La Corte di Cassazione egiziana ha annullato la condanna a 15 anni di carcere di un agente di Polizia che uccise con un colpo d’arma da fuoco una manifestante e ha ordinato di rifare il processo.
Shaima al-Sabbagh fu colpita da una pallottola il 24 gennaio 2015, mentre partecipava a una piccola manifestazione nel quarto anniversario della deposizione del dittatore Hosni Mubarak. I partecipanti volevano semplicemente portare una corona di fiori in piazza Tahrir per commemorare le morti dei manifestanti durante le rivolte del 2011, ma la polizia disperse con violenza la manifestazione pacifica organizzata dal suo partito di sinistra, l’Alleanza popolare socialista. La morte di Sabbagh scatenò forte indignazione in Egitto e all’estero. I fatti furono colti dalle telecamere e il capo del regime militare, il generale Abdel Fattah al-Sisi, fu costretto a chiedere che l’omicida fosse “consegnato alla giustizia”.
Il tribunale di grado inferiore aveva condannato il luogotentente Yassin Mohamed Hatem, 23 anni, a 15 di carcere dopo averlo dichiarato colpevole di “percosse con conseguenze mortali”. Raramente in Egitto i poliziotti vengono condannati per aver ucciso manifestanti, in particolare da quando l’esercito ha deposto il presidente islamista Mohamed Morsi nel 2013 con il colpo di stato. Ieri la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza, accogliendo il ricorso dei difensori di Hatem, e ha ordinato di rifare il processo. La corte non ha pubblicato per ora le motivazioni della sua decisione e la data del nuovo processo va ancora fissata.
I gruppi per i diritti civili hanno accusato al polizia di aver ucciso centinaia di dimostranti, soprattutto islamisti, dopo la deposizione di Morsi, 700 in una sola giornata da agosto 2013, durante scontri al Cairo. Migliaia di sostenitori di Morsi sono finiti in carcere e centinaia condannati a morte in processi di massa e la stessa sorte tocca agli oppositori di sinistra, agli attivisti per i diritti umani, ai giornalisti indipendenti, ai sindacalisti.
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