Non accenna a diminuire la tensione sulla Linea di demarcazione marittima tra le due Coree. Ieri, un vascello sud coreano aveva esploso colpi di avvertimento contro un peschereccio della Corea del Nord, scortato da un battello militare di pattugliamento che, secondo lo Stato maggiore di Seoul, aveva oltrepassato di circa 640 metri la cosiddetta Linea di demarcazione settentrionale nel mar Giallo. Il peschereccio aveva invertito immediatamente la rotta. Oggi, pare che alcuni vascelli sudcoreani siano penetrati nelle acque territoriali della Corea del Nord, sparando contro un vapore che stava scortando un battello in avaria. Lo Stato maggiore di Pyongyang ha dichiarato di considerare l’atto “una provocazione deliberata, volta ad aggravare la situazione” e, “in caso di altri sconfinamenti nelle acque territoriali della Repubblica popolare, i soldati apriranno il fuoco senza avvertimento contro le navi” di Seoul.
L’azione sudcoreana ha suscitato indignazione al nord, soprattutto per il fatto che “questa provocazione è stata messo in atto nel momento in cui Pyongyang propone a Seoul di iniziare un dialogo per ridurre la tensione nella penisola. Gli organizzatori di questa provocazione devono chiedere scusa a tutta la nazione coreana”, è detto nella dichiarazione di Pyongyang.
La Linea di demarcazione settentrionale, che funge da frontiera marittima tra le due Coree, fu ufficializzata unilateralmente dal comando delle truppe ONU (sostanzialmente USA) termine del conflitto, nel 1953 e non è mai stata riconosciuta da Pyongyang, che non ebbe voce in capitolo nella sua determinazione e che ne chiede lo spostamento verso sud, in corrispondenza alla linea di demarcazione terrestre. Il confine marittimo, infatti, a differenza di quello terrestre, volge bruscamente verso nord, in parallelo alle coste nordcoreane, fino a inglobare nella Corea del sud cinque isole, che rientrano amministrativamente nel distretto Ongjindella città metropolitana di Incheon.
Un incidente simile si era verificato lo scorso febbraio. Quelli di questi giorni sono avvenuti sullo sfondo delle dichiarazioni della presidente sudcoreana Park Geun-hye che, secondo l’agenzia cinese Xinhua, ha detto che il suo paese non cederà alle minacce nucleari della Repubblica popolare democratica di Corea, anche se Pyongyang continuerà “le provocazioni con altri test nucleari”. Lo ha affermato giovedì nel suo video-discorso (è in visita ufficiale in vari paesi africani) di congratulazioni per il cosiddetto “Forum di unificazione” sudcoreano, stigmatizzando anche il quarto test nucleare della Corea del Nord del gennaio scorso e il lancio di un missile a lunga gittata a febbraio.
Presentando la questione dal punto di vista sudcoreano, Park ha dichiarato che Pyongyang, ribadendo al 7° Congresso del Partito del lavoro, lo scorso maggio, la scelta nucleare, ha in tal modo rigettato le speranze di Seoul per il miglioramento delle relazioni inter-coreane. Park ha detto che la riunificazione fra le due Coree sarebbe l’unico modo per la prosperità nazionale, una vera pace in Asia nord-orientale e nella penisola coreana. Le affermazioni di Park si affiancano a quelle di fonte governativa, circa la la necessità delle sanzioni contro la RPDC, a dispetto delle ripetute offerte di dialogo sulle questioni militari lanciate da Pyongyang. Allo stesso Forum, infatti, il primo ministro di Seoul, Hwang Kyo-Ahn, ha detto che è necessario unirsi alle pressioni della comunità internazionale e alle sanzioni verso la Corea del Nord, affinché Pyongyang abbandoni le proprie ambizioni nucleari e si acuiscano le difficoltà economiche e l’isolamento internazionale del paese.
Nonostante le “porte sempre aperte al dialogo” proclamate da Hwang, se Pyongyang mostrerà “atti concreti di denuclearizzazione”, i suoi commenti sono in linea con quelli dei militari sudcoreani, che respingono le proposte di dialogo della RPDC sulle questioni militari. Lo scorso 21 maggio, ricorda l’agenzia Xinhua, la Commissione Nazionale di Difesa della Corea del Nord aveva infatti proposto alla controparte sudcoreana colloqui intergovernativi militari, da tenersi tra fine maggio e inizio giugno; ma il Ministero della difesa di Seoul aveva respinto la proposta. Pyongyang aveva fatto una nuova proposta all’inizio di questa settimana, respinta nuovamente da Seoul col pretesto che non vi è “alcuna sincerità” nelle aperture nordcoreane, perché non vi si fa menzione di denuclearizzazione. Allo stesso Forum, il Ministro sudcoreano dell’Unificazione Hong Yong-Pyo ha detto che non è ancora il momento per il dialogo, anche se i colloqui sono necessari; l’accettazione ora del dialogo, ha detto Hong, significherebbe chiudere gli occhi sullo sviluppo nucleare di Pyongyang.
Naviglio sudcoreano ha iniziato intanto, giovedì scorso, esercitazioni nel mar del Giappone con l’impiego di missili guidati antinave, ufficialmente per “esser pronti” al quinto esperimento nucleare nordcoreano, in una “situazione di massimo pericolo di guerra”. Secondo le dichiarazioni dello Stato maggiore della marina di Seul, alle manovre prendono parte 10 cacciatorpediniere, dotati di sistemi di direzione informatica multifunzionale “Aegis”, aerei da pattugliamento P-3 “Orion”, elicotteri Lynx e caccia FA-50 e F-5.
Questo, in contemporanea alla decisione annunciata ieri dalla UE di ampliare le sanzioni contro Pyongyang nel campo dell’importazione di prodotti energetici, dei servizi finanziari, degli investimenti nell’economia europea in campo estrattivo e chimico. Nel campo del trasporto aereo, la UE vieta ai vettori nordcoreani ogni volo, anche di transito, nei paesi dell’Unione; in quello del trasporto marittimo, sono chiusi i porti alle navi di proprietà o di nolo nordcoreano, o anche solamente comandate da personale nordcoreano. Lo scorso 16 marzo, Barack Obama aveva congelato proprietà e investimenti di Pyongyang negli Stati Uniti; il 2 marzo, il Consiglio di sicurezza ONU aveva adottato una risoluzione per l’inasprimento delle sanzioni – fino a quel momento limitate ai dirigenti del settore atomico nordcoreano – vietando l’esportazione di carbone, materiali ferrosi, titanio, vanadio, oro e altri metalli preziosi e ponendo l’embargo sull’invio in Corea del Nord di combustibile avio e missilistico. Pyongyang aveva rigettato la risoluzione ONU, affermando che il test nucleare del 7 gennaio rispondeva “a scopi difensivi”, in risposta alla politica ostile di Washington, mentre il lancio del missile, il 6 febbraio, era stato deciso “per ricerche spaziali a scopo pacifico”.
Fabrizio Poggi
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa