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Badreddine (Hezbollah): omicidio jihadista su mandato israeliano

Il vice segretario generale di Hezbollah, Naim Qassem, ha annunciato che l’intelligence del movimento sciita annuncerà nelle prossime ore “tutti i dettagli che hanno portato all’uccisione del comandante militare Mustafa Badreddine alias Sayed Zulfikar”. In un discorso commemorativo, durante i funerali che si sono svolti a Ghobeyri, quartiere a sud di Beirut e roccaforte del partito, Qassem ha aggiunto “Continueremo a combattere Israele ed i gruppi takfiri (Al Nusra e Daesh, ndr)…per noi c’è un solo nemico: Israele ed i suoi alleati”.

In un comunicato stampa Hezbollah ha spiegato che Badreddine è morto “a causa di una forte esplosione nella base delle milizie sciite, vicino all’aeroporto di Damasco, che potrebbe essere attribuita ad un bombardamento aereo, ad un missile o a colpi di mortaio”. Le ipotesi iniziali di ieri sono state confermate da un’indagine interna al termine del quale Hezbollah ha dichiarato stamattina che il suo comandante è stato ucciso da un attacco di mortai compiuto da gruppi jihadisti della zona, sempre con il supporto logistico israeliano. Già in questi giorni erano circolate voci relative ad un bombardamento aereo su obiettivi militari di Hezbollah in Siria da parte dei jet con la stella di David, smentito da entrambe le parti. L’uccisione del comandante Badreddine risale, infatti, a martedì scorso. La notizia, però, è stata ufficializzata, attraverso i canali Al Manar e Mayeddeen vicini al partito sciita, solo nella giornata di ieri con la celebrazione, venerdì, di funerali solenni seguiti da migliaia di persone che inneggiavano al martirio del comandante della “Resistenza” e gridavano “morte ad Israele, morte ad Al Saud”.

Nonostante la conferma delle indagini, appare abbastanza chiaro sia dalle frasi del vice segretario generale Qassem che da quelle della folla chi sia il vero mandante: Israele. Il comandante delle milizie sciite diventa l’ultima delle vittime di Hezbollah in territorio siriano per mano, diretta o indiretta, sionista dopo l’uccisione di Imad Mughniyeh nel 2008 ad opera del Mossad e quella di Samir Kuntar vittima di un bombardamento a dicembre 2015.

Mustafa Badreddine era una delle figure di spicco dell’ala militare di Hezbollah visto che fu, nel 1982, uno dei suoi primi fondatori. Con il passare degli anni è diventato uno dei comandanti più temuti dalle truppe israeliane e più carismatiche all’interno della Resistenza. Sue sono considerate le principali vittorie che portarono nel 2000 al ritiro sionista dal territorio libanese, come sua è stata la principale vittoria nella battaglia di Qusayr , che ha cambiato le sorti della guerra civile in Siria in favore delle truppe lealiste. Aveva recentemente dichiarato “tornerò dalla Siria o come martire o con la bandiera della vittoria”. Per il suo ruolo ed il suo carisma, la stessa stampa israeliana lo considerava “il ministro della sicurezza di Hezbollah”.

In seguito alla sua morte il quotidiano israeliano Maariv ha dichiarato che “la morte di Mustafa Badreddine è un duro colpo per la direzione del partito di Dio e che lo stato israeliano non sentirà la mancanza della morte di Badreddine che ha pianificato decine di attacchi contro Tel Aviv”. Da parte sua il quotidiano Haaretz ha riportato che “Israele non è implicato in questo omicidio” e “pur avendo pianificato operazioni per uccidere il comandante Badreddine, alcuni indizi confermano che Tel Aviv non è responsabile dell’esplosione”.

Sulla stessa linea le dichiarazioni del ministro dell’immigrazione, Zeev Elkin, che intervistato alla radio israeliana ha dichiarato che l’uccisione è una “buona notizia” senza negare né confermare alcuna implicazione del governo israeliano.

Appaiono purtroppo sempre più frequenti e costanti le provocazioni e gli atti da parte del governo di Tel Aviv per alzare la tensione contro Hezbollah, suo nemico giurato. Secondo alcuni analisti, infatti, con l’appoggio saudita e dei suoi stati “vassalli” (Egitto, Stati del Golfo e Giordania), il governo israeliano tenta in qualsiasi maniera di cercare lo scontro che potrebbe portare ad un’ennesima invasione del Libano con l’obiettivo di cancellare Hezbollah: cosa che non è avvenuta nel 2006 dopo la deludente sconfitta sionista e le ripercussioni interne ed internazionali. D’altra parte Israele e Arabia Saudita tentano di contrastare l’asse sciita, rappresentato da Iran, Iraq, Libano e Yemen, in qualsiasi modo: primo fra tutti il sostegno economico e militare di movimenti jihadisti come Al Nusra e Daesh.

Nel suo ultimo discorso di giovedì il segretario generale, Hassan Nasrallah, ha dichiarato come “gli americani e gli israeliani hanno creato e sostenuto Daesh per combattere Hezbollah in Libano”, come riportato dal generale Wesley Clark in un’intervista alla CNN del dicembre 2015 e che “dopo aver fallito nel 2006 uccidendo migliaia di civili e distruggendo infrastrutture, senza sconfiggere la resistenza in Libano, loro (gli israeliani, ndr) hanno provato con il modello afgano dei movimenti takfiri, ma non hanno avuto successo nuovamente”. Nasrallah ha concluso dicendo “i gruppi jihadisti sono la punta della lancia dei progetti israelo-sauditi nella regione contro l’asse della resistenza, che continuerà a combatterli con maggiore forza e determinazione”.

Stefano Mauro

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