Rivolta a Charlotte, in North Carolina, dopo l'ennesima esecuzione di un nero di 43 anni, Keith Scott Lamont, da parte della polizia. Secondo la ricostruzione interessata del dipartimento di polizia locale, l'uomo era armato ed era entrato in un condominio. L'omicidio segue di poche ore quello di un altro afroamericano, Tulsa, Oklahoma, che – sempre secondo la ricostruzione della polizia – avrebbe ignorato le ripetute richieste di alzare le mani.
A Charlotte la folla si era radunata nei pressi della Università del North Carolina, scandendo slogan come "la vita dei neri conta" e "mani in alto, non sparate". La protesta si è presto trasformata in rivolta, con i manifestanti ad attaccare le auto della polizia, distruggendone alcune e ferendo – sembra – 12 poliziotti con il lancio di sassi. Inutile, anzi un boomerang, il tentativo di disperdere la protesta con i lacrimogeni, come mostrato da alcune tv locali.
Centinaia di persone hanno bloccato una parte dell'autostrada Intestate 85, fronteggiati da una fila di agenti.
Scene quasi identiche si erano svolte poche ore a prima a Tulsa, a centinaia di chilometri di distanza, per l'omicidio di Terrence Crutcher, 40 anni, morto all'ospedale dopo essere stato colpito da un agente. La polizia, in questo caso, ha sostenuto che due agenti stavano camminando verso la macchina dell'assassinato quando Crutcher li avrebbe avvicinati da un lato della strada: il primo ha usato una pistola taser, il secondo una vera. Gli investigatori non hanno neppure fatto cenno all'eventualità che l'uomo fosse armato, né è stata ritrovata alcuna arma all'interno della sua auto.
La lista dei neri uccisi dalla polizia Usa si va allungando a dismisura proprio mentre si chiude la prima esperienza di un nero alla guida degli Stati Uniti. È come se la polizia volesse dire alla popolazione di colore “non vi fate illusioni solo perché uno di voi è arrivato lassù; quaggiù, per voi, non cambia nulla”. E le rivolte si accendono immediatamente a ogni omicidio di polizia.
Un video degli scontri:
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