“Siamo finalmente vicini all’elezione del presidente della repubblica” con queste parole il presidente del parlamento libanese e leader di Amal, lo sciita Nabih Berri, ha esordito ieri nel suo intervento all’assemblea generale interparlamentare di Ginevra. Dallo scorso giovedì, in effetti, diversi avvenimenti si sono succeduti e potrebbero portare, finalmente, all’elezione del presidente della repubblica libanese nella prossima seduta parlamentare del 31 Ottobre.
Dal maggio 2014, infatti, il paese dei cedri non ha un capo dello stato. Dopo la scadenza del mandato dell’ultimo presidente, Michel Suleiman, le forze politiche che compongono il parlamento libanese non sono riuscite a trovare un accordo per l’elezione della carica presidenziale. In questi trenta mesi di stallo politico, il paese è scivolato in una progressiva crisi economica e sociale sfociata nel movimento trasversale “You Stink”.Le proteste del movimento erano e sono le seguenti: il superamento del sistema confessionale e clientelare, il progressivo degrado dei servizi essenziali quali lo smaltimento dei rifiuti, l’acqua o l’energia elettrica, la crescente disoccupazione e l’accoglienza di oltre un milione e mezzo di rifugiati provenienti dal conflitto siriano.
In base al ”Patto Nazionale” del 1943, retaggio del colonialismo francese, i poteri in Libano vengono divisi su base confessionale: la presidenza della repubblica va ad un cristiano maronita, la presidenza del governo ad un musulmano sunnita e quella del parlamento ad un musulmano sciita, oltre alla suddivisione etnica dei seggi del parlamento. Una tale divisione, creata in base alla popolazione dell’epoca, non rispecchia più il reale andamento demografico di questi ultimi anni e le concrete aspirazioni della sua popolazione che vorrebbe, invece, il superamento dei vincoli confessionali.
Lo scontro politico è visibile tra i due schieramenti che partecipano al governo di unità nazionale presieduto dal sunnita Tammam Salam. Da una parte il movimento “8 Marzo”, a maggioranza sciita e cristiano-maronita, guidato da Hezbollah e dalla Corrente Patriottica Libera del candidato alla presidenza Michel Aoun. L’”8 marzo” sostiene il regime di Bashar Al Assad ed è intervenuto militarmente nel conflitto siriano per non far cadere il Libano nel baratro della guerra civile e del terrorismo jihadista. Dall’altra parte il movimento “14 Marzo”, guidato dal sunnita Saad Hariri leader del partito Al Mustaqbal (Futuro), ostile al regime siriano e sostenuto politicamente dall’Arabia Saudita e dalla Francia. Sia Hariri che l’altro leader del movimento, Samir Geagea segretario delle Forze Libanesi (destra maronita), avevano da subito sostenuto il rivale di Aoun alla presidenza: Suleiman Franjieh. Le prime crepe nell’alleanza del “14 Marzo” si sono avute lo scorso aprile quando, a sorpresa, Geagea dichiarò il suo sostegno politico all’acerrimo rivale Michel Aoun, favorendo la creazione di un unico fronte tra le forze politiche cristiano-maronite.
Lo scorso giovedì, invece, lo stesso Saad Hariri ha dichiarato il suo “sostegno alla candidatura del generale Aoun per la presidenza della repubblica, sulla base di un accordo politico di convergenza per il bene del Libano”.
Hariri, in una conferenza stampa congiunta con il generale, ha inoltre aggiunto di “voler dare una speranza al Libano con la presidenza di Aoun” per “rilanciare lo stato, le istituzioni, i servizi di base e per riportare i libanesi ad una vita normale”.
Nonostante le dichiarazioni di facciata la scelta di Hariri è stata obbligata principalmente per due motivi. Il primo è il progressivo isolamento politico del suo partito, sia a livello nazionale che internazionale, e la conseguente sconfitta alle elezioni amministrative dello scorso maggio. Il secondo è “la via d’uscita” offerta recentemente ad Hariri dal suo “nemico” e vero vincitore politico per la conclusione dello stallo: Hassan Nasrallah. Il leader di Hezbollah, nei mesi precedenti, aveva proposto all’ex pupillo di Riyad la carica di primo ministro di un governo di unità nazionale in cambio del sostegno alla presidenza della repubblica per Aoun.
Nella serata di domenica lo stesso generale maronita ha incontrato pubblicamente il segretario di Hezbollah per ringraziarlo in merito alla sua mediazione politica e per sancire l’alleanza tra i due partiti e la vittoria politica del fronte dell’”8 Marzo”. Il sostegno di Hariri, infatti, rappresenta un’ulteriore sconfitta per quelle nazioni straniere – principalmente l’Arabia Saudita, gli Stati del Golfo e Israele – che, attraverso lo stallo politico, miravano ad una maggiore ingerenza nelle dinamiche interne del paese dei cedri.
Al contrario la scelta del leader sunnita rappresenta una duplice vittoria per la corrente del “Blocco della Resistenza”. Per prima cosa pone Hezbollah come principale e indiscussa forza politica del paese. Il movimento sciita è diventato sempre più una risorsa “indispensabile sia per quanto riguarda la “resistenza” alle ingerenze esterne (Arabia Saudita, Israele) sia per la parte di mediazione tra le differenti parti politiche per il dialogo e l’unità nazionale. L’appoggio di Hariri, quindi, spiana la strada all’elezione come presidente della repubblica per il generale Aoun e allontana il paese da una pericolosa instabilità politica durata tre anni.
Stefano Mauro
pubblicato anche su www.nena-news.it
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