“Se l’Occidente, nel tentativo di chiudere le sue porte alle persone che scappano dall’incendio che ha esso stesso contribuito ad appiccare, chiude un occhio su un governo fascista, affonderà insieme ai rifugiati, ai suoi stessi valori e principi e a coloro che credono in essi”.
E’ la durissima accusa rivolta all’Unione Europea da Can Dündar, il direttore del quotidiano turco Cumhuriyet arrestato nel novembre scorso (insieme al caporedattore Erdem Gül) dopo che il suo giornale aveva pubblicato uno scoop sulla armi inviate dal regime di Ankara ai jihadisti in Siria. Il quotidiano aveva documentato l’invio di alcuni Tir pieni di armi camuffate da aiuti umanitari, da parte dei servizi segreti turchi (Mit), agli islamisti che combattono in Siria contro il governo di Damasco.
Appena il partito islamista turco, l’Akp, si è assicurato la maggioranza assoluta nel parlamento di Ankara nelle elezioni anticipate autunnali seguite alla sconfitta di giugno, il regime ha ordinato una nuova ondata repressiva contro le opposizioni. Da allora il giornalista è incarcerato con l’accusa di spionaggio, rivelazione di segreto di stato e incitamento al terrorismo.
Nei giorni scorsi il quotidiano britannico The Guardian è riuscito a raccogliere una sua testimonianza sulla situazione nel paese e sulle trattative in corso tra Bruxelles e Ankara a proposito dei flussi migratori.
Nel corso dell’intervista il direttore di uno dei più importanti giornali turchi, rispondendo alle domande del Guardian attraverso i suoi avvocati, ha denunciato dalla sua cella che la repressione dei giornalisti non è stata mai tanto dura. Al tempo stesso Dundar ha esplicitamente accusato l’Unione Europea di tradire i suoi valori democratici promuovendo un accordo con il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, con la speranza che freni il flusso dei rifugiati diretti in Europa, nonostante le continue e gravi violazioni dei diritti umani di cui è promotore e responsabile.
“Abbiamo sempre considerato l’Unione Europea come un faro, come un esempio per elevare il livello di democrazia in Turchia, e non come un sostegno alla dittatura” ha detto Dundar. “Se adesso l’Ue, per frenare gli arrivi dei rifugiati convertendo la nostra terra in un grande campo di concentramento, decide di strizzare l’occhio a Erdogan che disprezza la democrazia, i diritti umani, la libertà di stampa e lo stato di diritto, significa che l’Ue sta rinunciando ai suoi principi fondamentali per proteggere i suoi interessi a breve termine” ha accusato il direttore di Cumhuriyet.
Dündar ha raccontato di essere stato quasi 45 giorni in una cella di isolamento dopo il suo arresto prima di essere trasferito in una cella comune. Mentre era in isolamento poteva ricevere solo una visita a settimana della durata di un’ora. Tutt’ora non può utilizzare né un computer né una macchina da scrivere – le risposte alle domande del giornale britannico le ha scritte a mano su dei fogli di carta ricevuti durante un colloquio dagli avvocati – e dice che attualmente sta leggendo le memorie di molti intellettuali scritte durante periodi di carcerazione.
Il giornalista ha denunciato che i suoi avvocati non hanno ancora ricevuto alcuna comunicazione rispetto alle accuse mosse dallo stato nei suoi confronti, e che il suo fascicolo è coperto da ‘segreto’ in maniera che i legali difensori non possano cercare di contestarne la fondatezza. “Siamo stati in carcere per 45 giorni in condizioni pensate per un assassinio seriale, e non sappiamo neanche quali sono le accuse a nostro carico” ha affermato a proposito della sua condizione e di quella di Erdem Gül.
“Ritardare la formulazione formale delle accuse a carico degli arrestati è una tattica utilizzata frequentemente nel sistema giudiziario turco per punire preventivamente gli imputati” ha spiegato, ricordando che invece si conosce il contenuto della denuncia presentata da Erdogan e anche la decisione dei giudici di ordinarne l’arresto: “La denuncia chiede due condanne all’ergastolo per presunto spionaggio e per rivelazione di segreto di Stato. Sono accusato di spionaggio per aver pubblicato una notizia … su un giornale”.
“Il problema è che Erdogan considera ogni critica come un insulto e così denuncia tutti coloro che lo criticano. Non c’è un solo giornalista che faccia bene il suo lavoro, denunciando scandali, che la passi liscia” ha aggiunto il direttore del quotidiano turco.
