Così ci hanno riprovato, questa volta dall'alto della tribuna ONU e, alla fine, la risoluzione è stata adottata: la Russia deve rispettare i diritti umani in Crimea. La richiesta ucraina è stata accolta da 73 paesi e respinta da 23, con 76 astenuti. Tra i favorevoli alla risoluzione, ovviamente, USA, che da mesi vi insistevano, Gran Bretagna, Canada e paesi UE. Hanno votato contro, tra gli altri, Russia, Armenia, Bielorussia, Venezuela, Cina, Corea del Nord, India, Iran, Serbia, Siria, Kazakhstan e Uzbekistan. Nel documento si condanna "la violazione dei diritti umani, le misure e le pratiche discriminatorie contro gli abitanti della Crimea", primi tra tutti "tartari di Crimea, ucraini e persone appartenenti ad altri gruppi etnici e religiosi" e si chiede che venga "immediatamente annullata" la decisione della Corte Suprema russa che qualifica come organizzazione estremista il “Medžlis dei tatari di Crimea".
A proposito di questa organizzazione, dei suoi legami politici e militari con raggruppamenti terroristici provenienti e foraggiati dalla Turchia o usciti delle ex repubbliche sovietiche del Caucaso e dell'Asia centrale, dei tentativi di riconquista armata della penisola, con l'appoggio anche di fuoriusciti islamisti dalla Siria, Contropiano ha scritto a più riprese e, più di recente, Kiev ha intrapreso anche tentativi diretti di incursioni terroristiche nelle aree della Crimea a diretto contatto col confine ucraino.
A proposito dei cosiddetti “diritti umani” rivendicati dalla risoluzione ONU, verrebbe da chiedere se, con quel termine, si intendano anche, tanto per fare un solo esempio, i diritti di quelle decine di cittadini della Crimea che, solo per caso, non subirono la medesima sorte degli (allora) connazionali ucraini trucidati nella strage nazista di Odessa: fatti scendere dagli autobus di ritorno da una manifestazione antimajdan, presi a bastonate dai nazisti di Pravyj Sektor e dispersi con ferite e contusioni. Di alcuni di essi, non così “fortunati”, ad ogni modo, nessuno ha più saputo nulla.
Verrebbe anche da chiedere se, per “diritti umani”, si intendano anche quelli dei cittadini di Crimea sottoposti un anno fa a blocco energetico ed economico dalle autorità di Kiev e che, solo grazie all'avvio dei collegamenti infrastrutturali diretti con le confinanti regioni russe, hanno potuto intraprendere la strada di uno sviluppo che l'Ucraina golpista aveva completamente arrestato. In fondo, ci sono forti dubbi che i diritti umani di cui si parla all'ONU comprendano anche quelli, ad esempio, per cui appena quattro giorni fa, la Crimea ha deciso la fornitura alla regione ucraina di Kherson del gas necessario a scongiurare una catastrofe umanitaria, soprattutto nella provincia di Geničesk, all'estremo nord del tombolo che separa la Crimea dal mar d'Azov, in territorio ucraino.
I “diritti umani” intesi oltreoceano hanno sempre goduto della peculiarità di esigere il diritto, per alcuni, di sostenere gli interessi del liberismo e della contrapposizione, ideologica e militare (i “Lupi grigi” turchi alleati del Medžlis sono per caso gli stessi agnellini così demonizzati quando armavano la mano degli attentatori di quel santo combattente contro il comunismo quale papa Woitila?) tra ovest e est.
Per altri, i diritti umani sono quelli dei milioni di ucraini ridotti alla fame e al congelamento dai prezzi sui prodotti alimentari e dalle tariffe municipali imposte da FMI e Banca mondiale e così solertemente applicate dai golpisti di Kiev. Si attende una risoluzione ONU anche per loro.
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