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Usa-Corea del Nord. Tra squilli di guerra e fake news trumpiane

 

I venti di guerra spirano da Oriente, ma li spinge l'Occidente. Il colosso Americano è costretto a chiedere la mediazione dell'omologo commerciale cinese – che vanta un credito miliardario nei confronti degli Usa – se non vorrà essere additato come “aggressore”, come lo fu il Vietnam quando Nixon inasprì il conflitto. Ma chi detta le condizioni? Quanto può farlo una potenza economica debitrice per miliardi nei confronti del mediatore?

Questo “riarmarsi” delle grandi potenze ci fa immaginare che anche l'Unione Europea, dovrà gettare la maschera, e mostrare il vero volto imperialistico, se vorrà essere attore protagonista nella risoluzione di questo nodo di Gordio.

Creare “zone ad alto rischio”, cosiddetti “hotspot”, è un “escamotage” vecchio quanto il mondo, ma dietro questa eventualità di conflitto, questa volta, c’è molto più che vecchi rancori risalenti agli anni ’50; potrebbe esserci il futuro energetico del pianeta.

Ed il colosso potrebbe dimostrare di avere i piedi di argilla, ed in un effetto domino, trascinare altri nella distruzione.

In questa situazione fanno la loro parte anche le false notizie diffuse direttamente dalla Casa Bianca, come pura propaganda di guerra prima della guerra, oppure anche a fini interni.

Per esempio: "Il 25 aprile è l'anniversario della nascista dell'esercito nord coreano e contemporaneamente nei pressi della penisola arriverebbe anche la portaerei Uss Carl Vinson, partita l'8 aprile da Singapore e ancora lontana dall'obiettivo dichiarato. Le immagini rilevate dal sito web della Marina Usa mostrerebbero la portaerei in acque indonesiane, a mgliaia di chilometri dalla Corea del Nord" (Simone Pieranni, Il bastone e la carota made in China, il manifesto).

Ma su questo ppunto si può leggere anche l'articolo da IlSole24Ore, in fondo..

 

Crisi nord-coreana: gli Usa ammoniti di minacciare una guerra nucleare in una “zona ad alto rischio del pianeta”.

La Corea del Nord ha accusato gli Stati Uniti di stare trasformando la Penisola Coreana, in una “zona calda”.

The Australian,18 aprile 2017

Traduzione e cura di Francesco Spataro

Il vice ambasciatore della Corea del Nord alle Nazioni Unite, Kim In Ryong, ha accusato gli Stati Uniti di trasformare la penisola coreana nella “più vasta zona ad alto rischio del pianeta”, e di creare, allo stesso tempo, “una situazione pericolosa, nella quale una guerra nucleare potrebbe scoppiare in qualsiasi momento”.

Lo stesso ha dichiarato, durante una conferenza stampa che, “se gli Usa osano optare per una azione militare,” la Corea del Nord “sarà pronta a reagire, con qualsiasi modalità militare gli Usa sceglieranno.”

Ryong afferma che l'amministrazione Trump, con uno schieramento militare guidato dalla task force costruita intorno alla portaerei nucleare Carl Vinson, al largo delle coste della Corea del Nord, “prova ancora una volta che le sconsiderate manovre statunitensi, finalizzate ad invadere la Repubblica Democratica e Popolare della Corea del Nord, hanno raggiunto una fase molto seria di questo scenario.”

Kim ha soprattutto posto l'accento sul fatto che le manovre militari, che gli Usa stanno ora allestendo con la complicità della Corea del Sud, sono la più vasta ed “aggressiva prova di forza militare” rivolta ufficialmente verso il suo paese.

L'odierna, grave, situazione prova ancora una volta che la Corea del Nord era assolutamente nel giusto quando decise di aumentare, sotto tutti gli aspetti, il suo potenziale militare; sia per propria difesa che per l'eventualità di un attacco preventivo da parte di una forza nucleare avversa”, ha aggiunto.

Tensioni su eventuali mosse nord-coreane, per accelerare l'incremento dei propri armamenti, si sono intensificate negli ultimi tempi. Durante lo scorso anno, la Corea del Nord, sfidando sei risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ONU (le risoluzioni chiedevano sanzioni nei confronti del paese, e vietavano qualsiasi tipo di test nucleare, unilateralmente N.d.T.) ha condotto due test nucleari e ben 24 test di missili balistici; e quest'anno ha condotto altri test missilistici, incluso uno durante lo scorso week-end, che però sembra essere fallito.

L'ambasciatore ha rilasciato le sue dichiarazioni, nel giorno in cui il vice-presidente statunitense, Mike Pence, è sbarcato nella zona delle tensioni, al confine fra le due Coree, ed in cui ha avvertito il governo di Pyongyang che, dopo anni di test nucleari, per gli Usa e la Corea del Sud, “l'era della strategia della pazienza si è esaurita.”

Dopo 25 anni di pazienti tentativi e di trattative con la Corea del Nord riguardo al suo programma nucleare, Pence ha continuato dichiarando che “tutte le opzioni sono sul tavolo”, proprio per cercare un punto d'incontro; ha poi aggiunto ed avvertito che qualsiasi uso di armi nucleari da parte di Pyongyang incontrerà “una risposta altrettanto efficace e schiacciante.” Kim, da parte sua, ha dichiarato che l'Amministrazione Trump “sta strombazzando ai quattro venti, il mantenimento ‘della pace con la forza’”, dislocando “un impressionante numero di mezzi strategici nella Corea del Sud” – la task force guidata dalla portaerei Carl Vinson – nonché armando una serie di bombardieri nucleari e schierando truppe militari ai confini del paese; ma dichiara anche che “la Repubblica Democratica e Popolare della Corea del Nord rimane impassibile davanti a tanti sforzi.”