“Esiste sempre un rapporto di causa ed effetto tra l’incremento delle attività criminali del governo e il numero di giornalisti incarcerati. Più crescono i panni sporchi, la corruzione, il commercio illegale di armi e gli assassinii, più i giornalisti che denunciano o potrebbero farlo si trasformano in obiettivi. Il loro arresto rappresenta una intimidazione nei confronti degli altri giornalisti. Ne metti uno in prigione per zittirne cento” ha spiegato Dündar nell’intervista, assicurando che a muovere i fili è Erdogan in persona che “ha consolidato un potere assoluto organizzando una forza di polizia di proporzioni epiche e si è impossessato del controllo totale del sistema giudiziario”.
“Due giorni dopo la pubblicazione della notizia sui camion che trasportavano armi destinate ai gruppi islamisti radicali il presidente disse: ‘Pagherà un alto prezzo per questo. Non lascerò che la passi liscia’. Il giorno stesso, i giornalisti vicini al presidente minacciarono: ‘Se questo fosse successo negli Usa la Cia ucciderebbe le persone che hanno scritto quegli articoli e lo farebbero sembrare un incidente’. Alcuni considerano il mio arresto quasi una fortuna, visto che poteva succedermi qualcosa di assai peggiore”.
La scorsa settimana Can Dündar aveva già rivolto un accorato appello, dalle pagine del suo giornale, a Matteo Renzi, chiedendogli di non ignorare le gravi “violazioni dei diritti umani” in Turchia “in cambio di un accordo sui migranti”. Nel testo – intitolato “Lettera aperta da un giornalista turco in galera al primo ministro dell’Italia” – Dundar chiedeva a Renzi di non dimenticare “i valori fondativi dell’Europa: libertà, diritti umani, democrazia, ideali da lungo tempo calpestati dal Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan”, ricordando che attualmente nelle prigioni della Turchia ci sono più giornalisti che in quelle della Siria. “Se oggi siamo tenuti in isolamento da oltre quaranta giorni in Turchia – ha aggiunto – considerata dai media internazionali ‘la più grande prigione al mondo per giornalisti’, è perché, con quella consapevolezza, ci siamo schierati contro la deriva verso un regime autoritario. Siamo in carcere perché abbiamo provato che tir dell’intelligence turca portavano armi ai gruppi jihadisti in Siria”. Dundar aveva ricordato al presidente del Consiglio italiano che “all’origine della crisi dei rifugiati c’è anche la guerra civile in Siria, alimentata pure con l’appoggio dell’Occidente. Ora seguiamo con interesse il tentativo di placare l’incendio da parte di coloro che si sono travestiti da pompieri dopo averlo appiccato. Purtroppo, dato che Erdoğan ha assunto il controllo di gran parte dei media, è sempre più difficile darne notizia. Chi ha il coraggio di farlo è vittima di attacchi, aggressioni, minacce, processi e carcere”. La lettera si chiudeva con un appello: “Anche se gli interessi attuali dell’Europa rendono necessario ignorare temporaneamente le violazioni dei diritti umani, noi continueremo a chiedere il loro rispetto a qualsiasi prezzo. Se rinunciamo all’umanità davanti alla scelta ‘rifugiati o libertà’, perderemo infatti tutti e tre quei valori”.
A Renzi il direttore incarcerato chiedeva sostanzialmente di bloccare l’accordo tra Unione Europea e Turchia che prevede il finanziamento di Ankara con 3 miliardi di euro di fondi europei in cambio dell’impegno da parte di Erdogan a frenare il flusso di profughi verso l’Europa. Questo perché fu proprio Renzi lo scorso novembre ad affermare che si sarebbe fatto portavoce dei due giornalisti arrestati; allora il presidente del Consiglio promise che avrebbe parlato del loro caso con il premier turco, Ahmet Davutoglu, incontrandolo al Consiglio europeo di Bruxelles. Ma naturalmente l’accordo tra Bruxelles e Ankara è stato siglato ed anzi già si parla di una seconda tranche di finanziamenti al regime turco da parte dell’Unione Europea.
Nella lettera inviata a Renzi alcuni giorni fa Can Dündar ricordava a Renzi gli ottimi rapporti tra Erdogan e Silvio Berlusconi, un’amicizia in seguito alla quale l’allora premier diventato presidente turco ha iniziato a controllare i media “come un imperatore, come Berlusconi”.
Solo nel 2015 sono state decine i giornalisti arrestati o imputati per gravi reati in Turchia. Di poche ore fa la notizia che Kemal Kılıçdaroğlu, il leader del principale partito di opposizione ad Erdogan (il Partito Repubblica del Popolo, Chp, di centrosinistra), è stato messo sotto indagine per “vilipendio al presidente”, per aver definito il ‘sultano’ “un dittatore da due soldi”. Un commento realizzato dal leader repubblicano dopo l’apertura di un’indagine contro ben 1200 docenti universitari di 90 atenei turchi – una ventina dei quali arrestati nei giorni scorsi – messi sotto accusa per aver chiesto al regime la fine della brutale repressione contro la popolazione curda del paese.
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