Prosegue oggi alla Rada suprema la discussione sulla fiducia al premier Arsenij Jatsenjuk e al governo ucraino, le cui ore sembrerebbero ormai contate. La sfiducia al gabinetto Jatsenjuk sembrava praticamente cosa fatta ieri pomeriggio, dopo le dichiarazioni in tal senso del presidente Porošenko; ma dopo quattro ore di dibattito sul rapporto a proposito dell’attività del governo, presentato dal premier, non si era giunti a un risultato concreto e solo 194 deputati (su 226 necessari) avevano votato la sfiducia. Si era così verificata una situazione paradossale, scrive oggi la Tass: fino a pochi minuti prima del voto, i deputati avevano giudicato il lavoro del governo insoddisfacente, ma non erano riusciti a dimissionarlo. Diversi deputati si sono poi lamentati del non funzionamento del voto elettronico, che avrebbe dato risultati diversi da quelli espressi.
E, sempre stamani, la frazione parlamentare di Autoaiuto ha dichiarato di voler boicottare l’ulteriore seduta parlamentare, per protesta contro la non riuscita del voto di sfiducia. “L’Ucraina ha un governo illegittimo”, è detto nella dichiarazione della frazione di Autoaiuto, riportata dalla Tass; “il lavoro del governo è stato riconosciuto insoddisfacente; ciò nonostante, è stato lasciato al suo posto. Si è persa l’opportunità di una normale direzione pubblica degli affari di stato. Il parlamento ha definitivamente perso il controllo sul governo”.
Ieri, in coincidenza con l’inizio della seduta parlamentare, a Kiev, nelle strade centrali prospicienti l’edificio della Rada, si erano svolte manifestazioni in appoggio alla richiesta di dimissioni del governo e del primo ministro Jatsenjuk.
Alla vigilia della riunione parlamentare, il Blocco Porošenko, il partito Patria di Julia Timošenko e il partito Autoaiuto di Andrej Sadovij si erano già pronunciati per le dimissioni della compagine. Il presidente Porošenko, da parte sua, già da alcune settimane si era pronunciato in tal senso, provocando l’irritata reazione del premier, che lo aveva invitato a “mordersi la lingua” e però, al tempo stesso, lo aveva “assicurato” che un lavoro comune tra i loro rispettivi blocchi parlamentari (Blocco Petro Porošenko e Fronte popolare) sarebbe ancora fruttuoso per l’Ucraina. E anche per qualcuno al di fuori di essa!
Comunque sia, ieri, secondo quanto riferito dalla Tass, Petro Porošenko aveva nuovamente dichiarato che, “per ristabilire la fiducia nel potere centrale”, erano necessarie le dimissioni sia del primo ministro, sia del procuratore generale Viktor Šokin. Porošenko aveva sottolineato che “il governo ha perduto il sostegno della coalizione” e anche “la società ha chiaramente espresso che, nel lavoro del governo, gli errori sono maggiori delle realizzazioni e ha quindi rifiutato la fiducia ai ministri”.
Sempre secondo la Tass, Porošenko escluderebbe per il momento lo scioglimento della Rada – passo questo, da lui considerato come ultima risorsa – e avrebbe chiamato a “una riformattazione totale del gabinetto ministeriale” sulla “base dell’attuale coalizione”, composta da Solidarnost (che fa capo al Blocco Porošenko), Fronte popolare (il gruppo parlamentare dello stesso Jatsenjuk), Autoaiuto, e Patria. Per ristabilire la fiducia nel governo, ha detto Porošenko, “il momento per un parziale rinnovo del gabinetto è andato perduto. La terapia è ormai insufficiente; è necessaria la chirurgia”.
Si attendono segnali dalle rive del Potomac; ma come aveva affermato già ieri l’ex premier ucraino (all’epoca del presidente Viktor Janukovič) Arsen Avakov, e a dispetto delle infiammate dichiarazioni dei vari blocchi parlamentari, difficilmente il governo Jatsenjuk andrà in pensione finché Washington non lo deciderà.
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