corso liberale del governo. “La divisione sociale ha raggiunto un livello critico”, ha detto Zjuganov; “allorché il 10% dei più ricchi detiene quasi il 90% della ricchezza, si produrrà inevitabilmente la scintilla e dunque l’incendio, se i ricchi continueranno ad arricchirsi e i cittadini a immiserirsi”. A ciò si unisce l’approfondirsi della crisi economico-finanziaria, “nel cui epicentro è venuta a trovarsi anche la Russia”. Riferendosi all’intervista concessa mercoledì scorso ai media dal premier Dmitrij Medvedev, Zjuganov ha detto che “come per il passato, si giustifica il corso liberale e si tenta di incolpare l’epoca sovietica: mungono però la mucca energetica, creata proprio in epoca sovietica”. Il PC rileva come la previsione di bilancio 2016 contempli una riduzione nominale del 7,8% di spesa per assistenza sanitaria (490 miliardi di rubli rispetto ai 532 del 2015): considerato però il livello atteso di inflazione, la riduzione reale si aggirerà intorno al 20%. Per l’istruzione, la riduzione ufficiale di bilancio sarà di circa il 9% rispetto al 2015: 3,60 rubli ogni 100 rubli di spesa. Anche nella parte economica del messaggio di Vladimir Putin del 3 dicembre scorso sullo stato del paese, i comunisti russi rilevano singolari note liberali. Alla domanda perché non si introduca la tassazione progressiva sui redditi, Putin ha risposto che “temiamo che il business si rifugi nel sommerso”; il presidente non ha fatto parola della responsabilità dei funzionari per gli arricchimenti illeciti e, in definitiva, ha dichiarato che “proprio la libertà d’impresa deve aiutare a superare le limitazioni esterne”, facendo perno sulla “invisibile mano del mercato”.
Sul piano politico, al corso liberale si affianca una “nuova spirale di antisovietismo”: non ultima l’istituzione della festività in onore dei Romanov, fatta coincidere con il 7 novembre, anniversario della rivoluzione socialista che aveva abbattuto la dinastia zarista.
“Odio colui che, colto a fare il male, sia poi disposto a esaltarlo ancora”, viene da dire col Creonte sofocleo.
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