Non abbiamo mai elemosinato pace, ed attueremo le più dure contromosse contro i provocatori per difenderci dai potenti attacchi militari, per poter continuare nella strada da noi scelta,” ha dichiarato l'ambasciatore.

Ha ammonito che finché gli Usa ed i suoi alleati “complotteranno per spodestare il sistema socialista della Repubblica Democratica e Popolare della Corea del Nord”, il governo continuerà ad aumentare “la sua forza militare” a protezione del suo paese.

Kim ha dichiarato che la politica nord-coreana è plasmata e spinta in questa direzione dalla pressione dell'amministrazione Trump che – con “l'applicazione di sanzioni molto forti” nei confronti del proprio popolo, la dislocazione di armi nucleari nella Corea del Sud e l'avvio di un azione militare – mira alla “decapitazione” della leadership del Nord, alla cui testa c'è Kim Jong Un.

Riportare indietro le lancette della politica statunitense, ostile alla Corea del Nord, “è la precondizione per risolvere tutti i problemi nella penisola Coreana.” Ryong ha indetto la conferenza stampa per “rigettare categoricamente” la decisone americana di tenere un meeting aperto del Consiglio di Sicurezza il prossimo 28 aprile; il meeting aveva ad oggetto il programma nucleare nord-coreano e doveva essere presieduto dal Segretario di Stato americano Rex Tillerson.

L'ambasciatore l'ha chiamato “un altro abuso d'autorità” da parte degli Stati Uniti, che questo mese dirigono la presidenza del Consiglio di Sicurezza, ed una violazione della sovranità della Corea del Nord.

Puntando il dito sul recente attacco aereo americano su una base siriana, per ritorsione ad un presunto attacco effettuato con armi chimiche, Kim ha dichiarato che “gli Usa compiono attacchi militari senza alcuna esitazione”, e minacciano la sovranità di intere nazioni.

Continua dichiarando che gli Stati Uniti insistono nell’usare una logica da gangster, secondo cui l'invasione di uno stato sovrano (in questo caso la Corea del Nord N.d.T.) è ‘decisiva, giusta, ed appropriata' e contribuisce alla ‘difesa' dell'ordine internazionale, e stanno applicando questa teoria anche alla penisola Coreana.” Kim In Ryong ha sorvolato su questioni riguardanti le relazioni tra Nord Corea e Cina, non ultima la mancata risposta alle richieste di alcuni funzionari cinesi per un incontro al vertice; ha preferito invece ribadire due proposte della Cina che gli Usa avevano rigettato.

La prima riguardava incontri “duplici” sulla denuclearizzazione della penisola Coreana – la priorità assoluta degli Stati Uniti – e la sostituzione dell'armistizio – con cui si concluse la Guerra di Corea del 1950-53 – con un trattato di pace ufficiale, una domanda chiave, questa, per Pyongyang.

L’altra era la richiesta per il congelamento delle manovre militari Usa-Corea del Sud e dei test missilistici e nucleari della Corea del Nord.

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Trump, una gaffe navale sulla rotta di collisione con la Nord Corea. Portaerei Usa verso l’Australia

Marco Valsania NEW YORK – Era il simbolo della nuova determinazione della Casa Bianca contro la Corea del Nord. Una squadra navale capitanata dalla portaerei Carl Vinson che faceva senza indugi rotta verso la penisola per chiarire a Pyongyang che Donald Trump fa sul serio, un deterrente contro la minaccia degli arsenali nucleari del regime pronta se necessario a colpire. Peccato per un piccolo errore, di rotta: la squadra navale sbandierata dall’Amministrazione come in arrivo fin dalla scorsa settimana aveva in realtà la prua rivolta in direzione esattamente opposta, viaggiava a pieni giri non verso il Mar del Giappone e la Corea bensì verso… l’Australia.

Il grave errore e conseguente altrettanto grave imbarazzo è stato portato alla luce dal New York Times. Risultato di un misto di fretta, scarsa esperienza, parziali e incomprese informazioni, canali di comunicazione poco fluidi tra Pentagono e Casa Bianca. Ma le ripercussioni sono pesanti: l’azione faceva parte integrante di una escalation di pressioni su Pyongyang dopo i recenti test missilistici. E non si riflette positivamente sulla credibilità dell’Amministrazione quando in gioco sono decisioni militari o di grande influenza geopolitica.

La Vinson e gli altri quattro vascelli, tutt’altro che sotto ordine di far rotta verso la Corea, si stavano dirigendo verso un appuntamento a ben 3.500 miglia di distanza. La loro missione: esercitazioni con la flotta australiana.

Prova: una foto diramata lunedì dallo stesso Pentagono che le mostrava tranquillamente passare tra Giava e Sumatra sabato, ovvero ben quattro giorni dopo che il portavoce di Trump aveva dato conto della sua urgente missione nel Mar del Giappone come già effettiva e in corso. Ora la Vinson e la sua squadra stanno facendo rotta per davvero sulla Corea, ma ci arriveranno con assai più calma, solo la prossima settimana.

Trump nei giorni scorsi era già incorso in un’altra gaffe bellica. In una intervista televisiva aveva detto di aver lanciato decine di missili verso l’Iraq, anziché in Siria.

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