Dopo oltre 40 giorni, a poche ore dall’inizio del mese islamico di Ramadan, è terminato lo sciopero della fame cominciato lo scorso 17 aprile nelle carceri israeliane da 1500 prigionieri palestinesi su appello del leader di Fatah Marwan Barghouti, per ottenere migliori condizioni di detenzione.
Intorno a metà mattinata, in un comunicato la campagna Free Marwan Barghouti, definisce l’accordo “un importante passo verso il pieno rispetto dei diritti dei prigionieri palestinesi secondo il diritto internazionale. E’ anche un’indicazione della realtà dell’occupazione israeliana che non ha lasciato altra scelta ai detenuti che digiunare per ottenere diritti basilari”. “I prigionieri palestinesi hanno vinto”, aggiunge.
Nel corso della notte, dopo 20 ore si trattative avvenute nel carcere di Ashqelon, palestinesi, israeliani e la Croce rossa hanno raggiunto una intesa che prevede ”benefici di carattere umanitario” per i detenuti politici in Israele. L’accordo è stato confermato da due dirigenti dell’Autorità nazionale palestinese, Issa Karake e Qadura Fares, responsabili per il sostegno ai prigionieri. Karake oggi terrà una conferenza stampa per spiegare i risultati raggiunti dalla protesta.
Secondo quanto si è appreso i detenuti hanno ottenuto l’aumento delle visite dei familiari, l’installazione di telefoni pubblici nelle prigioni e la possibilità di poter accedere sugli apparecchi televisivi installati nelle celle ad un maggior numero di canali in modo da tenersi informati su quanto accade fuori dai penitenziari.
Il governo israeliano, in particolare il ministro per la sicurezza interna Ghilad Erdan, si è sempre opposto a qualsiasi trattativa con Barghouti e gli altri detenuti in sciopero della fame. I servizi di sicurezza invece da giorni spingevano per l’apertura di un negoziato nelle carceri perché consapevoli che il progressivo peggioramento delle condizioni di salute di molti prigionieri – 18 sono stati ricoverati in ospedale – aveva fatto salire la tensione nei Territori occupati, mobilitato migliaia di palestinesi in molte città e villaggi e creato le condizioni per una protesta di massa contro l’occupazione militare israeliana.
Il quotidiano israeliano Haaretz riferisce oggi che la questione dei prigionieri in sciopero della fame sarebbe stata al centro di un colloquio avuto dal presidente dell’Anp Abu Mazen con Jason Greenblatt, l’inviato di Donald Trump per la questione israelo-palestinese, durante il quale si sarebbe discusso di un intervento statunitense sul governo israeliano per l’accoglimento delle richieste dei detenuti. Da parte palestinese non ci sono conferme.
Fonte: Nena News
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