Mentre alle frontiere con la Russia schizza la tensione per le manovre militari della Nato nei paesi baltici, un nuovo focolaio di tensione potrebbe riaprirsi nei Balcani. La Repubblica Serba di Bosnia ha fatto un ulteriore passo verso la rimessa in discussione degli equilibri geopolitici imposti dalla Nato nella ex Jugoslavia.
Il 25 settembre scorso nella Repubblica Srpska si era tenuto un referendum per ripristinare la festività del 9 gennaio che celebra la secessione del 9 gennaio 1992 dei parlamentari serbi dalla Bosnia Erzegovina. Il referendum, con una partecipazione del 55% degli abitanti della Repubblica Srpska, era stato vinto a stragrande maggioranza. Nel novembre 2015 la proposta della festività del 9 gennaio venne dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale bosniaca, che la ritenne discriminatoria verso la popolazione non-serba. In risposta, il presidente della RS Milorad Dodik indisse il referendum per mantenere la festività, referendum che a sua volta venne dichiarato incostituzionale. Ma ciò non ha impedito che si svolgesse il 25 settembre.
Il 2017 ha visto il 9 gennaio celebrato non solo come festività ma anche una parata militare delle forze armate, dei veterani, associazioni sportive e studentesche, vigili del fuoco della Repubblica Srpska per le strade della capitale Banja Luka, dove le celebrazioni hanno caratterizzato l’intera giornata del 9 gennaio. Lo scopo era quello di riaffermare dimensione statuale della RS.
Prima della parata un’unità dell’esercito statale, il 3º reggimento di fanteria composto da membri della Republika Srpska, ha partecipato alla cerimonia rendendo gli onori a Mladen Ivanić, membro serbo della Presidenza collettiva statale. Secondo la stampa di Sarajevo, nonché l’insieme dei partiti bosniaci, la partecipazione del reggimento è stata una forzatura di Ivanić, senza autorizzazione del ministero della Difesa e all’insaputa degli altri organi statali. Secondo alcuni, avrebbe costitutito un vero colpo di stato anche se dimensionato. La presidente della Croazia,Grabar-Kitarović, ha definito la celebrazione come “un falso” e “una provocazione”. Il presidente della Repubblica Srpska, Dodik, ha risposto invocando la dissoluzione dell’esercito statale e la ricostituzione di quello della RS, anteriore alla riforma dei primi anni Duemila, imposta dagli accordi di Dayton.
Il sito Osservatorio Balcani, così riferisce la cronaca della TV governativa della Republika Srpska, la RTRS, che ha seguito per tutto il giorno le celebrazioni in diretta: “L’esaltazione patriottica è risultata evidente in ogni piccolo particolare. Nel programma in studio, molti invitati erano in uniforme: il poliziotto, il veterano, l’ufficiale della protezione civile che ha insistito ossessivamente sulla preparazione fisica dei suoi subordinati”. Il sito sottolinea anche la presenza di una personalità famosa come il regista Emir Kusturica in una cerimonia solenne alla presenza di alte autorità politiche e religiose del mondo serbo. “Il primo a intervenire, presentato come “il più grande ambasciatore culturale del nostro popolo”, è stato Emir Kusturica. Il noto regista ha espresso giudizi pesanti contro i musulmani di Bosnia, per lui tutti “di Izetbegović”, per poi “divertire” la sala dicendo che desidererebbe avere una piccola bomba atomica in tasca. Non per farla esplodere, ha subito precisato, ma a scopo intimidatorio, per “chiudere ogni discorso in cui un popolo vittima è dipinto come criminale”.
Non è un mistero che il presidente della Repubblica Srpska, Dodik, possa contare su una consolidata alleanza la Russia e con Putin. Alla cerimonia di Banja Luka era infatti presente l’ambasciatore russo. Non si tratta affatto di un dettaglio. Nella Repubblica Srpska nessuno, per ora, parla di secessione dalla Bosnia. Lo stesso partito di governo – l'Sds – appare molto cauto chiedendosi se “abbiamo le forze per andare contro il mondo intero”, e rilanciando il monito che “dividere la Bosnia non è possibile senza guerra”.
E' evidente però che se la situazione in Bosnia – quindi in una sorta di retrovia della Nato – dovesse essere rimessa in discussione, è evidente come le tensioni determinate dalla crisi in Ucraina e dalle manovre militari della Nato alle frontiere con la Russia, potrebbe avere un effetto anche nei Balcani e cioè molto più a ridosso del “cuore” dell'Europa.
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