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Il Ticino alza il muro verso i “fratelli” lumbard

E' un colpo di tosse, nulla di più. Ma segnala che la tubercolosi si va diffondendo rapidamente. Il Canton Ticino ha approvato ieri al 58% – tramite referendum – l'articolo costituzionale "Prima I nostri", che invita a privilegiare, nelle assunzioni, la manodopera indigena.

Due coise sono da sottolineare: a) il Ticino è il cantone “italiano” della Svizzera, con capoluogo Lugano, ovvero la sede delle banche che ospitano i capitali portati all'estero illegalmente dalla borghesia lombarda piccola e grande; b) il referendum mira a colpire esplicitamente i frontalieri italioani che, per questione meramente geografica, sono quasi tutti lombardi.

I capitali possono restare, gli umani no. Nulla di differente da quel che accade ovunque.

Terza cosa notevole, che illumina la follia ideologica dei costruttori di muri, il referendum è stato promosso e vinto dall'Udc, di centrodestra ed euroscettico (anche se la Svizzera non fa parte dell'Unione Europea a nessun livello, pur essendone circondata), insieme alla Lega Ticinese, parente stretta della Lega salviniana al di qua del confine.

Una faida in casa, insomma, tra teste vuote che ragionano nello stesso modo cortomirante.

Sul piano pratico, il referendum non impedisce l'ingresso dei frontalieri italiani, né nuove assunzioni di lavoratori stranieri. Ma obbliga – vedremo con quanta forza al momento di trasformare in leggi e regolamenti il quesito referendario – imprenditori privati di ogni livello ad dare la preferenza ai cittadini ticinesi, a prtità di competenze.

Ma in quali settori è diffusa la manodopera frontaliera? Come in Italia, gli stranieri trovano posto soprattutto lì dove gli stipendi sono più bassi, snobbati dai residenti. Sanità e ristorazione, in primo luogo. Naturalmente bisogna aver presente che il concetto di “basso salario”, in Svizzera, non corrisponde affatto al nostro. Per legge, lì, il salario minimo viaggia intorno ai 3.000 franchi al mese, circa 2.750 euro, al cambio attuale. Ovvio che anche i prezzi siano in proporzione molto più alti ma, per l'appunto, i frontalieri “vicini di casa” – i lombardi che attraversano ogni giorno o settimana il confine, abitando a pochi chilometri dal posto di lavoro – vengono visti come “privilegiati” che possono contare su un salario svizzero e prezzi italiani per quanto riguarda casa, tariffe, alimentari, vestiario, ecc. Ossia come “parassiti” che non spendono in Svizzera il salario lì guadagnato.

Ironizzando un po', in definitiva, come “esportatori di capitali”. Un vero affronto, per i ticinesi che lavorano soprattutto nelle banche che, invece, importano capitali “frontalieri”, in chiaro o in nero che siano.

Gli effetti concreti di questo referendum sono tutti da verificare. Intanto perché riguarda un solo cantone su 26, in particolare quello che ha con più evidenza un problema di frontalieri (francesi e tedeschi, nei cantoni linguisticamente affini, hanno presenze assai minori). E soprattutto perché l'Unione Europea sta premendo da tempo sul governo federale perché contenga al massimo pulsioni contro la libera circolazione.

Con quanta credibilità, visto il montare di muri e di opinioni pubbliche favorevoli a moltiplicarli, è tutto da vedere.

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