Nell'estremo tentativo di non far scomparire nel giro di poche settimane il fragile quadro strategico che lascia in eredità ai suo successori di tutto il mondo, Barack Obama ha colto l'occasione del meetin con Angela Merkel per ricordare a tutti che il nemico principale deve restare la Russia. Nessun altro.
Tutti vanno in questi giorni a rileggersi il fiume di mezze frasi pronunciate da Donald Trump in campagna elettorale, trovandovi spesso espressioni che lascerebbero pensare a un radicale cambio di propettiva immediata. E quibdi Obama ha insistito nell'indicare la “pressione” su Mosca come il baricentro della futura politica geostragica Usa e occidentale: “Se non verrà fermato, questo processo potrebbe portare ad un mondo più meschino, duro e problematico.”
Soprattutto su questioni come l’Ucraina e la Siria, ci si deve confrontare in modo diretto, con Mosca. Nel linguaggio della guerra fredda, “confrontarsi” non significa affatto “dialogo”, ma “contrapposizione”.
“Non mi aspetto che il Presidente neoeletto segua esattamente la nostra strategia, il nostro stesso approccio, ma la mia speranza è che non si fermi ad una impostazione da realpolitik e anzi, gli consiglierei di ridurre alcuni accordi con la Russia, nel caso dovesse trovarsi a ferire dei popoli, violare norme internazionali o rendere vulnerabili nazioni più piccole”, ha dichiarato Barack Obama. Ed ha aggiunto che, durante l’incontro nella Stanza Ovale della settimana scorsa, ha consigliato Trump, di attenuare i toni retorici della sua campagna.
“La mia speranza, è che il neoeletto Presidente Trump, abbia un approccio ugualmente costruttivo, cercando di trovare settori nei quali possa cooperare con la Russia, dove i nostri valori ed i nostri interessi coincidono; soprattutto Trump deve far sentire la propria autorevolezza di Presidente, quando e se la Russia, dovesse allontanarsi dai nostri valori e dalle norme internazionali” ha dichiarato Obama.
Per essere amcora più chiaro, Obama ha altresì affermato che sarebbe dannoso se Trump tenesse un “approccio da realpolitik ferendo popoli, violando norme internazionali o rendendo nazioni più deboli ancora più vulnerabili.”
Naturalmente, qualunque presidente degli Stati Uniti è tutt'altro che “un uomo solo al comando”; quindi i cambiamenti di politica internazionale non saranno né immediati, né radicali, qualsiasi cosa il nuovo presidente avesse in testa durante la campagna elettorale. Non mancano del resto nel sistema istituzionale Usa mezzi, agenzie e contrappesi in grado di condizionare o frenare “pruriti” presidenziali, fino alla rimozione fisica del presidente che dovesse muoversi troppo fuori dal solco segnato. In fondo, basta menzionare il democratico Kennedy o il repubblicano Lincoln, per costringere chiunque a riflettere molto attentamente.
Diciamo che Obama ha voluto ricordare al suo successore, che questa è la regola. E anche a lui debbono averla spiegata con ricchezza di dettagli…
Le citazioni sono state tradotte da Francesco Spataro.
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