“Basil Al Araj era un esempio di combattente contro l’oppressione sionista” così lo scrittore e attivista del FPLP per la campagna “Free Ahmad Sa’adat”, Khaled Barakat, ha commentato il brutale omicidio compiuto dall’esercito israeliano nei confronti di Basil Al Araj avvenuto in “un’operazione di sicurezza” ad Al Bireh, in Cisgiordania, il 6 Marzo scorso.
In un comunicato ufficiale il Fronte Popolare per la Liberazione Palestina (sinistra palestinese) ha denunciato “l’omicidio come l’ennesima brutalità commessa dall’esercito d’occupazione contro qualsiasi forma di resistenza”. Sono stati numerosi, poi, i comunicati ufficiali di sostegno “alla causa” da parte di tutte le altre forze che rappresentano la Resistenza palestinese all’occupazione (Hamas, Jihad Islamico, Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina). Lo stesso movimento libanese Hezbollah ha dichiarato che “la lotta e la morte di Araj dimostrano la determinazione del popolo palestinese di resistere alla cancellazione del proprio territorio e della propria storia”.
Basil Al Araj, infatti, era un giovane intellettuale e scrittore di 31 anni che, con altri compagni, si era impegnato in questi anni a contrastare la colonizzazione della Palestina, sia a livello di occupazione e confisca di terre che a livello culturale. Era, inoltre, un attivista per la difesa dei diritti dei palestinesi ed un sostenitore della rivolta dei giovani contro il regime di Tel Aviv. “Lotta da portare avanti con qualsiasi mezzo: attraverso le armi, il boicottaggio e la controinformazione” aveva scritto il giovane militante.
“Basil rappresenta lo spirito della gioventù palestinese”, ha aggiunto nel suo comunicato il FPLP, “una gioventù che ha voglia di impegnarsi nella lotta di liberazione sia contro l’occupante sionista che contro le corrotte e sottomesse autorità rappresentate dall’ ANP (Autorità Nazionale Palestinese, ndr)”. Nella sua attività di conservazione della “memoria storica di resistenza” all’occupazione ed alla colonizzazione dei territori palestinesi, Al Araj aveva condannato fermamente il coordinamento sulla sicurezza e la collaborazione dell’ANP con le autorità di Tel Aviv.
Proprio a causa del suo dissenso politico nei confronti della linea di Abu Mazen, era stato arrestato dalle autorità palestinesi ed era rimasto in regime di detenzione per circa sei mesi, nei quali aveva cominciato uno sciopero della fame. Le polemiche legate alle torture ed ai maltrattamenti subiti da parte delle forze di sicurezza dell’ANP avevano, poi, spinto le autorità palestinesi a rilasciare Al Araj.
Basil era un attivista politico considerato, quindi, dalle autorità israeliane “leader di una cellula terrorista” e, per questo motivo, ricercato da più di un anno. Le stesse forze di sicurezza di Tel Aviv hanno prontamente dichiarato che “il palestinese era braccato perché sospettato di preparare attentati terroristici contro obiettivi israeliani”.
Al Araj è stato ucciso dopo mesi di ricerche e ripetuti raid degli apparati di sicurezza nella zona dove risiedeva la sua famiglia. Nella notte del 5 Marzo, le forze d’occupazione israeliane hanno trovato il suo rifugio e sono riuscite ad avere la meglio sul giovane palestinese, insieme ad altri due attivisti, alle prime luci dell’alba. Come pratica ormai consolidata tra i militari di Tel Aviv, il corpo di Al Araj è stato martoriato da numerosi proiettili, esplosi da distanza ravvicinata, e portato in un luogo sconosciuto, proprio per negare qualsiasi funzione commemorativa e funeraria da parte dei familiari.
Le proteste spontanee sono state numerose in tutti i territori palestinesi occupati. “L’ennesima operazione di sicurezza” secondo le autorità israeliane, “l’ennesimo assassinio di un militante palestinese” secondo i manifestanti. Forte anche il dissenso nei confronti dell’ANP, sospettata di aver fornito supporto logistico ed informazioni circa il rifugio di Al Araj alle forze israeliane.
Stefano Mauro
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