Se qualcuno pensava che l’ondata di epurazioni ed arresti avesse toccato il culmine rimarrà deluso. Ogni giorno si allunga la lista dei membri delle forze armate e di sicurezza, dell’apparato statale e di altri settori della società turca colpiti dai provvedimenti punitivi adottati dal regime dopo il fallito colpo di stato del 15 luglio scorso.
Ieri le autorità turche hanno emesso un mandato d’arresto nei confronti di 42 giornalisti; stamattina la maggior parte erano stati eseguiti, anche se alcuni dei lavoratori dell’informazione nel mirino sono riusciti a rendersi irreperibili e in alcuni casi a riparare all’estero. Tra i giornalisti arrestati ci sono nomi noti, alcuni dei quali colpiti già in passato da provvedimenti giudiziari. Come Nazli Ilicak, 72 anni, ex parlamentare della destra islamista, commentatrice televisiva e collaboratrice di numerosi quotidiani, che dopo anni di sostegno ad Erdogan ha iniziato a criticarlo in maniera molto dura. Ilicak era stata già licenziata nel 2013 dal quotidiano filo-governativo Sabah, per aver criticato alcuni ministri coinvolti in uno scandalo di tangenti che secondo il governo era stato orchestrato sempre da Gulen.
Nel mirino del regime anche l’ex responsabile dei contenuti digitali del quotidiano Hurriyet, Bulent Mumay, vicino alle correnti dell’opposizione liberale.
Sempre ieri sono stati arrestati 31 docenti universitari, accusati di far parte delle rete guidata da Fethullah Gulen, l’imam/magnate esule negli Stati Uniti trasformatosi a partire dal 2013 nel principale avversario di Erdogan dopo averne favorito l’ascesa al potere.
Dopo aver pesantemente colpito l’esercito, la magistratura e il mondo della scuola e dell’università, con migliaia di istituzioni scolastiche chiuse per decreto perché collegate alla confraternita diretta da Gulen, ieri ben 5 mila dipendenti del Ministero della Salute sono stati sospesi dal governo, così come 211 dipendenti della compagnia di bandiera Turkish Airlines. In una nota, la compagnia ha spiegato che i contratti dei dipendenti sono stati interrotti per “necessità operative, inefficienza, scarso rendimento e sostegno al movimento del religioso indicato come il capo di un vero e proprio ‘stato parallelo’. Sorte analoga per 198 lavoratori e dirigenti della compagnia delle telecomunicazioni a capitale pubblico Turk Telecom.
Continua intanto la caccia ai militari accusati di aver partecipato alla sollevazione o di averla comunque sostenuta. Ieri sera sono stati arrestati sette soldati accusati di aver preso parte al blitz contro un albergo di Marmaris, sull’Egeo, dove il presidente Erdogan stava soggiornando al momento del golpe. I sette militari sono stati arrestati durante una massiccia operazione di ricerca nell’area intorno a Marmaris. Sempre ieri sono stati catturati anche 40 militari di un’accademia di Istanbul. Secondo l’agenzia Anadolu gli arresti sono stati eseguiti dall’unità antiterrorismo della polizia, che ha circondato i sospetti nell’accademia, che si trova nel quartiere Besiktas, sul lato europeo di Istanbul. Nei giorni scorsi erano già stati arrestati altri militari dell’accademia e per 15 ufficiali la detenzione in carcere è stata confermata dai giudici.
Da parte sua il premier islamo-nazionalista Binali Yildirim aveva affermato in un’intervista televisiva che la Guardia presidenziale turca verrà sciolta. Nei giorni scorsi 283 membri di questo corpo di sicurezza speciale sono stati arrestati. Inoltre il ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu ha annunciato in un intervento alla tv Haberturk anche un’operazione di ‘pulizia’ all’interno del corpo diplomatico con l’epurazione di numerosi ambasciatori e addetti di varie rappresentanze diplomatiche.
Sul fronte finanziario, l’organismo turco per la supervisione degli istituti bancari (Bddk) ha revocato ieri la licenza all’istituto di credito Bank Asya accusato di legami con la confraternita ‘Hizmet’. Bank Asya era in realtà già stata commissariata lo scorso anno e posta sotto il controllo del Fondo statale di garanzia dei depositi (Tmsf).
Nel frattempo, nel tentativo di cavalcare l’ondata reazionaria provocata dall’azzardato e fallito putsch del 15 luglio, il regime ha deciso di intitolare ai ‘martiri del 15 luglio’, ai quali è stata dedicata anche una festività nazionale lo stesso giorno, uno dei ponti sul Bosforo a Istanbul.
Ovviamente il regime sta rimpiazzando alcuni dei membri epurati con figure fedeli al governo: 342 nuovi giudici e pubblici ministeri sono stati nominati ieri dalla Corte di Giustizia di Ankara allo scopo di riempire in parte il vuoto lasciato dai circa 2100 arresti compiuti tra magistrati e procuratori.
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