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N.Y. Times: Cia dietro flusso armi a ribelli siriani

Una fonte di intelligence araba ha rivelato al «New York Times» che nel sud-est della Turchia vi sono addetti dei servizi segreti statunitensi che, da settimane, effettuano la supervisione del flusso di armi all’opposizione siriana tramite intermediari. Armi pagate da Qatar, Arabia saudita e Turchia.

La Cia, aggiunge il giornale, aiuta gli alleati a scegliere in modo sicuro i destinatari. L’amministrazione Obama – sostiene la fonte – sta pensando anche di fornire ulteriori aiuti ai ribelli sunniti che combattono contro il regime alawita (sciita) al potere, rappresentato dalla famiglia del presidente Bashar Assad. All’opposizione armata saranno date immagini satellitari e informazioni sul posizionamento delle truppe regolari siriane. Allo stesso tempo Washington protesta per la fornitura di armi al regime siriano da parte della Russia, la quale ribadisce che si tratta di armi difensive, come i sistemi antimissile.

A conferma indiretta delle rivelazioni del «New York Times» c’è il forte aumento nelle ultime settimane degli attacchi armati dei ribelli contro il governo centrale siriano che stanno causando pesanti perdite alle truppe dell’esercito regolare. Scendono in guerra sempre di più anche le donne. Con un messaggio video postato in rete, un gruppo di sunnite di Homs ha annunciato la formazione della Brigata combattente «Banat al Walid» e del suo prossimo impiego contro l’esercito agli ordini di Bashar Assad.

Nuova iniziativa di Kofi Annan Intanto mentre la guerra civile, sempre più a carattere confessionale, insaguina il paese, con pesanti bombardamenti governativi dei centri abitati schierati con l’opposizione e gli attentati e agguati dei ribelli, sul piano diplomatico l’inviato speciale dell’Onu Kofi Annan si prepara a lanciare una nuova iniziativa, probabilmente l’ultima, per salvare il suo piano in sei punti mai rispettato dal regime e dall’opposizione. Il 30 giugno alla sede Onu di Ginevra, Annan dovrebbe illustrare una “road map” per la transizione politica a Damasco, con il coinvolgimento di Russia, Turchia e di altri paesi coinvolti, in un modo o nell’altro, nella crisi in Siria. L’esistenza di questa iniziativa è stata confermata ieri anche dal Segretario di stato Usa Hillary Clinton.

Le possibilità di successo appaiono minime perchè, spiegano fonti occidentali, nei disegni americani il piano dovrà portare all’uscita di scena immediata di Bashar Assad, ipotesi nettamente respinta dalla Russia. Mosca non esclude un passaggio di poteri a Damasco ma lo prevede solo nel quadro di una soluzione pacifica e politica della crisi, quindi senza il rovesciamento violento del regime siriano.

Futuro incerto per la missione di monitoraggio Onu A rischio è peraltro la missione in Siria degli osservatori dell’Onu guidati dal generale Robert Mood, ferma da giorni a causa dell’intensificarsi della guerra civile. Il segretario generale dell’Onu, Ban ki moon, da tempo schierato con gli Usa riguardo la crisi siriana, farà le sue raccomandazioni il prossimo 2 luglio. Potrebbe proporre lo scioglimento della missione di monitoraggio o la creazione di un contingente Onu armato, a sua protezione. E’ difficile che questa seconda soluzione venga accettata da Damasco che teme che l’arrivo di un contingente armato delle Nazioni Unite porti alle creazione di «aree protette» all’interno del territorio siriano, difese dai caschi blu e governate dai ribelli. Una ripetizione di quanto accaduto in Iraq dove, dopo la guerra del 1991, le regioni a maggioranza curda, grazie alla protezione internazionale, in particolare degli Stati Uniti, divennero una sorta di Stato nello Stato, con piena indipendenza anche economica dal governo centrale.

In ogni caso l’iniziativa di Kofi Annan e le raccomandazioni di Ban ki moon saranno condizionate dalle decisioni che verranno prese a Parigi il 6 luglio, al termine della riunione dei cosiddetti «Amici della Siria», un nutrito gruppo di paesi occidentali e arabi, schierati con l’opposizione siriana.

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