Mentre alle Cortes di Madrid continua il balletto tra le varie forze politiche per dare allo Stato Spagnolo un governo che salvo miracoli non vedrà la luce costringendo così il sovrano a sciogliere di nuovo il parlamento e ad indire nuove elezioni natalizie, ieri si sono tenuti due importanti test elettorali nella Comunità Autonoma Basca ed in Galizia.
Difficile fare “una media” del risultato delle due elezioni regionali e trarne indicazioni valide per tutto lo stato, trattandosi di due contesti politici assai diversi tra loro e di due comunità che rispetto alle altre godono di uno statuto speciale e quindi di un discreto margine di autogoverno.
Ma alcuni elementi di tendenza balzano agli occhi. Intanto il vero e proprio tracollo delle locali federazioni socialiste, uscite con le ossa rotte dal confronto con le alleanze guidate da Podemos che riescono a sottrarre un gran numero di voti al partito di Sanchez.
Al tempo stesso però Podemos rincula, ottenendo buoni risultati ma al di sotto delle aspettative, confermando così la tendenza già registrata alle ultime elezioni legislative.
La destra del Partito Popolare conferma la tendenza al recupero dei consensi che aveva contraddistinto le legislative spagnole del 26 di giugno. Nella Comunità Autonoma Basca, dove il partito di Rajoy non è mai stato al centro della scena politica, il PP contiene i danni, mentre in Galizia, suo feudo storico, la formazione mantiene la maggioranza assoluta e addirittura supera i livelli della scorsa tornata.
Nel Paese Basco i regionalisti del Partito nazionalista basco, che temevano il sorpasso da parte di Podemos, resiste al primo posto ed anzi incrementa i seggi. Gli indipendentisti di sinistra e centrosinistra di Eh Bildu confermano la tendenza al ridimensionamento del proprio elettorato, in parte perso a vantaggio del partito di Pablo Iglesias, ma la coalizione ‘abertzale’ contiene i danni rispetto alle previsioni e ai magrissimi risultati delle legislative piazzandosi in seconda posizione.
Discreto il risultato per i nazionalisti di sinistra del Blocco Nazionalista Galiziano che calano rispetto alle precedenti regionali ma evitano la disfatta registrata alle elezioni generali estive.
Quello che sembrava l’astro nascente del centrodestra spagnolo, Ciudadanos, sparisce invece sia in Galizia che nella Cav.
Disaggregando il dato, le elezioni ‘autonomiche’ di ieri nella Comunità basca hanno prodotto il parlamento regionale di Gasteiz più plurale della storia dell’istituzione nata dall’autoriforma del franchismo. Il Partido Nacionalista Vasco – regionalista, autonomista, di centrodestra – ha ottenuto il 37.5% e 29 seggi, due più che durante la precedente legislatura e molto meglio rispetto al 25% preso alle recenti elezioni generali (anche se trattandosi questa volta di elezioni autonomiche ed essendo l'elettorato orientato a partire da altre priorità la comparazione ha solo un valore indicativo e relativo anche se significativo vista la vicinanza temporale). Inoltre i democristiani e liberali baschisti si piazzano in prima posizione in tutte e tre le province che compongono la CAV.
EH Bildu, con il 21.5% e 17 seggi (quattro persi), rimane al secondo posto ma perde il primato in Gipuzkoa. Gli indipendentisti però risalgono parecchio rispetto al disastroso 13.3% di giugno. Elkarrekin Podemos, alleanza che includeva anche la sezione basca di Izquierda Unida ed Equo, ottiene il 14.8% e 11 parlamentari, ben lontani da quel 29% raggiunto il 26 giugno scorso.
Nonostante l’incremento, gli jeltzales rimangono però lontani dalla maggioranza assoluta di 38 seggi e dovranno quindi fare di nuovo ricorso al sostegno dei socialisti, come negli anni scorsi. Come socio di governo potrebbero contare su un Partito Socialista fortemente ridimensionato dall’irruzione sulla scena di Elkarrekin Podemos. Il PSE infatti è crollato da 16 a 9 parlamentari attestandosi all'11.9%, anche peggio del 14.2 raggiunto a giugno. I Popolari ne prendono altrettanti con solo il 10.1% dei voti, perdendone solo uno rispetto alle elezioni del 2012, quando il PP non doveva ancora fare i conti con il terremoto politico creato dalla nascita di Podemos e dallo sdoganamento a livello statale di Ciudadanos. Quest’ultima formazione riesce a raggranellare solo il 2% e non ottiene nessun seggio. Potremmo anzi affermare che il partito di Rivera ne perde uno, visto che nel parlamento regionale appena rimpiazzato sedeva un rappresentante del partito di centrodestra e nazionalista spagnolo UPyD, eletto in Araba. La formazione, nata da una scissione di destra del Psoe questa volta ha deciso di non presentarsi visto che nelle ultime tornate aveva visto il proprio elettorato transitare in blocco verso l’analogo ma più appetibile Ciudadanos.
L’astensione è stata protagonista della giornata di ieri, con un tasso di disaffezione pari al 37.9%, il più alto nella storia delle elezioni regionali nella Comunità Autonoma Basca.
