Tra una ricognizione di aerei spia statunitensi RC-135 sul mar di Barents e un volo di “Typhoon” britannici nei cieli dell’Estonia, alla ricerca di velivoli da ricognizione elettronica russi, la Nato continua la sua espansione a est. Per alcuni si tratta di un “punto di vista”. Il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, ovviamente, assicura il mondo intero che “stati indipendenti hanno bussato alla porta chiedendo di divenire membri dell’organizzazione. In nessun modo la Nato si espande a est – è l’est che vuole unirsi alla Nato e/o entrare nell’Unione Europea”.
Di fatto, è attesa per domani la dichiarazione ufficiale da parte dei Ministri degli esteri dell’Alleanza atlantica sulla firma del protocollo d’ingresso del Montenegro nella Nato. Nel corso della riunione ministeriale a Bruxelles, è previsto un incontro separato del Consiglio Atlantico col Ministro degli esteri del Montenegro, durante il quale verrà firmato il relativo documento; la ratifica di questo, poi, da parte di tutti paesi della Nato e del Montenegro stesso, certificherà l’adesione effettiva del paese balcanico all’organizzazione “pacifica e difensiva”.
Appena due mesi fa il primo ministro montenegrino, Milo Džukanovič, aveva dichiarato che il suo paese sarebbe divenuto membro effettivo della Nato entro la metà del 2017. Già alle prime notizie di un “invito” dell’Alleanza atlantica al governo di Podgorica, lo scorso autunno, si erano avute manifestazioni e proteste di larghi settori della popolazione, con la richiesta di dimissioni di Džukanovič. Ciononostante, a febbraio si erano svolti i primi colloqui “tecnici”, a livello di ambasciatori, sull’adesione e il premier aveva annunciato l’avvio della procedura che dovrebbe portare domani alla firma a Bruxelles. Come da copione, al Quartier generale belga si giura sul fatto che l’ingresso del Montenegro nella Nato “garantirà il rafforzamento della sicurezza e delle capacità difensive” del paese e, secondo la classica sceneggiatura, Džukanovič continua a dichiarare che l’adesione a tutti gli effetti (la partecipazione di fatto è in corso da tempo) del Montenegro alla Nato non è diretta contro gli interessi russi. A marzo, egli aveva definito non inaspettata la reazione russa: “Ci attendevamo che la Russia avrebbe espresso insoddisfazione per l’intenzione del Montenegro di entrare nella Nato. Ma sarò estremamente sincero: tale livello di risentimento ci ha oltremodo sorpreso”. Mosca ha però sempre dichiarato di non voler esercitare alcuna pressione su Podgorica, pur invitando il governo montenegrino a indire un referendum sull’adesione alla Nato, visto l’atteggiamento fortemente negativo di gran parte della popolazione che, evidentemente, ha un proprio “punto di vista” diverso sulla questione.
Ma intanto, un “punto di osservazione”, per così dire, privilegiato su “l’est che vuole unirsi alla Nato”, sta diventando la Polonia dove, a poco più di un mese dall’inizio del vertice Nato a Varsavia, si sta concentrando un tale spiegamento di forze quale, come nota RIA Novosti, “il paese non aveva più visto dai tempi della Seconda guerra mondiale”. Per le “Brilliant Jump 2016”, la prima esercitazione in grande stile delle cosiddette “forze di pronto intervento” della Nato, 400 mezzi blindati e corazzati sono sbarcati nel porto di Stettino, mentre 1.500 uomini sono atterrati all’aeroporto di Breslavia, sullo sfondo dei francesismi – “bestia” contro “canaglia” – di cui si sono reciprocamente ossequiati l’ex Ministro degli esteri polacco, Radosław Sikorski e l’attuale Ministro della difesa, Antoni Macierewicz, circa una presunta “sottovalutazione dell’aggressività russa” da parte del precedente governo di Varsavia. “Quando tutto ci additava l’avvicinarsi di un grosso conflitto e un’enorme minaccia per il nostro paese, il Ministro degli esteri affermava che la Russia può divenire membro della Nato”, ha dichiarato Macierewicz, interpretando a modo suo le parole pronunciate nel 2009 da Sikorski, secondo cui “la Russia è necessaria per la soluzione dei problemi europei e globali e perciò ritengo che debba essere ammessa nella Nato”.
L’odierno spiegamento di forze a Stettino e Breslavia pare indicare la netta prevalenza del “punto di vista” dell’attuale governo che, anzi, sarebbe orientato a richiedere alla Nato una presenza così massiccia non solo in occasione delle manovre, ma permanente, secondo il piano “di reazione rapida necessario a prestare aiuto alla Polonia e ai paesi baltici”. E se il suo vice, Tomasz Szatkowski, si limita a dire che “dobbiamo parlare con la Russia da una posizione di forza”, Macierewicz non si fa scrupolo di surclassare il “punto di vista” di Stoltenberg tuonando che la Nato “condivide il punto di vista di Varsavia sull’allargamento della Nato a est”, sostenendo in larga parte “le attese polacche per una presenza permanente dell’Alleanza sul fianco orientale dell’organizzazione” e che una decisione in merito verrà adottata al vertice di luglio.
Questione di “punti di vista”, dunque; i fatti possono essere interpretati a piacimento.
Fabrizio Poggi
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