Ankara ha avvertito che continuerà la sua offensiva militare contro le milizie popolari curde in Siria finché esse non manterranno l'impegno – in realtà preso in loro vece dal governo degli Stati Uniti – di ritirarsi a est del fiume Eufrate. L'ha affermato il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu. "L'YPG (Unità di protezione del popolo) prima di tutti…devono attraversare l'Eufrate andando sulla sponda est al più presto. Finché non lo faranno, saranno un obiettivo", ha detto Cavusoglu, accusando il gruppo di aver realizzato una "pulizia etnica" dei territori liberati da Daesh e di aver costretto i suoi oppositori a fuggire.
Che il reale obiettivo dell'invasione del nord siriano da parte delle truppe corazzate di Ankara e di migliaia di miliziani dell'Esercito Siriano Libero e di altri gruppi islamisti e turcomanni siano i curdi e non i jihadisti dello Stato Islamico sembra ormai più che evidente. Da giorni ormai le artiglierie, i carri armati e i caccia turchi martellano le milizie curde e vari villaggi da esse controllati. Lo stesso 'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani', gruppo vicino ai ribelli siriani basato a Londra, ha ammesso ieri che i bombardamenti di Ankara hanno provocato la morte di una quarantina di civili – “25 terroristi” secondo il comunicato ufficiale del regime di Erdogan – in particolare nel villaggio di Jeb el-Kussa. Qui venti persone sono state uccise dalle bombe turche, e altrettanti vittime hanno provocato i bombardamenti di Ankara nella città di Al-Amarneh. Oltre ai civili si registrano alcuni morti anche tra i combattenti curdi. Un portavoce dell'amministrazione autonoma del Rojava, che riunisce curdi ma anche arabi e altre comunità del nord del paese, ha parlato di ben 75 morti.
La guerriglia curda tenta di rispondere come può all'invasione turca del nord della Siria. Ieri un militare turco è morto e tre sono stati feriti in un attacco a colpi di razzi contro due carri armati di Ankara che partecipavano alla cosiddetta operazione 'Scudo dell'Eufrate'. Anche sul fronte turco continuano gli attacchi del Pkk, partito gemellato con il Pyd dei curdi di Siria: nelle ultime ore la guerriglia curda ha colpito con un razzo l'aeroporto di Diyarbakir ed ha attaccato un convoglio di auto nel quale viaggiava il leader del principale partito di opposizione turco (Partito Repubblicano del Popolo, Chp), Kemal Kilicdaroglu, che però è rimasto illeso.
L'amministrazione statunitense appare in forte affanno. Da una parte non vuole del tutto mollare i curdi, perché altrimenti si metterebbe del tutto fuori dal rompicapo siriano, dall'altra però non può permettersi di rompere del tutto con la Turchia dopo il passo falso del fallito golpe del 15 luglio nei confronti del quale Washington ha mostrato quantomeno tolleranza. Una contraddizione che si riflette nelle prese di posizione dei portavoce della Casa Bianca, tardive quanto ambigue. "Stiamo monitorando le notizie di raid e scontri a sud di Jarablus tra le forze turche, alcuni gruppi di opposizione e le unità affiliate alle Sdf (Forze democratiche siriane di cui l'Ypg è parte fondamentale, ndr). Riteniamo questi scontri, in aree in cui l'Isis non è presente, inaccettabili e fonte di forte preoccupazione" ha detto un portavoce della Casa Bianca, che aveva sostenuto obtorto collo l'ultimatum di Ankara sul ritiro dell'Ypg oltre l'Eufrate proprio per mantenere un precario equilibrio tra i propri interessi e le pretese di Ankara. "Non siamo stati coinvolti in queste attività e non le sosteniamo. Di conseguenza, invitiamo tutti gli attori armati a prendere le misure appropriate per fermare le ostilità e aprire canali di comunicazione, focalizzandosi sull'Isis, che rimane una minaccia letale e comune" ha scritto su Twitter l'inviato speciale di Obama per la lotta all'Isis, Brett McGurk, attribuendo le frasi al ministero della Difesa.
Se appare evidente che l'amministrazione Obama stia mollando almeno parzialmente i curdi dopo averli sostenuti e appoggiati per quasi due anni, anche Mosca sembra preferire il rinnovato rapporto con la Turchia al sostegno fin qui accordato al Pyd. Durante il fine settimana Mosca ha ufficialmente autorizzato la ripresa dei voli charter dalla Russia verso la Turchia, vietati dopo il duro scontro innescato dall'abbattimento di un caccia russo da parte delle forze aeree di Ankara in Siria, a ridosso della frontiera. Nelle scorse settimane il presidente Vladimir Putin aveva già autorizzato la vendita da parte dei tour operator russi di viaggi in Turchia.
Per rimanere in Siria da segnalare che nei giorni scorsi l'esercito governativo siriano ha liberato la città di Daraa, nella provincia di Damasco. Il Ministero della Difesa russo ha informato che dalla località sono state sloggiate oltre 1.800 persone. Alcuni civili sono stati messi in salvo e alcune centinaia di combattenti delle milizie dell'opposizione che hanno deposto le armi e i loro familiari sono stati evacuati a bordo di diversi autobus nella città di Idlib ed in altre località.
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