La vittoria del Pnv e la probabile formazione di un governo di coalizione con i socialisti lascerà di fatto tutto com’era, anche se la maggioranza a disposizione sarà assai più risicata. Anche l’ingresso di una nutrita pattuglia di parlamentari di Elkarrekin Podemos nell’emiciclo di Gasteiz difficilmente farà saltare i consolidati equilibri politici locali. Da notare che, dal punto di vista dei rapporti di forza tra gli schieramenti, la nuova ‘Camera’ basca vede una maggioranza schiacciante a favore dei sostenitori del ‘diritto a decidere’, ben 57 seggi su 75, ovvero il 76% del totale. Ovviamente a voler raggruppare sotto questa generica dizione tanto gli indipendentisti di EH Bildu, quanto i regionalisti del Pnv fino ai federalisti di Elkarrekin Podemos.
Da vedere quale sarà la strategia degli indipendentisti per far fronte all’assalto di Podemos, respinto solo in parte. Una volta noti i risultati definitivi, lo storico leader della sinistra basca Arnaldo Otegi – candidato a lehendakari (presidente) della Cav ma inabilitato dal Tribunale Costituzionale per motivi politici dopo parecchi anni passati in cella per reati di opinione – ha definito entusiasmanti i risultati della coalizione che dirige. “Ci davano per seppelliti, dicevano che eravamo una cosa vecchia, del passato…ma questo paese è tornato a dimostrare che gli indipendentisti di sinistra sono il presente ed il futuro” ha urlato Otegi tra gli applausi e gli slogan a favore dell’indipendenza della piccola folla che si era nel frattempo radunata.
Su molte questioni – sociali e ambientali innanzitutto, forse anche economiche e di altro tipo – le due formazioni potrebbero fare fronte comune a Gasteiz contro l’asse conservatore Pnv-Pse-PP. Ma appare più che ovvio che Podemos ed EH Bildu sono concorrenti diretti e si contengono almeno in parte lo stesso elettorato, e che gli indipendentisti se vogliono risalire la china devono convincere una parte di quella che fu la base sociale ed elettorale – spesso anche militante – di Herri Batasuna e di Batasuna a tornare a sostenere un movimento accusato di essersi eccessivamente istituzionalizzato, di aver abbandonato il conflitto e di aver rinunciato ad alcune rivendicazioni storiche dell’izquierda abertzale, come l’amnistia per i prigionieri politici o la riunificazione dei territori divisi tra Spagna e Francia.
Le dichiarazioni di Otegi di ieri fanno pensare ad una possibile collaborazione, se non ad un patto, tra EH Bildu e le altre formazioni che almeno a parole difendono il ‘diritto all’autodecisione’. Se questo accordo sarà possibile e su quali direttrici eventualmente si baserà ce lo diranno le prossime settimane, ovviamente dipendendo in buona parte anche dall’evoluzione della situazione politica statale.
Completamente diversa la mappa elettorale uscita dalle elezioni regionali galiziane stravinte dalla destra nazionalista spagnola guidata a livello locale da Alberto Núñez Feijóo. In Galizia il PP ottiene la maggioranza assoluta con 41 seggi e riesce addirittura a superare la percentuale ottenuta nel 2012 conquistando mediamente il 47.53%, e nelle province dell’interno come Ourense e Lugo addirittura, rispettivamente, il 53 e il 52%. Al contrario che nella CAV, l’astensione si è ridotta di nove punti rispetto al 2012, toccando quota 36.2%.
All’exploit dei popolari fa da contraltare il tonfo dei socialisti del PSdeG, che scendono da 18 a 14 deputati ottenendo solo il 18% dei voti, il peggior risultato da quando esiste un parlamento autonomico galiziano.
La coalizione En Marea ottiene lo stesso numero di seggi dei socialisti -14 – ma supera il PSdeG in percentuale, ottenendo il 19%. La confluenza formata da Podemos e da alcuni movimenti locali autonomisti, nazionalisti di centrosinistra – come Anova – ed ecologisti, guidata dal magistrato Luis Villares, riesce quindi a piazzarsi in secondo posizione per circa 16 mila voti. Ma solo grazie al pessimo risultato dei socialisti. A ben guardare infatti la coalizione tra Podemos, Anova, Izquierda Unida e le ‘maree’ – movimenti di contestazione alle politiche governative che hanno subito un certo processo di politicizzazione – ieri ha perso ben 4 punti percentuali rispetto alle elezioni del 26 giugno e addirittura 7 rispetto a quelle del 20 dicembre 2015.
Da parte sua invece il Bloque Nacionalista Galego (BNG), ottiene 6 seggi, solo uno in meno rispetto alle elezioni del 2012 ma comunque un buon risultato. Pur ottenendo i peggiori risultati dal 1989 – ma occorre considerare la concorrenza di En Marea e in particolare di Anova, nata da una scissione del Blocco – i nazionalisti di sinistra guidati da Ana Pontòn triplicano con l’8.4% il pessimo 2.9% collezionato alle elezioni generali del 26 giugno.
Ovviamente il boom dei popolari ha lasciato pochissimo spazio a Ciudadanos che ottiene poco più del 3% dei voti e nessun seggio. Nella prossima Xunta – come si chiama in lingua galiziana il governo regionale – Feijoo potrà fare il bello e il cattivo tempo, utilizzando la schiacciante vittoria di ieri per lanciarsi come sfidante di Rajoy alla guida del Partito Popolare a livello statale. Non ci può certo dire che l’affermazione della destra in Galizia – nonostante la corruzione, la crisi sociale, i continui scandali, il malgoverno – sia il risultato della divisione o della litigiosità della varie opposizioni. Sommando i voti andati a En Marea, al PSdeG e al BNG si arriverebbe ad una quota comunque inferiore del 6% rispetto a quella inanellata dal solo PP galiziano.
Marco Santopadre
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