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La scure del governo Tsipras sulle pensioni: tagli dal 15 al 30%

Tanto rumore per nulla? Ci voleva un governo di sinistra-nazionalista per fare quello che già stavano facendo i governi precedenti, quelli “del sistema”? Pare proprio di sì, a vedere gli obiettivi del governo ellenico in tema di ‘riforma’ (cioè controriforma) delle pensioni. Per non parlare delle maxiprivatizzazioni dei porti e degli aeroporti.
Nei giorni scorsi il governo Tsipras ha mandato a Bruxelles il suo piano di “riforma pensionistica” affinché venga valutato da Ue e Bce, sperando che la Troika dia luce verde riconoscendo lo sforzo dell’esecutivo ellenico di venire incontro alle draconiane richieste dei creditori. In ballo, come si sa, c’è una tranche del maxiprestito da 86 miliardi di euro, promesso in cambio della firma da parte del primo ministro del terzo Memorandum ma concesso con il contagocce man mano che Atene obbedisce al lungo elenco di diktat.
Rimangiatasi la promessa di ridurre almeno il danno, il primo ministro Alexis Tsipras ed il suo entourage stanno ampiamente usando la scure per tagliare le pensioni già ampiamente decurtate dagli esecutivi targati Pasok, Nuova Democrazia o ‘grande coalizione’. Infatti il piano inviato da Atene a Bruxelles prevede che chi andrà in pensione dal 2016 in poi dovrà accontentarsi di un assegno alleggerito almeno del 15% per quanto riguarda gli importi superiori ai 750 euro, fino ad un massimo del 30% per quelli superiori. Il tutto in nome di un risparmio di circa 800 milioni di euro.
L’unica novità rispetto al passato è che stavolta i tagli non sono retroattivi e che quindi chi è già andato in pensione non vedrà ridursi il già magro assegno; ma siccome la parola d’ordine del governo è “impedire il collasso del sistema pensionistico” sicuramente il governo adotterà presto nuove misure tese a eliminare i cosiddetti vantaggi conseguiti da coloro che hanno avuto la fortuna di andare in pensione prima del 31 dicembre scorso. Il piano prevede anche la fusione di sei diversi fondi pensionistici (sopravvivono solo quelli dei pescatori e degli agricoltori) in uno solo, l’attuale Ika, che verrà ribattezzato. Fondamentalmente, il nuovo schema prevede una parte di pensione fissa e una calcolata sui contributi versati. La prima sarà garantita a 67 anni per chi vive in Grecia da almeno 15 anni. Per una residenza nel paese pari a 40 anni, l’assegno pieno è di 384 euro, che invece viene tagliato di un quarantesimo per ogni anno di residenza in meno. La parte variabile, invece, dipende dai contributi versati durante la vita lavorativa.
La Fornero della situazione si chiama Giorgos Katrougalos, ministro del welfare, che con le sue 170 pagine ha fatto arrabbiare milioni di lavoratori ellenici già alle prese con i tagli ai salari e al welfare degli ultimi sei anni e che ora si trovano davanti alla certo non rosea prospettiva di sopravvivere con un assegno inferiore alle necessità minime. Un ulteriore elemento di preoccupazione, in un paese in cui il Pil è in caduta libera da anni, è che l’eventuale rivalutazione dell’importo degli assegni pensionistici sarà legata sia all’inflazione sia all’evoluzione del Prodotto Interno Lordo. Come se non bastasse, la ‘riforma’ prevede un aumento dei contributi previdenziali pari allo 0.5% per i lavoratori e all’1% per i cosiddetti “datori di lavoro”.
Insomma un intervento sulle pensioni pesante, pesantissimo quello deciso dall’esecutivo formato da Syriza e da Anel. Ma che non è detto che passi indenne l’esame da parte della Troika, che aveva chiesto che la scure dei tagli affondasse ancora di più, ad esempio prevedendo un aumento dei contributi ancora più consistente e un rapporto tra assegno e retribuzione ancora più basso.
Il che vuol dire che una volta terminato l’esame dei tecnocrati di Bruxelles e di Francoforte il pacchetto arrivato da Atene potrebbe diventare ancora più insopportabile.
Con buona pace di quei milioni di lavoratori e disoccupati che hanno affidato alla ‘sinistra radicale’ il compito di far uscire la Grecia dal tunnel dell’austerity e dei sacrifici a senso unico.
L’ultima doccia fredda, freddissima, prima del piano per il taglio delle pensioni, era arrivata poche settimane fa, quando a causa dei ricatti della Troika il governo di Atene aveva rinunciato senza colpo ferire al cosiddetto “programma parallelo” pensato per ridurre alcune delle conseguenze sociali delle misure più nefaste contenute nel terzo memorandum firmato da Tsipras pochi giorni dopo la straordinaria vittoria del ‘no’ nel referendum del 5 luglio. Un piano che prevedeva, fra le altre cose, la copertura medica per coloro che non erano coperti da alcun programma di sicurezza sociale, sconti sulla bolletta elettrica per i meno abbienti, il prolungamento di un anno della possibilità di usufruire delle mense popolari ecc. 
Il piano, presentato in Parlamento il 14 dicembre da alcuni ministri, già il 17 dicembre è stato ritirato con la coda tra le gambe dall’esecutivo. 

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